VISITA PASTORALE IN ABRUZZO
SANTA MESSA A CONCLUSIONE DEL CONGRESSO EUCARISTICO
DELLE DIOCESI DI TERAMO E DI ATRI
OMELIA DI GIOVANNI PAOLO II
Piazza dei Martiri della Libertà - Teramo
Domenica, 30 giugno 1985
1. “Dove vuoi che andiamo a preparare perché tu possa mangiare la Pasqua?” (Mc 14, 12).
Così chiedono a Gesù i discepoli, quando è giunto il “giorno degli Azzimi”, il tempo dell’immolazione della Pasqua, secondo la tradizione dell’antica alleanza.
Allora Cristo indica loro dove debbono recarsi e quali preparativi fare, perché la cena pasquale possa svolgersi nel tempo stabilito.
Proprio questa cena pasquale di Cristo con gli apostoli diventa l’ultima cena e insieme la prima. L’ultima che egli ha mangiato con i suoi discepoli prima della passione: e anche l’ultima Pasqua dell’antica alleanza. Nello stesso tempo è la prima Pasqua della nuova alleanza: la prima Eucaristia.
E anche voi, cari fratelli e sorelle di Teramo e Atri, avete preparato nella comunità della vostra Chiesa diocesana, durante la settimana appena trascorsa, e specialmente nell’odierna domenica, la vostra Pasqua di Cristo particolarmente solenne: il Congresso eucaristico.
2. È per me motivo di grande gioia poter prender parte al momento culminante di questo Congresso eucaristico.
Saluto cordialmente il vescovo, monsignor Abele Conigli, e gli esprimo il mio apprezzamento per il ministero che svolge con dedizione sacerdotale. Con lui ringrazio il Signore per il primo frutto di questa assemblea liturgica: l’unità della mente e dei cuori nella celebrazione della fede.
Saluto i sacerdoti, i religiosi e le religiose, i laici responsabilmente impegnati nelle parrocchie, nelle associazioni e nei movimenti ecclesiali.
Il Congresso, che oggi solennemente si conclude, è stato voluto in occasione del 50° anniversario di quello nazionale, che si svolse in questa città nel 1935 ed ebbe come tema: “L’Eucaristia e la Sacra Scrittura”. So che è stato preparato con cura. In primo luogo con la visita pastorale, la quale, iniziata tre anni fa, ha permesso molteplici incontri spirituali con adolescenti, giovani e famiglie e ha raccolto attorno al vescovo, soprattutto durante la celebrazione del santo sacrificio, i fedeli delle singole parrocchie. Poi le missioni predicate dagli zelanti padri Passionisti ad Atri, Teramo e a Isola del Gran Sasso. Quindi la preparazione immediata, con la “Peregrinatio Mariae” zelantemente diretta dall’arcivescovo prelato di Loreto. Durante una settimana, l’effigie lauretana di colei, che fu la prima dimora del Figlio di Dio, ha sostato nelle località più popolose, affinché mediante la devozione a Maria, arca dell’alleanza, crescesse la consapevolezza che il cristiano è tempio e tabernacolo del Signore (cf. S. Girolamo, Adv. Iov., 1, 33: PL 23, 267), il quale attende il “fiat” dell’uomo per stare con lui e sostenerlo nel cammino della vita.
3. Quando il Signore Gesù si è trovato con gli apostoli nella stanza in cui dovevano mangiare la Pasqua durante la cena, egli “prese il pane e, pronunziata la benedizione, lo spezzò e lo diede loro, dicendo: questo è il mio corpo. Poi prese il calice e rese grazie, lo diede loro e ne bevvero tutti” (Mc 14, 23).
Ogni Eucaristia che celebriamo nella Chiesa è un rendimento di grazie. In essa ringraziamo, insieme con Cristo, per “le grandi opere di Dio” (cf. At 2, 11), che questo sacramento in un certo senso integra e sintetizza. Ringraziamo per i benefici della creazione e della redenzione. Ringraziamo Dio perché è il nostro Padre, e perché in Gesù Cristo è diventato “Emmanuele: Dio con noi” (cf. Mt 1, 23) per tutti i tempi. Ringraziamo per lo Spirito di verità, il Consolatore, che egli continua a mandarci in “nome di Cristo”.
Il Congresso eucaristico è un rendimento di grazie particolare, largamente esteso e prolungato. In questo ringraziamento si esprime la vitalità spirituale di tutti noi invitati al banchetto pasquale, alla tavola della parola di Dio e del pane che è il corpo di Cristo.
4. Il vostro Congresso si è articolato attorno al tema: “Riconciliati e uniti nello spezzare il pane”.
Quando il Signore Gesù, dopo la transustanziazione del pane pasquale nel suo corpo eucaristico, prese il calice riempito di vino, disse ai discepoli: “Questo è il mio sangue, il sangue dell’alleanza, versato per molti” (Mc 14, 24). Questa è la formula raccolta dall’evangelista Marco. Altrove le parole della transustanziazione del vino nel Sangue del Signore suonano così: “Questo calice è la nuova alleanza nel mio sangue” (Lc 22, 20; cf. 1 Cor 11, 25).
Il testo liturgico della santa messa dice: “Questo è il calice del mio sangue per la nuova ed eterna alleanza”.
L’alleanza è frutto della riconciliazione con Dio, o piuttosto del riconciliarsi di Dio con gli uomini.
Dio si è riconciliato con il suo popolo, Israele, per mezzo di Mosè, come ricorda la prima lettura dell’odierna liturgia. Il frutto di tale riconciliazione era stata l’antica alleanza del Monte Sinai, e il segno di essa fu il sangue degli animali sacrificati. “Ecco il sangue dell’alleanza che il Signore ha concluso con voi” (Es 24, 8), dichiarò Mosè dopo aver asperso il popolo con quel sangue.
La nuova ed eterna alleanza, che Dio ha concluso con l’umanità in Gesù Cristo, trova la sua espressione sacramentale nell’Eucaristia. Il prezzo dell’alleanza è il corpo e il sangue offerti nel sacrificio della croce, in cui Dio ha riconciliato con sé il mondo, come annunziò San Paolo (cf. 2 Cor 5, 19).
5. Il vostro Congresso eucaristico ha scelto come tema proprio questa riconciliazione, che è l’iniziativa della santissima Trinità. È il dono particolare di Dio per noi, e l’Eucaristia di Cristo è il segno incessante e immutabile di questo dono. È il sacramento della riconciliazione, con la quale l’eterno Padre ha riconciliato con sé il mondo in Gesù Cristo, una volta per sempre: la nuova ed eterna alleanza.
Contemporaneamente, offrendoci questa riconciliazione come un dono beato, Dio l’assegna come compito a noi uomini. Dapprima la rende possibile per noi, per mezzo del sacramento della riconciliazione. E al tempo stesso interpella incessantemente le coscienze e i cuori, perché diventino suscettibili di riconciliazione: della riconciliazione con Dio, e insieme della riconciliazione con gli uomini, della riconciliazione reciproca. “Questo è il mio comandamento, che vi amiate gli uni gli altri, come io vi ho amati”, dice Gesù (Gv 15, 12).
6. Il tema del presente Congresso corrisponde a ciò che ultimamente è divenuto il tema centrale del lavoro della Chiesa, la quale, insieme con l’intera umanità, si prepara al passaggio dal secondo al terzo millennio.
Mettendomi in ascolto del grido dell’uomo e vedendo come egli nelle circostanze della vita manifesti una nostalgia di unità con Dio, con se stesso e con il prossimo, ho ritenuto, per grazia e ispirazione del Signore, di proporre con forza quel dono originale della Chiesa che è la riconciliazione.
Perciò, nell’autunno del 1983, ho riunito la VI assemblea generale del Sinodo dei vescovi, i cui contributi sono stati proposti nell’esortazione apostolica post-sinodale Reconciliatio et paenitentia. Per il medesimo motivo ho indetto l’Anno giubilare della redenzione, il cui scopo, come ben sapete, era di celebrare il 1950° anniversario del sacrificio salvifico del Figlio di Dio e di favorire, così, “un nuovo impegno di ciascuno e di tutti al servizio della riconciliazione non solo tra i discepoli di Cristo, ma anche tra tutti gli uomini” (Giovanni Paolo II, Aperite portas Redemptori, 3).
Tale impegno sarà sempre più costante e generoso se i credenti accoglieranno Cristo nel loro cuore, con fede profonda, lasciandosi pervadere dal mistero dell’infinita pietà di Dio verso l’uomo.
7. In piena comunione di intenti e di azione, la Chiesa che è in Italia ha perseguito e sviluppato le due citate iniziative col Convegno: “Riconciliazione cristiana e comunità degli uomini”. Mentre quell’assemblea, durante l’ottava di Pasqua, era riunita a Loreto, io mi recai per prendervi parte e, innanzitutto, per celebrare “con i rappresentanti delle varie componenti del popolo di Dio, che vive la sua fede in Italia, il Cristo risorto, il Redentore dell’umanità. Con essi mi sono posto ai piedi della croce, segno sempre paradossale, ma insostituibile, della nostra riconciliazione, di questo grande dono che manifesta la gratuità e l’efficacia dell’inesauribile amore di Dio” (Giovanni Paolo II, Allocutio in urbe “Loreto” habita, 11 aprile 1985).
Volendo poi sostenere il consolidamento della riconciliazione come dono di Dio e come compito affidato al suo corpo mistico, ho indicato quale auspicabile risultato del Convegno “una rinnovata coscienza di Chiesa, grazie alla quale, nella partecipazione dell’unico dono e nella collaborazione dell’unica missione, tutti imparino a comprendersi e stimarsi fraternamente, ad aspettarsi e prevenirsi reciprocamente, ad ascoltarsi e istruirsi instancabilmente, affinché la casa di Dio, cioè la Chiesa, sia edificata dall’apporto di ciascuno e perché il mondo veda e creda” (Giovanni Paolo II, Allocutio in urbe “Loreto” habita, 11 aprile 1985).
8. Sulla linea di queste iniziative si pone anche il presente Congresso eucaristico. Per le diocesi di Teramo e di Atri esso è stato - ed auspico lo sia a lungo in futuro - una solenne e impegnativa occasione per ravvivare la fede e la vita cristiana, indicando l’Eucaristia come mistero di amore riconciliatore, come fonte di vigore, di pace e di letizia.
Il corpo di Cristo è cibo vitale per noi suoi fratelli, che accostandoci alla sacra mensa, non solamente siamo a lui incorporati, ma veniamo resi partecipi della sua potenza di intercessione. In Gesù, con lui e per lui, noi offriamo al Padre in dono noi stessi quale sacrificio di lode e di espiazione, quale ostia gradita a Dio, che viene spezzata in favore di tutta l’umanità.
Alimentatevi del cibo eucaristico, che vi inserisce nella nuova alleanza e vi fa rimanere nell’amore riconciliatore e misericordioso del Redentore. In questo modo le vostre comunità parrocchiali diventeranno sempre maggiormente segno della presenza divina nel mondo, bisognoso di quella forza unitiva e riconciliatrice che si realizza nell’amore (cf. Ivi).
9. Quando Mosè, operando nel nome di Dio, riferì, dopo il suo ritorno dal monte Sinai, “al popolo tutte le parole del Signore e tutte le norme”, allora “tutto il popolo rispose insieme e disse: tutti i comandi che ha dati il Signore, noi li eseguiremo!” (Es 24, 3).
Eseguiremo: bisogna che una simile disponibilità penetri anche i vostri cuori ora che, con i lavori del Congresso eucaristico, vi sono diventate più vicine “le parole del Signore” sulla riconciliazione in Gesù Cristo. Ora che di nuovo - e ancor di più - si è svelato il mistero di questo sacramento, che è la nuova ed eterna alleanza nel corpo e nel sangue di Gesù Cristo, offerto per la salvezza del mondo.
Bisogna che tutti diventiate, ancor di più, discepoli del divino Maestro e suoi apostoli, conformemente alla “misura del dono” (Ef 4, 7) che è partecipato da ciascuno di voi.
10. Torniamo ancora una volta al Cenacolo.
Ecco, dopo aver istituito il sacramento del suo corpo e del suo sangue, il sacramento dell’amore, Gesù dice così ai suoi discepoli: “In verità vi dico che io non berrò più del frutto della vite fino al giorno in cui lo berrò nuovo nel regno di Dio” (Mc 14, 25).
L’Eucaristia è il sacramento che proclama e preannunzia il regno dei cieli. Proclama e preannunzia agli uomini la vita eterna con Dio.
Cari partecipanti al Congresso eucaristico! Auspico che si compiano su di voi - su ciascuno e su ciascuna di voi - le parole della promessa pronunziata da Cristo nel Cenacolo: che vi sia dato di mangiare e di bere dal frutto dell’eucaristia nel regno di Dio; che essa diventi in ciascuno e in ciascuna di voi il pegno della vita eterna!
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