VISITA PASTORALE IN FRIULI-VENEZIA GIULIA
CONCLUSIONE DEL IV CONGRESSO EUCARISTICO DELLA DIOCESI DI UDINE
OMELIA DI GIOVANNI PAOLO II
Udine - Domenica, 3 maggio 1992
1. “Bisogna obbedire a Dio piuttosto che agli uomini . . .” (At 5, 29). Così risposero Pietro e gli Apostoli ai rappresentanti del Sinedrio, che volevano proibire loro di insegnare nel nome di Gesù. La Chiesa, nell’odierna liturgia, non solo ricorda questi eventi degli Atti degli Apostoli, che riguardano l’inizio dell’annuncio del Vangelo, ma li rivive. Essi sono diventati la chiave del nostro annuncio e costituiscono per noi, come anche per gli Apostoli, la ragion d’essere della missione di testimoni di Cristo. La Chiesa medita sull’atteggiamento di Pietro e degli altri Apostoli i quali, di fronte al Sinedrio, capirono di non poter rispondere che con un coraggioso rifiuto: “Bisogna obbedire a Dio piuttosto che agli uomini” (At 5, 29); bisogna rendere testimonianza alla verità. E la verità su Gesù Cristo era ed è questa: “Il Dio dei nostri padri ha risuscitato Gesù, che voi avevate ucciso appendendolo alla croce” (At 5, 30). Ecco il Cristo: Egli è “l’Agnello che fu immolato” (Ap 5, 12), come scrive Giovanni nell’Apocalisse; l’Agnello di Dio “che toglie il peccato del mondo”, come già presso il Giordano aveva profetizzato Giovanni Battista (Gv 1, 29). Questo Cristo “Dio lo ha innalzato con la sua destra, facendolo capo e salvatore, per dare ad Israele la grazia della conversione e il perdono dei peccati” (At 5, 31). Sì, Dio lo ha innalzato! L’innalzamento sulla croce è stato l’inizio dell’innalzamento voluto da Dio quale definitiva espressione della verità sul Messia-Salvatore e sulla salvezza. Per questo tutto il creato annunzia la gloria dell’Agnello, la gloria del Redentore del mondo. L’intende così l’autore dell’Apocalisse, quando sente proclamare la grande voce cosmica della gloria: “All’Agnello lode, onore, gloria e potenza, nei secoli dei secoli” (Ap 5, 13).
2. “E di questi fatti siamo testimoni - continuano gli Apostoli, parlando al Sinedrio - noi e lo Spirito Santo, che Dio ha dato a coloro che si sottomettono a Lui” (At 5, 32). La testimonianza è obbedienza alla verità; è obbedienza a Dio, che nella verità si è rivelato all’uomo. La testimonianza degli uomini che hanno visto, udito e perfino toccato con le proprie mani il mistero di Dio, acquista definitiva potenza grazie alle Spirito Santo, il quale dal giorno della Pentecoste opera nella Chiesa, fondata sugli Apostoli. Le letture bibliche di questa domenica ci ricordano, in modo particolare, la forza di tale testimonianza, che giustifica e fonda la missione della Chiesa in ogni epoca, lungo tutte le generazioni. Nel nostro secolo, in molti punti della vecchia Europa e del resto della terra, si è cercato di soffocare la voce di questa testimonianza: “Vi avevamo . . . ordinato di non insegnare più” (At 5, 28). Si sono applicati metodi, di cui solo ora veniamo ad avere informazioni più precise. Altrove, invece, col pretesto di rispettare la lettera della libertà di religione, si continua a fare del tutto perché diventi privo d’importanza e superfluo ogni annuncio della fede. Si impone un sistema di vita “come se Dio non esistesse” . . ., come se Cristo non fosse risorto, come se Cristo non avesse redento l’uomo.
3. La lunga tradizione religiosa della vostra terra, invece, carissimi fratelli e sorelle dell’Arcidiocesi di Udine, è caratterizzata dal desiderio di testimoniare la verità, in obbedienza “a Dio piuttosto che agli uomini”. Anzi, questo ha costituito in passato il vanto e il sostegno della gente del Friuli. Nei momenti della prova - come, ad esempio, durante il terremoto del 1976, che ha causato vittime umane e ingenti danni materiali - voi avete trovato l’energia necessaria per non soccombere proprio nell’attaccamento sincero ai valori morali. Non avete mai soffocato la voce di questa testimonianza. Carissimi, la fede cristiana continui ad essere la vostra fondamentale risorsa spirituale. Di fronte alle sfide dell’attuale momento storico, sentite viva l’esigenza di salvaguardare il ricco patrimonio evangelico che è alla base della vostra tradizione friulana. La sciagura del sisma vi ha dato modo di sperimentare quanto sia importante lavorare uniti, come in una famiglia, e crescere nello spirito della fattiva condivisione e della solidarietà cristiana.
4. Con tali spirituali sentimenti mi è gradito porgere, nel corso di questa solenne concelebrazione eucaristica, un cordiale saluto a ciascuno di voi, cominciando dai Presuli presenti e in special modo dal vostro Pastore, il carissimo Monsignor Alfredo Battisti, che ringrazio per le cortesi espressioni di benvenuto pronunciate all’inizio della Santa Messa. Saluto il Cardinale Eduardo Pironio la cui famiglia trae le sue origini da questa terra. Saluto gli Arcivescovi e i Vescovi presenti, i Sacerdoti, i Religiosi e le Religiose, gli operosi laici impegnati nelle molteplici attività catechetiche, educative e caritative della Diocesi. Rivolgo un deferente pensiero alle Autorità amministrative, politiche e militari, che hanno voluto condividere con noi questo momento di preghiera. Ricordo, inoltre, gli ammalati, i sofferenti nel corpo e nello spirito, coloro che non hanno potuto essere fisicamente presenti in questo stadio e che ci seguono attraverso la radio e la televisione. Penso, poi, con affetto ai giovani, speranza della vostra fervente Comunità e ai Friulani che vivono fuori della Regione. E come non ricordare gli immigrati, qui giunti da Nazioni talora molto povere nella speranza di procurarsi i mezzi necessari per una vita meno stentata e precaria? Un tempo, anche taluni di voi hanno sperimentato il disagio del vivere lontani da casa, in un contesto umano diverso e non sempre totalmente accogliente. Ora tocca a voi cercare di comprendere le esigenze di questi fratelli e offrire loro un aiuto concreto. Saluto in particolare voi, care famiglie, che costituite la struttura portante della società e della Chiesa. A voi sono rivolte le premure pastorali della Diocesi, seriamente impegnata in un itinerario formativo che punta a mettere in luce la vocazione peculiare della famiglia cristiana in ordine alla nuova evangelizzazione.
5. Per secoli la famiglia cristiana è stata custode e veicolo dei valori religiosi che hanno contrassegnato la vostra cultura, contribuendo a temprare il carattere del popolo friulano e a difenderne l’esistenza nelle alterne vicende della storia. La fede che ha sostenuto i vostri avi ci riunisce questa sera attorno all’altare. “Una famiglia, una Chiesa”, non è questo il motto del quarto Congresso Eucaristico Diocesano, che proprio oggi si conclude? Sono trascorsi venti anni da quando il mio predecessore, il Papa Paolo VI, venne ad Udine, in occasione del Congresso Eucaristico Nazionale, che aveva per tema: “Eucaristia e Chiesa locale”. Tra questi due solenni Congressi ecclesiali esiste una provvidenziale continuità. Il Sacramento eucaristico che costruisce l’unità della Chiesa, “Corpo mistico di Cristo”, costruisce pure l’unità della famiglia, “piccola Chiesa domestica”, nella quale coloro che si sposano in Cristo, “non sono più due, ma una sola carne” (Mt 19, 6). Ben a ragione, pertanto, è stato scelto il tema della famiglia per il piano pastorale diocesano, a seguito del quinto Sinodo Udinese, conclusosi dopo un cammino sinodale di cinque anni dal 1983 al 1988.
6. Famiglie friulane, non abbiate paura di essere cristiane! Anzi, siate orgogliose delle vostre radici religiose, della vostra consistenza cristiana. Rimanete salde nella fede che avete ereditato dai vostri padri e che sta alla base dei valori tipici del Friuli: l’amore alla casa, l’educazione dei figli, la cura degli anziani, l’impegno nel lavoro, l’amore alla vostra terra, alla vostra cultura, alla vostra lingua, alle vostre tradizioni. Solo Dio può garantire un futuro alle famiglie: “Se il Signor nol tire su le cjase, a lavorin dibant i muradors” (Sal 127, 1). Non essendo sicuro del mio friulano, lo ripeto ancora in italiano: “Se il Signore non costruisce la casa, invano vi faticano i costruttori”. Riscoprite ciò che Dio dice di voi, care famiglie friulane, ciò che siete per Lui. Apprendetelo mettendovi in ascolto della sua Parola. Riscoprite il dono di amarvi nel vincolo sacro del matrimonio. Non private il Friuli del potenziale immenso di bene, di cui siete depositarie. Amate il vostro focolare domestico; siate gelose del “fogolar furlan”, perché il Friuli sia vivo. Voi siete le prime, vivificanti cellule da cui partire per ritessere rapporti di autentica umanità nella vita sociale. Famiglie friulane, ritornate all’Eucaristia, per riscoprire in questo mistero di amore la sorgente e il modello dell’amore coniugale e familiare e il valore della vita. Nella luce dell’Eucaristia e con la forza di questo sacramento voi potrete realizzare il progetto evangelico della famiglia: una famiglia che fa sua la “logica del dono”, della fedeltà coniugale, della solidarietà e della sobrietà e soprattutto che rimane aperta alla vita. Friulani, tornate alla vita, amate la vita, aprite le vostre case alla vita. Crescete in esse come in “piccole chiese”, in “chiese domestiche”, dove si prega insieme, dove i figli sono formati alla vita cristiana con la parola e l’esempio dei genitori, dove ci si educa l’un l’altro all’autentica libertà, al sacrificio, al servizio reciproco. Se sarete animati da questo spirito di fede, di carità, di pietà, i vostri figli potranno vivere una vera esperienza vocazionale e aprirsi alla vita con fiducia e con speranza. Tra voi torneranno anche a fiorire numerose le vocazioni alla vita consacrata e al sacerdozio. Friulani, costruite la vostra comunità ecclesiale e sociale come “famiglia di famiglie”: crescete nella reciproca solidarietà, soprattutto per sostenere i coniugi in difficoltà. Assumete le vostre responsabilità dentro la comunità parrocchiale, come protagonisti dell’azione pastorale. Svolgete la vostra missione nella comunità degli uomini: custodite, rivelate e comunicate l’amore che vi è stato dato in dono, “quale riflesso vivo e reale partecipazione dell’amore di Dio per l’umanità e dell’amore di Cristo per la sua Chiesa” (Familiaris consortio, 17).
7. Fratelli e sorelle dell’Arcidiocesi di Udine, il Signore vi chiede ancor oggi di gettare con fiducia la rete per un’abbondante pesca spirituale. È lui, è il Signore! Riconoscetelo presente nell’Eucaristia, come avete avuto occasione di fare solennemente durante questo vostro Congresso Eucaristico. Riconoscetelo nelle vostre famiglie, santificate dal sacramento del matrimonio. Non restino prive di frutti le riflessioni che avete sviluppato sul significato, sul valore, sulla grazia della sua presenza nella “Chiesa domestica”. Sia il mistero della divina carità a sostenere il bene incalcolabile dell’amore, a santificarlo, a disporlo al riconoscimento della vocazione coniugale, dono di Dio e missione che impegna l’umana esistenza. L’Eucaristia sostiene il sacramento coniugale, lo genera e lo alimenta, assumendo nell’amore divino la ricchezza dell’amore umano. Amatevi “come Cristo ha amato la Chiesa e ha dato se stesso per lei” (Ef 5, 27): questo è il programma e il dono del Signore. In tal modo la vostra Comunità ecclesiale, in virtù dello Spirito di verità, potrà rimanere salda nella testimonianza degli Apostoli, continuando a proclamare la verità che salva: Cristo, Redentore dell’uomo, sempre presente nella sua Chiesa. Questa sera, a conclusione del Congresso Eucaristico Diocesano, Cristo ci ripete quanto disse agli Apostoli sulla riva del lago: “Venite a mangiare”. Andiamo dunque, e, come allora i discepoli, anche noi confessiamo che egli “è il Signore!”. Apriamo a Cristo il nostro cuore, le nostre famiglie, l’intera società. Egli è il Signore della vita. Lasciamo che egli viva in noi! Amen!
Al termine della celebrazione eucaristica, il Papa rivolge ai numerosi fedeli presenti espressioni di saluto in italiano, in friulano e in sloveno. Queste le sue parole.
In italiano:
Fratelli e sorelle friulani, concludendo con questa celebrazione eucaristica il Congresso Eucaristico diocesano di Udine, concludo anche la mia visita pastorale nella vostra terra. Voglio, insieme con voi, ringraziare la Provvidenza che ci ha condotto, guidato attraverso queste terre durante gli ultimi giorni, cominciando da Aquileia, perché Aquileia è la Chiesa Madre di tutte queste Chiese della vostra terra. Ho fatto una visita alle diverse diocesi, dopo Aquileia a Concordia-Pordenone, a Trieste, a Gorizia, a Udine, ma sempre rimanendo dentro la Casa della Madre comune, che era il Patriarcato di Aquileia, Chiesa Madre che rispecchia in sé in modo speciale questa maternità della Chiesa, che è maternità universale di tutto il Popolo di Dio. Ringraziamo tutti quelli che ci hanno invitati, che hanno lavorato per la preparazione e per la realizzazione di questa opera apostolica, la visita pastorale del Papa.
Ringraziamo i Confratelli nell’Episcopato, ringraziamo tutti i sacerdoti, ringraziamo in modo speciale le suore, le religiose di ogni Diocesi, e specialmente qui nell’Arcidiocesi di Udine. Rimango con un nuovo tesoro nel mio cuore, perché la Chiesa in ogni sua dimensione, dovunque e dappertutto è un tesoro, è un mistero: mistero di Dio che vuol essere fra noi e con noi e per noi, suo mistero che noi viviamo insieme soprattutto celebrando l’Eucaristia ma anche al di fuori dell’Eucaristia, celebrando la Chiesa nelle sue diverse dimensioni della Chiesa universale, attraverso la Chiesa diocesana fino alla Chiesa domestica, e poi scendendo in questa Chiesa intima che è ciascuno di noi, nel suo cuore, nel suo essere spirituale abitato e santificato dallo Spirito Santo. Ecco la Chiesa! Io ringrazio la Santissima Trinità per averci di nuovo avvicinato al mistero della Chiesa in questa sua specifica dimensione friulana. E poi dobbiamo ancora ringraziare le circostanze atmosferiche: le previsioni erano piuttosto cattive, pessimistiche, invece la realtà si è mostrata diversa, finora . . . Ringraziando le condizioni atmosferiche, ringraziamo anche la Provvidenza. E ringraziandoci tutti insieme reciprocamente, ringraziamo lo stesso Signore che opera in noi e attraverso di noi tutto il bene, anche questo bene del Congresso Eucaristico, anche questo bene della visita pastorale del Papa.
In friulano:
Fratelli friulani, vi saluto nella vostra lingua materna e vi invito a conservare, con le tradizioni, la fede cristiana e i valori del vostro focolare e a farli crescere nel cuore dei vostri figli.
In sloveno:
Saluto cordialissimamente i fedeli di lingua slovena di questa Arcidiocesi. Gioisco con voi perché avete conservato nei vostri cuori la fede che vi è stata annunciata nei tempi antichi del Patriarcato di Aquileia.
Al termine della Santa Messa nello Stadio Friuli Giovanni Paolo II saluta nella sagrestia i numerosi sacerdoti concelebranti. Ad essi il Papa rivolge le seguenti parole.
Vi ringrazio per questa concelebrazione, che prolungava nella dimensione friulana quello che è ogni Giovedì Santo per noi a Roma e in tutta la Chiesa, in ogni Chiesa regionale, in ogni Chiesa diocesana.
Vi auguro di continuare con gioia questa missione che è friulana, ma anche universale, perché così insegna il Concilio Vaticano II. Non solamente ogni Vescovo ha la sua missione universale, ma anche ogni sacerdote. Vuol dire che quello che fa in una determinata comunità lo fa nello stesso tempo per tutta la Chiesa; e quello che fa un sacerdote nella sua parrocchia, nel suo ambiente, si ripercuote in tutta la Chiesa. E qualche volta si ripercuote in modo stupendo: basta ricordare un sacerdote come il Curato d’Ars. Ma ce ne sono tanti altri, anche qui non mancano anche fra voi: ho visto questa Casa dell’Immacolata . . .
Vi auguro di trovare e di offrire nella vostra vita sacerdotale questa gioia pasquale, questo “Alleluia” che è la parola breve; gli Ortodossi russi hanno . . . [due parole in cirillico]! Probabilmente anche i nostri fratelli sloveni hanno una parola simile.
Allora vi auguro questa gioia pasquale, perché ogni giorno è Pasqua quando noi celebriamo l’Eucaristia, quando celebriamo la Chiesa che da questa Eucaristia nasce e a questa Eucaristia ritorna. Ogni giorno è Pasqua, anche se qualche volta lo stesso giorno è Venerdì Santo. Ripetete questi miei auguri, questo abbraccio a tutti i vostri confratelli.
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