Index   Back Top Print

[ IT ]

PAPA FRANCESCO

MEDITAZIONE MATTUTINA NELLA CAPPELLA DELLA
DOMUS SANCTAE MARTHAE

Il primo amore non si scorda mai

Venerdì, 6 giugno 2014

 

(da: L'Osservatore Romano, ed. quotidiana, Anno CLIV, n.128, Sab. 08/06/2014)

 

Il primo amore non si scorda mai. E questo vale anche per i vescovi e i preti, che devono sempre ricordare la bellezza del loro primo incontro con Gesù. E devono poi essere pastori che seguono passo passo il Signore, senza preoccuparsi di come finirà la loro stessa vita. Sono i punti essenziali del ministero episcopale e sacerdotale che Papa Francesco ha indicato durante la messa celebrata nella mattina di venerdì 6 giugno, nella cappella della Casa Santa Marta.

A offrire lo spunto della meditazione il dialogo tra Gesù e Pietro riportato a conclusione del Vangelo di Giovanni (21, 15-19). È uno dei tanti dialoghi «belli» di Gesù, sulla scia di quelli con «il cieco, la samaritana, l’ammalato nella piscina». Il colloquio con Pietro è «tranquillo», si svolge «dopo la risurrezione» e anche «dopo una bella colazione». E proprio in questo passo del Vangelo, il Pontefice ha confidato di trovare anche «lo stile di dialogo che noi sacerdoti, cioè preti e vescovi, dobbiamo avere col Signore». Così, con esplicito riferimento al «nostro dialogo con Gesù», ha proposto quattro punti di riflessione

Giovanni racconta che «per tre volte il Signore chiede a Pietro se lo ama, se gli vuole bene». Questo significa, ha spiegato il vescovo di Roma, che «è più degli altri l’amore che il Signore vuole da un vescovo, da un sacerdote: è unico, sempre di più». Alla terza domanda di Gesù — ha fatto notare — Pietro «rimase addolorato, forse perché ricordava quando aveva rinnegato Gesù. Ma, di più, è addolorato per il dubbio: perché mi domanda queste cose?».

La risposta è chiara: il Signore voleva riportarlo «indietro, a quel primo pomeriggio, quando trovò suo fratello Andrea», il quale poi incontrò Pietro e gli disse: «Abbiamo trovato il Messia!». In una parola Gesù voleva riportare Pietro «al primo amore». Così «quando il Signore ci chiede a noi sacerdoti se lo amiamo, vuole portarci al primo amore». In proposito il Papa ha fatto riferimento al libro di Geremia: «Mi ricordo di te, dell’affetto della tua giovinezza, dell’amore al tempo del tuo fidanzamento, quando mi seguivi nel deserto» (2, 2).

Si tratta, dunque, di ritornare a «quel primo amore che tutti noi abbiamo avuto». Ed è proprio «per rinnovare questo amore di oggi, il Signore vuole che noi ricordiamo del primo amore».

Alla messa mattutina a Santa Marta, ha confidato il Pontefice, «vengono dalle parrocchie» tante coppie di sposi «che celebrano il cinquantesimo o il sessantesimo anniversario di matrimonio». E «io sempre domando loro: ma com’è andata la cosa?». Le loro «risposte sono di tutti i colori: uno dice una cosa, uno dice l’altra...!». Ma nelle loro testimonianze, ha rilevato, c’è sempre un’espressione: «Siamo felici!». E una volta — ha ricordato — tutti e due gli sposi, che celebravano i sessant’anni di matrimonio, hanno risposto: «abbiamo litigato» ma siamo «innamorati come il primo giorno».

È la stessa domanda che devono farsi anche i vescovi e i sacerdoti, per capire come come va l’amore di oggi con Gesù: «Sono innamorato come il primo giorno? O il lavoro, le preoccupazioni un po’ mi fanno guardare altre cose e dimenticare un po’ l’amore?». Nei matrimoni, ha riconosciuto il Papa, litigare è normale, anche perché «quando non c’è amore non si litiga, si rompe». Ecco, allora, il motivo per cui Gesù fa quelle tre domande a Pietro: «per portarlo al primo amore». Perché non bisogna «mai dimenticare il primo amore, mai!».

Il secondo punto che emerge dal racconto di Giovanni è «l’invito: pasci, sii pastore!». Qualcuno, ha fatto notare il Papa, potrebbe forse obiettare: «Ma Signore, sai, io devo studiare perché voglio diventare un intellettuale della filosofia, della teologia, della patrologia...». A questi pensieri bisogna rispondere: «Sii pastore, dopo viene l’altro! Pasci! Con la teologia, con la filosofia, con la patrologia, con quello che studi, ma pasci! Sii pastore!».

Del resto, ha spiegato il Pontefice, «il Signore ci ha chiamato per questo» e l’imposizione delle «mani del vescovo sulla nostra testa è per essere pastori». Così, dopo quella sul «primo amore», ecco una seconda domanda utile a un esame di coscienza per vescovi e sacerdoti: «Sono pastore o sono un impiegato di questa ong che si chiama “Chiesa”?». Un interrogativo che, ha avvertito il Papa, dobbiamo farci tutti, rispondendo a noi stessi con l’esortazione di Gesù: «Pasci! Pascola! Vai avanti!».

Il terzo punto coincide con un’altra domanda, precisamente quella che Pietro pone a Gesù riguardo all’apostolo Giovanni: ma lui come finirà? Si tratta, ha fatto notare il Papa, di «una domanda interessante», che «Pietro fa per curiosità, dopo questo dialogo, quando guarda Giovanni: e a lui cosa succederà?».

In fondo a Gesù «gli apostoli, proprio il giorno dell’Ascensione, hanno fatto la stessa domanda: ma adesso viene il trionfo?». Quasi per dire: «Come finirà questo primo amore che ha camminato tanto? Come finirà questo essere pastori? Finirà con la gloria, con la maestà?». La risposta, però, è molto diversa: «No, fratello, finirà in modo più comune, anche più umiliante tante volte». Magari, ha detto Papa Francesco, «finirà a letto che ti danno da mangiare, che ti devono vestire, inutile, lì, ammalato». Non serve ripetere: «Ma, Signore, io ho fatto questo per te», ho avuto «un grande amore, ho pascolato come tu mi hai detto, e devo finire così?». Sì, ha spiegato il Pontefice, si deve «finire come è finito lui! Quell’amore muore come il seme del grano e così, poi, verrà il frutto. Ma io non lo vedrò!».

Il quarto e ultimo punto è costituito da «una parola più forte: seguimi!». È proprio quello che dice Gesù «se noi abbiamo perso l’orientamento e non sappiamo come rispondere sull’amore, non sappiamo come rispondere su questo essere pastori o non abbiamo la certezza che il Signore non ci lascerà da soli nei momenti più brutti della vita, nella malattia». Questo «seguimi!», ha detto il Pontefice, deve essere «la nostra certezza», sulle orme di Gesù, «su quella strada».

Papa Francesco ha concluso con una preghiera «per i vescovi, per i sacerdoti, per i preti: il Signore dia a tutti noi la grazia di trovare sempre, o ricordare sempre, il primo amore; di esser pastori; di non avere vergogna di finire umiliati su un letto» o di perdere la ragione. Una preghiera al Signore «perché sempre ci dia la grazia di andare dietro Gesù», sulle orme di Gesù, e ci dia così «la grazia di seguirlo».

 



Copyright © Dicastero per la Comunicazione - Libreria Editrice Vaticana