VISITA ALLA PARROCCHIA DEI SANTI SIMONE E GIUDA TADDEO
OMELIA DI GIOVANNI PAOLO II
Domenica, 30 ottobre 1988
1. “Ascolta Israele: il Signore è il nostro Dio, il Signore è uno solo. Tu amerai il Signore tuo Dio con tutto il cuore, con tutta l’anima e con tutte le forze” (Dt 6, 4-6).
Così parla Mosé al popolo dell’antica alleanza. Queste parole riassumono tutta la fede d’Israele, e alla fede collegano strettamente il supremo principio del comportamento: la legge dell’amore di Dio sopra ogni cosa.
Questa legge è principio della vita di ogni figlio e figlia di Israele. E la loro eredità spirituale, il frutto della liberazione dalla schiavitù d’Egitto. E l’eredità della rivelazione di Dio ai piedi del monte Sinai. È il fondamento di ogni bene - anche nella vita temporale.
2. Quando a Gesù viene chiesto da uno degli scribi: “Qual è il primo di tutti i comandamenti?” (Mc 12, 28), egli risponde con le stesse parole che un tempo Mosé aveva proclamate al popolo. La stessa legge dell’amore di Dio sopra ogni cosa è pure il primo e più grande comandamento della nuova alleanza.
Questo primo e più grande comandamento implica - anzi in un certo senso include in sé - il secondo: “Amerai il prossimo tuo come te stesso”. E Cristo aggiunge: “Non c’è altro comandamento più importante di questi” (Mc 12, 31).
“Di questi”, cioè: di questi due che ne formano e costituiscono uno solo.
“Chi infatti non ama il proprio fratello che vede, non può amare Dio che non vede” così leggiamo nella prima lettera di san Giovanni (1 Gv 4, 20).
3. Le letture dell’odierna liturgia ci ricordano ciò che è fondamentale e centrale in tutta la morale cristiana.
La morale decide della forza spirituale di un uomo. L’uomo attinge questa forza spirituale da Dio, quando fa del comandamento dell’amore il principio del proprio comportamento.
Quanto espressiva è la testimonianza che ne rende il salmista nell’odierna liturgia!
“Ti amo, Signore, mia forza, Signore, mia roccia, mia fortezza, mio liberatore; mio Dio, mia rupe, in cui trovo riparo” (Sal 18 [17], 2-3).
Sì, Dio è questa “roccia”, questa “rupe” sulla quale si costruisce la forza spirituale dell’uomo. In lui l’uomo trova il riparo da tutto ciò che è contrario alla sua forza morale, da ciò che offende anche la dignità di un essere creato ad immagine e somiglianza di Dio.
L’amore è la potenza contro le debolezze, le tentazioni e i desideri che sono latenti nell’anima umana come effetto della caduta originale. L’amore è quindi la potenza dei deboli.
È la potenza che “si manifesta pienamente nella debolezza” come scrive san Paolo (2 Cor 12, 9) - e consente all’uomo di riportare le vittorie spirituali a somiglianza di Cristo.
“Se uno mi ama osserverà la mia parola”, dice Cristo agli apostoli la vigilia della sua passione. Sono parole che pronunzia e ripete anche oggi ad ogni uomo.
Allo scriba - dopo aver risposto alla sua domanda, ricordando il primato dell’amore di Dio e del prossimo - Gesù dirà: “Non sei lontano dal Regno di Dio” (Mc 12, 34).
Infatti: il Regno di Dio è un’attuazione dell’intero “ordine dell’amore”. Si potrebbe dire - utilizzando le parole pronunciate nei nostri tempi da Paolo VI - di tutta la “civiltà dell’amore”.
“Se uno mi ama . . . il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui” (Gv 14, 23). L’intero ordine dell’amore, basato sul comandamento, l’assetto dell’amore, “la civiltà dell’amore” hanno la loro radice nel cuore dell’uomo. Mediante l’amore Dio abita in questo cuore. Dio dimora in esso e plasma l’uomo dal di dentro. Dio: il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo, diventa, dal di dentro, la potenza dell’uomo, la “roccia” e la “rupe” della sua umanità.
Soltanto su tale via, l’uomo trasformato interiormente dall’amore, può rendere il mondo, in cui vive, più umano, più degno dell’uomo. Può contribuire alla “civiltà dell’amore”, che è un grande “progetto” evangelico per l’organizzazione del mondo a misura della piena dignità dell’uomo. E mediante questa, si avvicina anche il Regno di Dio: “Non sei lontano dal Regno di Dio”.
5. La parrocchia - la comunità della Chiesa - è un ambiente che deve servire a questa trasformazione salvifica. Cristo è presente in essa per rendere costantemente testimonianza al primato dell’amore di Dio e del prossimo.
Fu appunto questo amore cristiano a muovere lo zelo dei due apostoli Simone e Giuda Taddeo, che voi venerate come patroni della vostra comunità parrocchiale. Sull’esempio del Signore Gesù, che li aveva chiamati alla sua sequela, essi non dubitarono di versare il proprio sangue e di dare la propria vita per i fratelli, per recare il dono della fede in Paesi lontani e sconosciuti: a questo vertice di eroismo arriva l’amore evangelico, divenuto il segno distintivo del discepolo di Cristo!
6. Con questi pensieri che ci provengono dalla liturgia di questa domenica e, in particolare, dalle figure intrepide ed affascinanti dei due apostoli, desidero esprimere insieme col Cardinale Vicario, Ugo Poletti, e col Vescovo ausiliare del settore est, monsignor Giuseppe Mani, a tutti voi qui presenti i miei saluti più cordiali. Saluto i sacerdoti, a cui è affidata la cura pastorale di Torre Angela: il parroco, don Carlo Motta, e i suoi zelanti collaboratori
Conosco l’impegno di questa comunità parrocchiale per la catechesi, articolata in varie forme; per la vita liturgica, particolarmente sentita e curata; per la promozione umana e sociale, in cui tanti laici danno esempio di dedizione e di generosità nell’assistere gli anziani, che vivono nella solitudine; gli ammalati e gli handicappati.
So anche che la parrocchia dedica assistenza ai nomadi di passaggio a Roma; ai giovani irretiti dall’uso della droga, alle famiglie prive di una casa dignitosa e sicura.
Con tante forze operanti e tante possibilità, in una zona che conta circa 40.000 abitanti, è chiaro che la vostra parrocchia è chiamata ad essere una “comunità aperta”, posta, cioè, in atteggiamento di disponibilità generosa verso tutti coloro che fanno ricorso al vostro aiuto. Vi invito ad accentuare questo impegno di animazione cristiana e di promozione umana. Non ponete mai un limite ai risultati raggiunti, ma ispirate sempre la vostra condotta agli esempi dei vostri patroni, gli apostoli san Simone e san Giuda Taddeo, che seppero spendere tutte le loro energie per la causa del Regno di Dio.
In preparazione poi all’Avvento, ormai vicino, accentuate sempre di più in voi l’impegno della conversione del cuore, che attira in modo speciale i doni della divina misericordia, e che si esprime in modo speciale in una fervorosa pratica del sacramento della Riconciliazione. Per questo non posso non incoraggiare ogni piano pastorale, che prevede una maggiore disponibilità da parte dei sacerdoti ad ascoltare le confessioni dei fedeli. Si tratta del sacramento del perdono divino, nel quale è possibile compiere una preziosa esperienza della grazia che ci salva.
7. La parola dell’odierna liturgia ci ha introdotti nel centro stesso dell’alleanza con Dio. Il comandamento dell’amore è un principio di quest’alleanza. Cristo è il suo patrocinatore, il suo compimento. È il suo sacerdote. È questo sacerdote unico, come leggiamo nella lettera agli Ebrei: “santo, innocente, senza macchia, separato dai peccatori (cioè dal peccato) e che nello stesso tempo ha offerto se stesso per i peccati e per i peccatori” (cf. Eb 7, 26-27).
Ha offerto se stesso una volta per tutte sulla croce. E si offre continuamente nell’Eucaristia. Egli, “il Figlio che è stato reso perfetto in eterno” (Eb 7, 28). Egli, “elevato sopra i cieli”, è sempre vivo per intercedere a nostro favore (cf. Eb 7, 25-26).
Il suo sacerdozio non tramonta mai. E salva perfettamente quelli che si accostano a Dio.
Ricordiamo tutto questo ora, mentre ci è dato partecipare al sacrificio di Cristo nell’Eucaristia.
È il sacrificio dell’alleanza: nuova ed eterna. In esso trova la sua realizzazione definitiva la legge dell’amore di Dio e del prossimo.
Mediante questo sacrificio ci avviciniamo al Regno di Dio in mezzo a tutte le vicende della nostra esistenza terrena. In virtù di tale sacrificio tutto il creato viene restituito a Dio Creatore e Padre, affinché l’amore rivelato nella creazione e nella redenzione trovi risposta nei cuori umani e nella comunità della Chiesa-Popolo di Dio.
Così sia!
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