PAPA FRANCESCO
MEDITAZIONE MATTUTINA NELLA CAPPELLA DELLA
DOMUS SANCTAE MARTHAE
Cuori liberi da invidie e gelosie
Giovedì, 23 gennaio 2014
(da: L'Osservatore Romano, ed. quotidiana, Anno CLIV, n.018, Ven. 24/01/2014)
Con una preghiera affinché il «seme della gelosia non venga seminato» nelle comunità cristiane e l’invidia non alberghi nel cuore dei credenti Papa Francesco ha concluso l’omelia della messa celebrata stamane, giovedì 24 gennaio, a Santa Marta.
Tutta la riflessione del Pontefice è stata incentrata sul tema della gelosia e dell’invidia, definite le porte attraverso le quali il diavolo è entrato nel mondo. Il vescovo di Roma ha preso spunto dalla prima lettura, tratta dal primo libro di Samuele (18, 6-9; 19, 1-7), dove si narra delle donne che, dopo la vittoria del popolo di Dio contro i filistei, ottenuta soprattutto grazie al coraggio di Davide, uscirono da tutte le città d’Israele a cantare e a danzare incontro al re Saul. Anche quest’ultimo — ha commentato — «era felice, ma ha sentito qualcosa che non gli è piaciuto. Quando le donne lodavano Davide perché aveva ucciso il Filisteo», qualcosa ha gettato nel cuore del sovrano «amarezza, tristezza». E all’udire i canti delle donne, egli «fu molto irritato e gli parvero cattive» le parole in essi contenute.
È proprio in quel preciso momento — ha fatto notare il Santo Padre — che una «grande vittoria incomincia a diventare sconfitta nel cuore del re. Comincia quell’amarezza» che riporta alla mente «quanto accadeva nel cuore di Caino: comincia quel verme della gelosia e dell’invidia». Al re Saul capita quello che avvenne a Caino quando il Signore gli chiese: «Ma perché sei risentito, perché cammini con la testa in giù»? Infatti, ha spiegato Papa Francesco, «il verme della gelosia porta risentimento, invidia, amarezza» e anche decisioni istintive, come quella di uccidere. Non a caso Saul matura la stessa determinazione di Caino: uccidere. E decide di uccidere Davide.
Una realtà che si ripete ancora oggi, ha aggiunto il Pontefice, «nei nostri cuori. È un’inquietudine cattiva, che non tollera che un fratello o una sorella abbiano qualcosa che io non ho». E così «invece di lodare Dio, come facevano le donne d’Israele per la vittoria», si preferisce rinchiudersi in se stessi, «rammaricarsi e cuocere i propri sentimenti, cucinarli nel brodo dell’amarezza».
Proprio la gelosia e l’invidia, del resto, sono le porte attraverso cui il diavolo è entrato nel mondo, ha proseguito il Papa, sottolineando che è la Bibbia ad affermarlo: «Per l’invidia del diavolo il male è entrato nel mondo». E «la gelosia e l’invidia aprono le porte a tutte le cose cattive», finendo col provocare lacerazioni tra gli stessi credenti. Il Pontefice si è riferito esplicitamente alla vita delle comunità cristiane, sottolineando che quando «alcuni dei membri soffrono di gelosia e di invidia, finiscono divise». Divisioni che Papa Francesco ha definito «un veleno forte», lo stesso che si ritrova nella prima pagina della Bibbia con Caino.
Il Santo Padre ha poi evidenziato cosa succede in concreto «nel cuore di una persona quando ha questa gelosia, questa invidia». Due le principali conseguenze. La prima è l’amarezza: «La persona invidiosa e gelosa è una persona amara, non sa cantare, non sa lodare, non sa cosa sia la gioia; guarda sempre» a quello che hanno gli altri. E purtroppo quest’amarezza «si diffonde in tutta la comunità», perché quanti cadono vittima di questo veleno diventano «seminatori di amarezza».
La seconda conseguenza è rappresentata dalle chiacchiere. C’è chi non sopporta che un altro abbia qualcosa — ha spiegato il Papa — e allora «la soluzione è abbassare l’altro, perché io sia un po’ alto. E lo strumento sono le chiacchiere: cerca sempre e vedrai che dietro una chiacchiera c’è la gelosia e c’è l’invidia».
Dunque «le chiacchiere dividono la comunità, distruggono la comunità: sono le armi del diavolo. Quante belle comunità cristiane — ha commentato amareggiato il Pontefice — abbiamo visto che andavano bene», ma poi in qualcuno dei loro membri «è entrato il verme della gelosia e dell’invidia, ed è venuta la tristezza», i loro «cuori si sono risentiti». Ecco allora il monito a non dimenticare l’episodio di Saul, perché «dopo una grande vittoria, incomincia un processo di sconfitta. Una persona che è sotto l’influsso dell’invidia e della gelosia uccide». Del resto, «Giovanni l’apostolo ci ha detto: chi odia suo fratello è un omicida. E l’invidioso, il geloso, incomincia a odiare il fratello».
Da qui l’auspicio finale del Santo Padre: «Oggi in questa messa preghiamo per le nostre comunità cristiane, perché questo seme della gelosia non venga seminato tra noi. Perché l’invidia non prenda posto nel nostro cuore, nel cuore delle nostre comunità. E così possiamo andare avanti con la lode al Signore, lodando il Signore con la gioia. È — ha concluso — una grazia grande: la grazia di non cadere nella tristezza, nel risentimento, nella gelosia e nell’invidia».
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