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MESSAGGIO DEL SANTO PADRE FRANCESCO
IN OCCASIONE DELLA PRESENTAZIONE DEL LIBRO
"PASSATO, PRESENTE E FUTURO DELLA GIUSTIZIA TRANSIZIONALE"

[Tenerife, 19 settembre 2024]

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Maestà,
Stimati partecipanti a questo evento,

Sono lieto di poter rispondere alla richiesta del signor Enrique Gil Botero, Segretario Generale della Conferenza dei Ministri della Giustizia dei Paesi Iberoamericani, e del signor José Ángel Martínez Sánchez, Presidente del Consiglio Generale del Notariato Spagnolo, di unirmi a questa presentazione del libro Pasado, Presente y Futuro de la Justicia Transicional: La experiencia latinoamericana en la construcción de la paz mundial.

Il Diccionario panhispánico de español jurídico definisce, nella sua prima accezione, la giustizia transizionale come «insieme di misure giuridiche e politiche adottate dopo una situazione di conflitto o repressione in cui si sono verificate violazioni di massa dei diritti umani, al fine di promuovere la riconciliazione e la democrazia; include azioni penali, commissioni per la verità, programmi di riparazione e riforme istituzionali».

Imparare dal passato e riesaminare le esperienze molto spesso dolorose ci invitano a dare risposte coerenti e significative alle sfide attuali e a cercare meccanismi che consolidino i progressi lungo i cammini di pace, libertà e giustizia. In questa ottica, e per non alludere a casi attuali, voglio menzionare un fatto accaduto nei primi viaggi di Colombo in America. Mi riferisco alla notizia giunta a Isabella di Castiglia riguardante la vendita di indigeni come schiavi. Se seguiamo la definizione sopracitata, abbiamo una situazione di conflitto e repressione dove si è verificata una violazione di massa dei diritti umani e, immediatamente, un insieme di misure adottate dalla Corona, che saranno il germe delle nostre moderne dichiarazioni dei diritti dell’uomo.

Faccio questo esempio, che in realtà solo analogamente può essere confrontato con le situazioni attuali, per ricavarne una serie di insegnamenti. Primo, la storia non torna indietro, sia nel nostro caso, sia nelle storie dolorose di molti Paesi, dobbiamo costruire a partire da queste situazioni, senza illuderci che tutto tornerà come prima. L’America e l’Europa erano destinate a incontrarsi. Pertanto, questo tipo di eventi, anche se concepiti come dure crisi, devono produrre un frutto, ed è nostra responsabilità, come esseri umani, che ciò accada. È vero che ci sono situazioni in cui la violenza sembra non avere alcuna giustificazione, ma, che si tratti di rivoluzione, di cambiamenti di regime, di invasioni, non possiamo semplicemente lamentarci, cosa giusta ma inutile — “non dovrebbe essere così” —, ma affrontare queste sfide in modo compiuto, perché l’unità è superiore al conflitto (cfr. Esortazione apostolica Evangelii gaudium n. 227).

La seconda lezione è la risposta immediata. La forza del diritto, rappresentata nella regina Isabella, non solo in quanto autorità politica di una delle parti, ma anche in quanto coscienza morale di chi sapeva che doveva rendere conto a Dio delle proprie azioni, impone soluzioni coraggiose, innovative e ferme, che vanno al cuore della verità dell’uomo, della sua dignità, senza concessioni; riparative — liberando persino a proprie spese gli schiavi — e di riforma istituzionale — proibendo la schiavitù ed esigendo in modo proattivo e integrale il rispetto dei diritti fondamentali delle vittime.

La terza lezione, forse è la più difficile, ma non per questo priva di speranza: l’applicazione effettiva e concreta di tali disposizioni non sarà sempre facile né sarà motivata da uno spirito tanto elevato. Per quanto Isabella, sulla carta, abbia compiuto un passo da gigante nelle relazioni tra i due popoli che erano destinati a incontrarsi, e abbia offerto in modo generoso, sebbene unilaterale, tutto ciò che dalla sua posizione poteva offrire ai nuovi popoli incontrati per creare spazi di integrazione, le tensioni sono sempre esistite. Ma questa realtà ci insegna anche che un trattato, una firma, una legge, possono restare lettera morta se non si prevedono i mezzi affinché, con serietà, buonsenso e pazienza, non solo il testo, ma anche lo spirito che li anima, penetrino in coloro ai quali è rivolta.

Maestà, cari amici,

Il fatto che lo spirito delle leggi delle Indie si sia conservato, illuminando e ispirando la difesa della dignità umana e la concezione integrale della persona che ne deriva, costituisce per noi uno sprone all’impegno per la giustizia e il diritto, nonostante le difficoltà.

Spero che questa evocazione del passato vi possa servire. Siate coraggiosi e decisi, e affidatevi molto a Dio — come sicuramente vi consiglierebbe Isabella —, per attuare la giustizia, per aprire cammini di comprensione e fratellanza, per creare nuovi spazi di integrazione, per costruire questa bella terra che non è un’utopia ma una responsabilità.

Che Dio vi benedica abbondantemente, e voi, per favore, non dimenticatevi di pregare per me.

Fraternamente,

Roma, San Giovanni in Laterano, 22 agosto 2024

Francesco

 

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L'Osservatore Romano, Edizione Quotidiana, Anno CLXIV n. 213, 21 settembre 2024.



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