PAPA FRANCESCO
MEDITAZIONE MATTUTINA NELLA CAPPELLA DELLA
DOMUS SANCTAE MARTHAE
No alla cultura dell'indifferenza
Martedì, 8 gennaio 2019
(da: L'Osservatore Romano, ed. quotidiana, Anno CLIX, n.6, 09/01/2019)
È dalla «cultura dell’indifferenza» che ha messo in guardia Papa Francesco nella messa celebrata martedì 8 gennaio a Santa Marta, invitando ad assecondare «il primo passo che Dio fa sempre verso di noi» e a guardare ai bisogni delle persone, soprattutto i più poveri, «senza mai voltarsi dall’altra parte».
All’inizio della celebrazione il Pontefice ha detto di voler offrire «questa messa per l’eterno riposo di sua eccellenza monsignor Giorgio Zur, già nunzio apostolico in Austria, arcivescovo titolare di Sesta, che aveva abitato in questa casa, che è venuto a mancare ieri a mezzanotte».
«La prima lettera di san Giovanni apostolo è centrata sull’amore: è un’esortazione all’amore» ha poi fatto presente il Papa riferendosi al passo odierno proposto dalla liturgia (1 Giovanni 4, 7-10): «Carissimi, amiamoci gli uni gli altri, perché l’amore è da Dio». L’amore dunque, ha ribadito Francesco, «viene da Dio». Ma «questa parola “amore” — ha precisato — è usata tante volte, tante volte, superficialmente: anche una telenovela venezuelana parla dell’amore e dice: “Ah, che bello l’amore! Tutto è amore”».
Da parta sua, ha proseguito il Pontefice, «Giovanni va un po’ avanti per spiegare che cos’è l’amore: “In questo si è manifestato l’amore, l’amore di Dio in noi: Dio ha mandato nel mondo il suo Figlio unigenito, perché noi abbiamo la vita per mezzo di lui”». Quindi, prosegue, «non siamo stati noi ad amare Dio, ma è lui che ha amato noi».
Proprio «questo — ha affermato il Papa — è il mistero dell’amore: Dio ci ha amato per primo, ci ha amati per primo, lui ha fatto il primo passo e da lì viene l’amore». Ha fatto «questo primo passo verso ognuno di noi, verso l’umanità che non sa amare, ha bisogno delle carezze di Dio per amare, dell’insegnamento di Dio per amare, della testimonianza di Dio». E «questo primo passo che ha fatto Dio è il suo Figlio: lo ha inviato per salvarci e dare un senso alla vita, per rinnovarci, per ricrearci». Proprio «questo è l’amore: è il primo passo» e «sempre il primo passo lo dà Dio: Dio ci ama per primo».
«Per capire bene questo — ha suggerito Francesco riferendosi al brano evangelico di Marco (6, 34-44) — possiamo andare al brano del Vangelo che abbiamo letto, e lì troviamo una parola che spiega questo». Dunque, «perché Dio ha fatto questo? Per “compassione”». Si legge infatti nel Vangelo: «In quel tempo, sceso dalla barca, Gesù vide una grande folla, ebbe compassione di loro» perché, ha aggiunto il Papa «erano soli» e come scrive Marco «erano come pecore che non hanno pastore».
Ecco che, ha spiegato il Pontefice, «il cuore di Dio, il cuore di Gesù si commosse e vide, vide quella gente, e non potè restare indifferente: l’amore è inquieto, l’amore non tollera l’indifferenza, l’amore ha compassione». Ma la compassione, ha rilanciato Francesco, «significa mettere il cuore in gioco, significa misericordia» e così «giocare il proprio cuore verso gli altri: è questo l’amore». Dunque «l’amore è mettere il cuore in gioco per gli altri e — dice il Vangelo — “Gesù si mise a insegnare loro molte cose”».
«C’erano i discepoli — ha proseguito il Papa — che hanno incominciato lì ad ascoltare Gesù e poi, sicuro, si sono annoiati perché Gesù diceva sempre le stesse cose: “Eh, ma noi conosciamo questo”. E forse, io penso, hanno incominciato a parlare fra loro, non so, sul calcio, su quell’altro, sulle cose del momento». Così mentre «Gesù “insegnava”, con amore, con compassione», ecco che «i discepoli hanno guardato l’orologio e hanno detto “ma è tardi...”».
Difatti, ha spiegato Francesco, il Vangelo continua con queste parole: «Essendosi ormai fatto tardi, gli si avvicinarono i suoi discepoli dicendo: “Il luogo è deserto ed è ormai tardi; congedali, in modo che, andando per le campagne e i villaggi dei dintorni, possano comprarsi da mangiare”». In effetti, ha fatto notare Francesco, «era tardi, incominciava il buio, il luogo era deserto, avevano fame», e non sarebbe stato facile andare «per le campagne: a quel tempo non c’era l’illuminazione stradale, era tutto buio». Come dire: «che si arrangino loro e che comprino il pane; ma noi stiamo sicuri», perché «loro sapevano di avere pane per loro e volevano custodire quello: è l’indifferenza».
«Ai discepoli non interessava la gente: interessava Gesù, perché gli volevano bene — ha affermato il Pontefice — e non erano cattivi: erano indifferenti, non sapevano cosa fosse amare, non sapevano cosa fosse compassione, non sapevano cosa fosse indifferenza». Essi «hanno dovuto peccare, tradire il Maestro, abbandonare il Maestro, per capire il nocciolo della compassione e della misericordia». Ma «la risposta di Gesù è tagliente: “Voi stessi date loro da mangiare”». Che vuol dire: «prenditi carico di loro». Proprio «questa è la lotta fra la compassione di Gesù e l’indifferenza, l’indifferenza che si ripete nella storia sempre, sempre: tanta gente che è buona ma non capisce i bisogni altrui, non è capace di compassione». Eppure «è gente buona» ma, ha aggiunto Francesco, «forse non è entrato l’amore di Dio nel loro cuore o non lo hanno lasciato entrare».
In proposito il Papa ha confidato: «Mi viene in mente una fotografia che è nell’Elemosineria: uno scatto spontaneo che ha fatto un bravo ragazzo romano e lo ha offerto all’Elemosineria. Notte — notte di inverno, si vedeva per il modo di vestire della gente, le pellicce — usciva da un ristorante gente tutta ben coperta con le pellicce. Soddisfatti — avevano mangiato, erano fra gli amici: è buono quello — e lì c’era una senzatetto, sul pavimento, che fa così, e il fotografo è stato capace di scattare nel momento nel quale la gente guarda da un’altra parte, perché gli sguardi non si incrocino lì». In questa immagine, ha insistito Francesco, c’è «la cultura dell’indifferenza» ed «è quello che hanno fatto gli apostoli» suggerendo a Gesù: «Congedali, che vadano per le campagne, al buio, con la fame, che si arrangino: è problema loro»; tanto «noi ne abbiamo: cinque pani e due pesci per noi».
«L’amore di Dio sempre va per primo» ha ripetuto il Pontefice. Perché «è amore di compassione, di misericordia: dà il primo passo, sempre». Ed «è vero che l’opposto dell’amore è l’odio, ma un odio cosciente non c’è in tanta gente». Invece «l’opposto più quotidiano all’amore di Dio, alla compassione di Dio, è l’indifferenza», quella che porta a dire: «Io sono soddisfatto, non mi manca nulla. Ho tutto, ho assicurato questa vita, e anche l’eterna, perché vado a messa tutte le domeniche, sono un buon cristiano. Ma, uscendo dal ristorante, guardo da un’altra parte».
Concludendo l’omelia il Papa ha invitato a pensare a «questo Dio che dà il primo passo, che ha la compassione, che ha misericordia». Invece «tante volte il nostro atteggiamento è l’indifferenza». E allora, ha esortato, «preghiamo il Signore perché guarisca l’umanità, cominciando da noi: che il mio cuore guarisca da questa malattia che è la cultura dell’indifferenza».
Al termine della messa, Papa Francesco ha voluto «inviare un cordiale saluto a Kiko Argüello nella ricorrenza del suo ottantesimo compleanno e ringraziarlo per lo zelo apostolico con il quale lavora nella Chiesa».
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