ENCICLICA
PRODIIT JAMDUDUM
DEL SOMMO PONTEFICE
BENEDETTO XIV
Agli Arcivescovi e Vescovi dello Stato temporale Pontificio.
Il Papa Benedetto XIV.
Venerabile Fratello, salute e Apostolica Benedizione.
In data 1 gennaio 1748 spedimmo una Lettera Enciclica a tutti gli Arcivescovi e Vescovi del Nostro Stato temporale Pontificio per porre il dovuto riparo a tre gravissimi inconvenienti che purtroppo accadevano nel tempo del Carnevale. Il primo era che nell’ultima notte di Carnevale le veglie, i balli e i giochi si inoltravano tanto che s’intaccava il principio del primo giorno di Quaresima. In tal modo accadeva talvolta di vedere che dal ballo, dal gioco e dalla veglia le persone partivano per andare direttamente, benché senza maschera al volto e tuttavia con gli abiti con i quali si erano mascherati, alla Chiesa per assistere alla Messa, prendere le Ceneri, portandosi poscia a casa e dormendo nel proprio letto per lo meno tutta la mattina del primo giorno di Quaresima. Il secondo inconveniente era che in alcuni luoghi dello Stato temporale Pontificio si permetteva l’uso della maschera anche nei giorni di venerdì e negli altri festivi di precetto. Il terzo inconveniente era che in alcuni luoghi dello stesso Stato ed anche dopo il pranzo, nel tempo dei Vespri e della Dottrina Cristiana, si permetteva ai saltimbanchi di fare il loro mestiere nelle piazze e nelle pubbliche contrade. Indicammo i dovuti ripari ai predetti scandali nell’accennata Lettera (è la XLV nel tomo 2 del Nostro Bollario), e quanto in essa fu ordinato viene anche oggi da Noi pienamente confermato, affidandone l’osservanza ai Cardinali Legati, ai Governatori dello Stato e ad ogni Vescovo nella propria Diocesi.
1. Questo però non è il solo motivo per il quale abbiamo ritenuto doveroso spedire la presente Enciclica alle Vostre Fraternità. Se ne aggiunge un altro che riguarda l’anno corrente, cioè il Carnevale di questo 1751, nel cui ultimo giorno cade la Vigilia con digiuno di San Mattia Apostolo. Affinché ogni Vescovo del Nostro Stato sia pienamente informato, aggiungeremo quanto segue, dando notizia di quanto è avvenuto successivamente a questo proposito.
2. Prima che incominciasse l’anno corrente 1751, da varie parti, anche dalle più lontane località dell’Italia, ci sono arrivate Lettere di vari Vescovi e Prelati che – considerando che in quest’anno la vigilia di San Mattia cadeva con il digiuno dell’ultimo giorno di Carnevale – dopo avere esposto che sarebbero stati inevitabili, pubblici e forse anche comuni gli scandali della violazione del digiuno, dato che purtroppo la baldanza carnevalesca non ha alcun ritegno, specialmente nell’ultimo giorno e nella notte dell’ultimo giorno del Carnevale, proponevano un correttivo: cioè trasportare quest’anno la vigilia di San Mattia, anticipandola al sabato precedente, ultimo giorno della settimana di Sessagesima. Essi corredavano questo suggerimento con l’opinione di alcuni autori, che insegnano che il Vescovo, con la propria ordinaria autorità in Diocesi, concorrendovi una grave e legittima causa, possa trasportare da un giorno all’altro i digiuni ed anche le feste di precetto; individualmente, con la propria autorità vescovile, nel timore di scandali e della pubblica violazione del precetto del digiuno, cadendo la vigilia di San Mattia nell’ultimo giorno di Carnevale, possa trasportarla al sabato precedente.
3. Non credemmo di dover trascurare la suddetta richiesta e di ignorarla, lasciando all’acqua libero corso, senza mettervi riparo. Noi, essendo pienamente persuasi – per la notizia che abbiamo delle intemperanze carnevalesche – che lasciando le cose come sono e non pensando a qualche temperamento il digiuno prescritto nella vigilia di San Mattia sarebbe stato negletto e forse anche pubblicamente; tenuto conto che volendo castigare i delinquenti non sarebbe caduto il castigo che sopra pochi miserabili, restandone immuni le persone potenti, o perché vi sarà modo di fare che le loro mancanze non arrivino alle orecchie dei Superiori, o perché pur giungendo i fatti a loro conoscenza la prudenza della carne non suggerirà loro di adottare provvedimenti per simili cose e guastare i buoni rapporti, tanto necessari per il buon governo con le persone potenti del secolo, rispondemmo come segue.
4. Primo, non essere timore inutile ma ben fondato che il digiuno – cadendo quest’anno con la vigilia di San Mattia nell’ultimo giorno di Carnevale – sarà trascurato e negletto.
5. Secondo, non essere cosa nuova che, concorrendo una legittima causa, si trasportino la vigilia e il digiuno a qualche altro giorno antecedente. Ciò si vede nella vigilia della festa di San Giovanni Battista: cadendo tale vigilia nel giovedì del Corpus Domini, il digiuno si anticipa al mercoledì precedente, giusta la Costituzione 232 Cum evenire del Pontefice Urbano VIII, senza che in detto mercoledì si faccia alcuna menzione della vigilia nell’Officio o nella Messa, giusta il decreto della Congregazione dei Riti approvato dalla santa memoria di Clemente XI, che è il nono nel suo Bollario fra i decreti di detta Congregazione. Ciò pure si vede nella festa solenne di qualche Santo principale Protettore della Città o della Diocesi; infatti, se nel giorno della festa cade qualche digiuno, questo si anticipa al giorno precedente, come ben osserva il Cardinale Gaetano nella sua Summa (voce Jejunium. Quoad tertium, De rationabili), e così pure il Sanchez (libro 5, Consilior, cap. I, dub. 5, n. 27), e il Leandro (Oper. Moral., p. 3, tratt. 5, dis. 10, quest. 39).
6. Non parlammo del caso in cui, cadendo qualche festa solenne in lunedì ed avendo questa festa contemporaneamente vigilia e digiuno, si trasporta il digiuno al sabato precedente, secondo il testo della Decretale nel capitolo Ex parte, De observantia jejuniorum; sapendo Noi che per altri superiori motivi, e per contrastare l’eresia dei Manichei che, nemici della vera Resurrezione di Cristo, in dispregio di essa digiunavano la domenica, fu dalla Chiesa Cattolica proibito ai propri seguaci il digiuno nella domenica, come ben osserva il Silvio (2.2., D. Thomae quaest. 147, art. 5, quaest. 8).
7. Ma, considerando gli altri suddetti casi, riflettemmo in terzo luogo che se si anticipava il digiuno per far solennizzare la festa con una proporzionata gioiosità, esclusa la mestizia del digiuno, a maggior ragione si poteva anticipare il digiuno per non esporlo al pericolo di una scandalosa, pubblica e quasi generale irriverenza; tanto più che entrando nell’intimo della vicenda, non dovrebbe apparire irragionevole sostenere che quasi corre la stessa ragione fra i casi predetti ed il nostro; anticipandosi forse anche in essi il digiuno, non meno per escludere la mestizia della solennità quanto per il timore che detto digiuno non si osservi in un giorno di pubblica allegria.
8. Ai tre punti accennati si aggiungeva il quarto, che consisteva nel vedere se – dovendosi anticipare il digiuno di San Mattia nel sabato di Sessagesima – ciò possa farsi dai Vescovi nella loro Diocesi, con la loro autorità Ordinaria, senza alcun bisogno della Nostra Pontificia. Riflettemmo che le opinioni degli autori erano due. Una dà tutto all’autorità Ordinaria del Vescovo nella sua Diocesi, purché vi concorra una grave e legittima causa, valutando per grave e legittima causa l’evidente pericolo della violazione del digiuno, che accadrebbe purtroppo nell’ultimo giorno del Carnevale se in esso si dovesse digiunare. Questo è il parere del Gobat nella sua Teologia Sacramentale (tratt. 5, cas. 3, sect. 2, in Appendice n. III, e seguenti). La Croix (tomo I, lib. 3, part. 2, n. 1273) ripete e conferma ciò nel tomo 2, lib. 6, n. 2083, quando soggiunge che, quantunque nel 1694 fosse decretato dalla Congregazione dei Riti non doversi anticipare il digiuno nell’ultimo sabato del Carnevale quando cade la vigilia di San Mattia nell’ultimo giorno di detto Carnevale (come può vedersi nel Decreto 92 inserito nel Bollario di Innocenzo XII), quel decreto viene anche per extensum riferito dai Salmaticensi nel loro Corso Morale (tomo 5, tratt. 23, cap. 2, punto 5, n. 93); ciò però deve aver luogo quando il Vescovo crede espediente al bene delle anime anticipare il digiuno, ma non lo disponga mai se non per giusti motivi.
9. L’altra opinione contraria all’anticipazione del digiuno sostiene che il Vescovo non può ordinarla nella sua Diocesi ancorché la vigilia di San Mattia cada nell’ultimo giorno del Carnevale. Così con molta energia scrivono Teofilo Raynaud (Heteroclit. Spiritual., tomo 15, p. 273, n. 34); il Merati (Ad Gavantum, tomo 2, parte I, sett. 7, cap. 4, n. 23, § Si Vigilia); il Cavalerio (Ad Decreta Congregationis Sacrorum rituum, parte 2, tomo 1, p. 134); il Diana (In Edit. coord., tomo 3, tratt. 3, quest. 88, n. 3); il Leandro (parte 3, tratt. 5, disp. 10, quest. 42); il Monacello (In Formula Legal., parte 2, tit. 16, formula 4, n. 12); il Ferraris nella Bibliotheca Canonica (tomo 4, alla voce Jejunium, n. 26).
10. Non può negarsi che questa seconda opinione sia la più comune e anche la più ragionevole e meglio fondata, in quanto, alle ragioni portate dai predetti autori per confermare il loro assunto non sarebbe molto difficile rispondere adeguatamente se la vigilia col digiuno per la festa di San Mattia fu ordinata con precetto da Innocenzo III nel capitolo Ex parte, De observantia jejuniorum, con il quale fu sopita la controversia insorta e mossa da taluni che volevano non doversi fare la vigilia né digiunare in onore di San Mattia, per il motivo che quantunque fosse stato Apostolo, non era però stato chiamato direttamente dalla voce di Cristo. Se prima di Innocenzo III il Pontefice Alessandro III, interrogato da coloro che anche in quel tempo osservavano la vigilia con digiuno per la festa di San Mattia, come dovevano regolarsi nell’anno bisestile, rispose che la vigilia dovesse sempre celebrarsi nel giorno precedente la festa, eccettuato il caso in cui cadesse in giorno di domenica: “Festum Beati Mathiae, juxta consuetudinem Ecclesiarum, Vigilia eatenus praecedat, ut nec pro bissexto, nec quolibet alio modo, inter se, et solemnitatem, aliamdiem admittat; in qua utique, nisi Vigilia venerit in Dominica die, Jejunium celebretur”, come si legge nel cap. Quaesivit, par. Festum, De verborum significatione, Decretale dello stesso Pontefice riferita ancora nell’Appendice al Concilio Terzo Lateranense (cap. 22, p. 1718, tomo 10 De’ Concilj della collezione Labbeana), e altresì presso il Martene De Antiquis Ecclesiae Ritibus (tomo 3, lib. 4, cap. 31, n. 23). Si comprende facilmente che l’autorità Ordinaria non può trasportare al sabato precedente la vigilia di San Mattia, ancorché cada nell’ultimo giorno del Carnevale, non potendo l’autorità Ordinaria derogare o disporre nelle materie stabilite dai Pontefici Romani e dal Diritto Canonico, come è stato da Noi dimostrato nel Nostro trattato De Synodo Dioecesana (lib. 7, cap. 30).
11. Così abbiamo risposto ai Vescovi e ai Prelati, che ci hanno richiesto se potevano trasportare la vigilia di San Mattia al sabato precedente; aggiungemmo tuttavia che arrivando la Nostra autorità pontificia a quel segno cui non arriva l’autorità Ordinaria, ben volentieri davamo loro il permesso di potere in quest’anno anticipare la vigilia di San Mattia col digiuno, facendola celebrare nel sabato di Sessagesima, in tal modo staccandola per questa volta dal giorno immediatamente precedente la festa di San Mattia; essendo purtroppo persuasi che dovendosi fare nell’ultimo giorno di Carnevale, quasi inevitabile sarebbe stata la trasgressione del Precetto Ecclesiastico, ed essendo altresì dell’obbligo di dare aiuto ai Nostri Fratelli affinché tengano lontani dalle loro Diocesi le offese a Dio.
12. È noto a tutti che fin dai tempi degli Apostoli nelle Chiese si facevano quegli onesti conviti chiamati Agape così ben descritti da Tertulliano nel suo Apologetico, cap. 39. È altresì noto che venivano segregati dalla comunione dei fedeli coloro che si astenevano dal frequentarli. Per tale motivo fu anche condannata la condotta degli eretici Eustaziani nel Sinodo Gangrense, can. II. È altresì noto che per i disordini che cominciarono a manifestarsi nelle Agapi, le stesse furono proibite dal Concilio Laodiceno, can. 28, e dal Concilio Terzo Cartaginese, can. 30. Chiunque rifletterà con la dovuta attenzione alla suddetta condotta della disciplina Ecclesiastica, che a seguito dei disordini verificatisi non ha avuto dubbi sulla soppressione di un’antica consuetudine Apostolica, non dovrà affatto stupirsi se in vista di disordini irreparabili si varia il giorno del digiuno, non per sempre, ma per una volta soltanto, restando però l’obbligo di adempiere ad esso nel giorno surrogato. Ci saremmo potuti valere di molti, e molti altri esempi di deroghe, ancora più rilevanti, ai Precetti Ecclesiastici, che s’incontrano negli Annali della Chiesa. Ma abbiamo preferito quello delle Agapi, come più conveniente e adeguato al caso nostro, giacché sia in quello, sia in questo, si tratta del vizio della gola.
13. Rispondendo ai suddetti Vescovi e Prelati, li abbiamo anche incaricati di esortare gli Ecclesiastici Secolari e Regolari a non prevalersi dell’anticipazione del digiuno, ma a digiunare nella vera vigilia di San Mattia, come a dire nell’ultimo giorno del Carnevale, non dovendosi ritenere che essi siano immersi nelle intemperanze carnevalesche come per lo più sono i laici.
14. Ecco quanto abbiamo risposto a chi è ricorso a Noi per sapere come doveva regolarsi quest’anno nell’ultimo giorno di Carnevale, nel quale cade la vigilia di San Mattia. Ora con questa Nostra Lettera notifichiamo il tutto agli Arcivescovi ed ai Vescovi del Nostro Stato temporale, affinché se qualcuno di loro temesse che nella sua Città o nella sua Diocesi nell’ultimo giorno di Carnevale si violasse il precetto del digiuno, possa avvalersi del rimedio indicato, nel modo e nella forma sopra espressi, dandogli su ciò ampia licenza. Per altro se non ha in proposito alcun timore, lasci che le cose si svolgano nel loro corso naturale.
Mentre Ci raccomandiamo, Venerabile Fratello, alle tue preghiere, diamo a te e al gregge affidato alle tue cure l’Apostolica Benedizione.
Dato a Roma, presso Santa Maria Maggiore, il 30 gennaio 1751, undicesimo anno del Nostro Pontificato.
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