DISCORSO DEL SANTO PADRE FRANCESCO
AI PARTECIPANTI ALLA CONFERENZA INTERNAZIONALE IN OCCASIONE
DEL TERZO ANNIVERSARIO DELL'ENCICLICA " LAUDATO SI' "
Sala Clementina
Venerdì, 6 luglio 2018
Signori Cardinali,
Eminenza,
cari fratelli e sorelle,
illustri Signori e Signore,
do a tutti voi il mio benvenuto, in occasione della Conferenza Internazionale convocata nel terzo anniversario della pubblicazione della Lettera Enciclica Laudato si’ sulla cura della casa comune. Vorrei salutare in maniera speciale Sua Eminenza, l’arcivescovo Zizioulas, perché è stato lui, con il cardinal Turkson, a presentare, tutti e due insieme, l’Enciclica, tre anni fa. Vi ringrazio di esservi riuniti per “ascoltare col cuore” le grida sempre più angoscianti della terra e dei suoi poveri in cerca di aiuto e responsabilità, e per testimoniare la grande urgenza di accogliere l’appello dell’Enciclica ad un cambiamento, ad una conversione ecologica. La vostra è la testimonianza per l’impegno non differibile ad agire concretamente per salvare la Terra e la vita su di essa, partendo dall’assunto che “ogni cosa è connessa”, concetto-guida dell’Enciclica, alla base dell’ecologia integrale.
Anche in questa prospettiva possiamo leggere la chiamata che Francesco d’Assisi ricevette dal Signore nella chiesetta di San Damiano: “Va’, ripara la mia casa, che, come vedi, è tutta in rovina”. Oggi, anche la “casa comune” che è il nostro pianeta ha urgente bisogno di essere riparato e assicurato per un futuro sostenibile.
Negli ultimi decenni, la comunità scientifica ha elaborato in tal senso valutazioni sempre più accurate. «Il ritmo di consumo, di spreco e di alterazione dell’ambiente ha superato le possibilità del pianeta, in maniera tale che lo stile di vita attuale, essendo insostenibile, può sfociare solamente in catastrofi, come di fatto sta già avvenendo periodicamente in diverse regioni» (Enc. Laudato si’, 161). C’è il pericolo reale di lasciare alle generazioni future macerie, deserti e sporcizia.
Auspico pertanto che questa preoccupazione per lo stato della nostra casa comune si traduca in un’azione organica e concertata di ecologia integrale. Infatti, «l’attenuazione degli effetti dell’attuale squilibrio dipende da ciò che facciamo ora» (ibid.). L’umanità ha le conoscenze e i mezzi per collaborare a tale scopo e, con responsabilità, “coltivare e custodire” la Terra in maniera responsabile. A questo proposito, è significativo che la vostra discussione riguardi anche alcuni eventi-chiave dell’anno in corso.
Il Vertice COP24 sul clima, programmato a Katowice (Polonia) nel dicembre prossimo, può essere una pietra miliare nel cammino tracciato dall’Accordo di Parigi del 2015. Tutti sappiamo che molto deve essere fatto per l’attuazione di quell’Accordo. Tutti i governi dovrebbero sforzarsi di onorare gli impegni assunti a Parigi per evitare le peggiori conseguenze della crisi climatica. «La riduzione dei gas serra richiede onestà, coraggio e responsabilità, soprattutto da parte dei Paesi più potenti e più inquinanti» (ibid., 169). Non possiamo permetterci di perdere tempo in questo processo.
Oltre agli Stati, altri attori sono interpellati: autorità locali, gruppi della società civile, istituzioni economiche e religiose possono favorire la cultura e la prassi ecologica integrale. Auspico che eventi quali, ad esempio, il Summit sull’azione globale per il clima, in programma dal 12 al 14 settembre a San Francisco, offrano risposte adeguate, col sostegno di gruppi di pressione di cittadini in ogni parte del mondo. Come abbiamo affermato insieme con Sua Santità il Patriarca Ecumenico Bartolomeo, «non ci può essere soluzione genuina e duratura alla sfida della crisi ecologica e dei cambiamenti climatici senza una risposta concertata e collettiva, senza una responsabilità condivisa e in grado di render conto di quanto operato, senza dare priorità alla solidarietà e al servizio» (Messaggio per la Giornata Mondiale di Preghiera per il Creato, 1 settembre 2017).
Anche le istituzioni finanziarie hanno un importante ruolo da giocare, come parte sia del problema sia della sua soluzione. E’ necessario uno spostamento del paradigma finanziario al fine di promuovere lo sviluppo umano integrale. Le Organizzazioni internazionali, come ad esempio il Fondo Monetario Internazionale e la Banca Mondiale, possono favorire riforme efficaci per uno sviluppo più inclusivo e sostenibile. La speranza è che «la finanza […] ritorni ad essere uno strumento finalizzato alla miglior produzione di ricchezza e allo sviluppo» (Benedetto XVI, Enc. Caritas in veritate, 65), così come alla cura dell’ambiente.
Tutte queste azioni presuppongono una trasformazione a un livello più profondo, cioè un cambiamento dei cuori, un cambiamento delle coscienze. Come ebbe a dire San Giovanni Paolo II: «Occorre […] stimolare e sostenere la conversione ecologica» (Catechesi, 17 gennaio 2001). E in questo le religioni, in particolare le Chiese cristiane, hanno un ruolo-chiave da giocare. La Giornata di Preghiera per il Creato e le iniziative ad essa connesse, iniziate in seno alla Chiesa Ortodossa, si vanno diffondendo nelle comunità cristiane in ogni parte del mondo.
Infine, il confronto e l’impegno per la nostra casa comune deve riservare uno spazio speciale a due gruppi di persone che sono in prima linea nella sfida ecologica integrale e che saranno al centro dei due prossimi Sinodi della Chiesa Cattolica: i giovani e i popoli indigeni, in modo speciale quelli dell’Amazzonia.
Da un lato «i giovani esigono un cambiamento. Essi si domandano com’è possibile che si pretenda di costruire un futuro migliore senza pensare alla crisi ambientale e alle sofferenze degli esclusi» (Laudato si’, 13). Sono i giovani che dovranno affrontare le conseguenze dell’attuale crisi ambientale e climatica. Pertanto, la solidarietà intergenerazionale non è «un atteggiamento opzionale, bensì una questione essenziale di giustizia, dal momento che la terra che abbiamo ricevuto appartiene anche a coloro che verranno» (ibid., 159).
Dall’altro lato, «è indispensabile prestare speciale attenzione alle comunità aborigene con le loro tradizioni culturali» (ibid., 146). È triste vedere le terre dei popoli indigeni espropriate e le loro culture calpestate da un atteggiamento predatorio, da nuove forme di colonialismo, alimentate dalla cultura dello spreco e dal consumismo (cfr Sinodo dei Vescovi, Amazzonia: nuovi cammini per la Chiesa e per un’ecologia integrale, 8 giugno 2018). «Per loro, infatti, la terra non è un bene economico, ma è un dono di Dio e degli antenati che in essa riposano, uno spazio sacro con il quale hanno il bisogno di interagire per alimentare la loro identità e i loro valori» (Laudato si’, 146). Quanto possiamo imparare da loro! Le vite dei popoli indigeni «sono una memoria vivente della missione che Dio ha affidato a tutti noi: la protezione della nostra casa comune» (Discorso nell’incontro con popoli indigeni, Puerto Maldonado, 19 gennaio 2018).
Cari fratelli e sorelle, le sfide abbondano. Esprimo la mia sentita gratitudine per il vostro lavoro al servizio della cura del creato e di un futuro migliore per i nostri figli e nipoti. A volte potrebbe sembrare un’impresa troppo ardua, perché «ci sono troppi interessi particolari e molto facilmente l’interesse economico arriva a prevalere sul bene comune e a manipolare l’informazione per non vedere colpiti i suoi progetti» (Laudato si’, 54); ma «gli esseri umani, capaci di degradarsi fino all’estremo, possono anche superarsi, ritornare a scegliere il bene e rigenerarsi» (ibid., 205). Per favore, continuate a lavorare per «il radicale cambiamento richiesto dalle presenti circostanze» (ibid., 171). «L’ingiustizia non è invincibile» (ibid., 74).
San Francesco d’Assisi continui ad ispirarci e a guidarci in questo cammino, e «le nostre lotte e la nostra preoccupazione per questo pianeta non ci tolgano la gioia della speranza» (ibid., 244). In fondo, il fondamento della nostra speranza riposa sulla fede nella potenza del nostro Padre celeste. Egli, «che ci chiama alla dedizione generosa e a dare tutto, ci offre le forze e la luce di cui abbiamo bisogno per andare avanti. Nel cuore di questo mondo rimane sempre presente il Signore della vita che ci ama tanto. Egli non ci abbandona, non ci lascia soli, perché si è unito definitivamente con la nostra terra, e il suo amore ci conduce sempre a trovare nuove strade. A Lui sia lode!» (ibid., 245).
Vi benedico. E, per favore, non dimenticatevi di pregare per me.
Grazie!
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