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PELLEGRINAGGIO APOSTOLICO IN SLOVACCHIA

CONCELEBRAZIONE EUCARISTICA NEI PRESSI
DEL SANTUARIO DEDICATO AL MISTERO DELLA VISITAZIONE

OMELIA DI GIOVANNI PAOLO II

Levoča (Slovacchia) - Lunedì, 3 luglio 1995

 

1. “E beata colei che ha creduto” (Lc 1, 45).

Il santuario di Levoca è dedicato al mistero della visitazione, il secondo mistero gaudioso che meditiamo oggi, istruiti dal Vangelo di san Luca. Ecco: Maria dopo l’annunciazione andò a trovare Elisabetta, sua parente, nella casa di Zaccaria. Elisabetta era stata scelta come madre di Giovanni il Battista, colui che doveva preparare la venuta del Messia. L’incontro in quella casa è dunque non soltanto l’incontro di due madri, ma in un certo senso anche l’incontro di due figli. Lo esprime chiaramente Elisabetta al momento del saluto: “A che debbo – dice – che la madre del mio Signore venga a me? Ecco, appena la voce del tuo saluto è giunta ai miei orecchi, il bambino ha esultato di gioia nel mio grembo” (Lc 1, 43-44). Così dunque non è soltanto Elisabetta a salutare Maria; in lei, anche Giovanni saluta Gesù, che Maria porta nel suo grembo fin dal momento dell’annunciazione.

“Benedetta tu fra le donne, e benedetto il frutto del tuo grembo!” (Lc 1, 42). Le parole di Elisabetta ci sono ben note. Le recitiamo tante volte nel Saluto dell’Angelo: “Ave, o Maria, piena di grazia, il Signore è con te. Tu sei benedetta fra le donne e benedetto è il frutto del tuo seno, Gesù”. Si può dire che queste parole racchiudono tutto il Vangelo della Visitazione, che è un particolare contenuto della nostra fede. Oggi vengo a Levoca proprio nello spirito del mistero della Visitazione. E voi, giunti qui in pellegrinaggio da Spis e da tutta la Slovacchia, vi prostrate ai piedi della Vergine proprio nello spirito del Vangelo della Visitazione.

2. Ricordo bene che cosa rappresentò per la mia Patria questo Vangelo della Visitazione, al tempo della coraggiosa resistenza al sistema materialista marxista. Allora, per iniziativa dell’Episcopato polacco sollecitato dal Cardinale Wyszynski, la notissima e venerata effigie della Santa Madre di Dio di Jasna Gora partì da Czestochowa per visitare tutte le parrocchie e le comunità polacche. Questo pellegrinaggio della Vergine durò quasi venticinque anni. Lungo il tragitto, ci furono vari tentativi per rendere impossibile questa “visitazione”, mediante il sequestro dell’Immagine ed il suo “confinamento” a Jasna Gora. In pellegrinaggio fu portata allora la cornice dell’Immagine, e l’eloquenza di quella cornice vuota fu in un certo senso maggiore, poiché parlava molto di più a quanti la vedevano. In modo evidente essa sottolineava la mancanza di libertà religiosa, libertà alla quale la nazione aveva invero diritto. Così il Vangelo della Visitazione si inscrisse nella mia memoria e nel mio cuore, e oggi sono venuto a darvene testimonianza proprio qui a Levoca, perché anche voi rammentiate quei tempi di oppressione. I più anziani certamente ricordano le venerande figure del Vescovo Ján Vojtassák e del Vescovo Pavol Gojdic, entrambi rinchiusi in prigione, a seguito di pseudo-processi. Essi oggi meritano che venga istruito il processo ecclesiastico di beatificazione perché hanno reso una testimonianza di fedele servizio alla Chiesa in Slovacchia.

3. “E beata colei che ha creduto”.

Ancor prima che Maria possa raccontare l’evento dell’annunciazione, Elisabetta la previene esclamando: “Beata colei che ha creduto nell’adempimento delle parole del Signore” (Lc 1, 45). Sì, Elisabetta si riferisce all’annunciazione. Maria è venuta da lei per raccontare alla cugina più anziana ciò che ha misteriosamente sperimentato a Nazaret. Ma Elisabetta, illuminata dallo Spirito Santo, le riconosce, prima ancora che parli, l’atto di fede compiuto e la chiama “beata” per il “fiat” pronunciato.

Nell’annunciazione in un certo senso è contenuto l’intero Vangelo. Mentre ode il saluto di Elisabetta, Maria ha ben presente l’evento accaduto a Nazaret: l’evento che ha dato inizio alla Nuova Alleanza di Dio con gli uomini. “Ti saluto, o piena di grazia, il Signore è con te” (Lc 1, 28): ogni parola del celeste messaggero portava l’annuncio di un nuovo inizio del rapporto di Dio con gli uomini. Allo stesso tempo, però, quelle parole costituivano soltanto l’introduzione a quanto Maria ascolta ora dalle labbra della cugina: “Benedetta tu fra le donne” (Lc 1, 42).

Secondo la Scrittura, Maria, la sposa di Giuseppe “il carpentiere”, rimane vergine col proposito di conservare tale verginità insieme con il suo sposo. E perciò interroga l’angelo: “Come è possibile? Non conosco uomo” (Lc 1, 34). Il messo divino le spiega: “Lo Spirito Santo scenderà su di te, su te stenderà la sua ombra la potenza dell’Altissimo. Colui che nascerà sarà dunque santo e chiamato Figlio di Dio” (Lc 1, 35). L’angelo spiega a Maria in quale modo diverrà madre, pur rimanendo vergine: avverrà per opera dello Spirito Santo. Grazie a questa soprannaturale fecondità divina, il Figlio di Dio consostanziale al Padre, Dio da Dio e Luce da Luce, Verbo eterno del Padre, diventerà, nel suo grembo, il Figlio dell’uomo.

Un tempo Abramo credette a Dio ed accolse la sua chiamata, dando così inizio al grande patrimonio della fede rivelata. Ora, al momento dell’annunciazione, Maria crede alle parole del messo divino e dà inizio ad un nuovo patrimonio di fede, nel quale l’antico è assunto e portato a compimento.

4. Il nuovo patrimonio di fede, il patrimonio nuovo ed eterno del mistero pasquale, il patrimonio di Cristo crocifisso e risorto, mostra una nuova profondità della fede. Quando gli Apostoli riuniti nel cenacolo vedono Cristo dopo la resurrezione, lo riconoscono e credono in Lui. Tommaso, uno di loro, è però assente. Non vuole dar ascolto ai suoi fratelli che l’assicurano di aver visto il Cristo. “Se non vedrò – non crederò” (cf. Gv 20, 25). E dopo otto giorni il Risorto, tornato in mezzo a loro, ordina a Tommaso di toccare le sue ferite. Solo allora Tommaso cade in ginocchio e confessa: “Mio Signore e mio Dio” (Gv 20, 28). Rispondendogli, Cristo dice: “Perché mi hai veduto, hai creduto: beati quelli che pur non avendo visto crederanno!” (Gv 20, 29).

Dalla benedizione della fede di Maria si schiude la prospettiva espressa dalle parole di Cristo all’apostolo Tommaso: “Beati quelli che pur non avendo visto crederanno”. Non hanno visto, ma hanno accolto la testimonianza di coloro che avevano visto – cioè la testimonianza degli Apostoli e della Chiesa. E incessantemente l’accolgono. Essi accettano anche la testimonianza della Madre di Cristo, la quale anche oggi racconta le grandi opere di Dio, annunciando il Cristo agli uomini di tutti i tempi. Un luogo nella Slovacchia, dove Maria rende questa testimonianza, è certamente questo santuario di Levoca.

Siamo la generazione del ventesimo secolo che volge ormai al termine. Dobbiamo riconoscere che il perdurare della fede in questa regione è dovuto anche alla testimonianza di questo santuario. Degli uomini e delle donne della presente generazione potremmo dire di più. Non soltanto “non hanno visto ma hanno creduto”; essi sono rimasti saldi nella fede, nonostante si sia fatto di tutto per distoglierli. Questa generazione ricorda come con vari mezzi, spesso indegni, si è tentato di privare le persone della loro fede, di costringerle all’ateismo, di allontanarle dalla Chiesa e dalla pratica religiosa.

5. Può l’uomo accettare come verità l’esistenza di un Dio invisibile? È una questione sempre attuale, che acquista una particolare intensità nei periodi in cui l’ateismo diventa il programma della vita pubblica, dell’educazione, dei mezzi di comunicazione. Allora l’uomo deve nuovamente e ancor più profondamente riflettere sulla questione dell’esistenza di Dio. Deve ancora una volta rifare il cammino razionale di cui parla, nel Nuovo Testamento, la Lettera di san Paolo ai Romani: “Infatti, dalla creazione del mondo in poi, le sue (di Dio) perfezioni invisibili possono essere contemplate con l’intelletto nelle opere da Lui compiute, come la sua eterna potenza e divinità” (Rm 1, 20). L’uomo può giungere a conoscere l’invisibile Creatore contemplando la creazione visibile. Il libro della Sapienza nell’Antico Testamento annuncia la stessa verità, rimproverando gli uomini che “dai beni visibili non riconobbero colui che è, non riconobbero l’artefice, pur considerandone le opere” (Sap 13, 1).

All’uomo di oggi capita talvolta che le opere della creazione, e più ancora quelle delle sue mani, invece di aiutarlo in questa ascesa verso il Creatore, lo inceppino e lo inducano ad un atteggiamento che lo lega esclusivamente ai beni della terra, facendogli dimenticare Dio: “Viviamo come se Dio non esistesse”. È un pericolo che incombe specialmente sulle società ricche e secolarizzate.

Di fronte a tutte le forme del vecchio o del nuovo ateismo si presenta Cristo, che rende la più autentica testimonianza a Dio come Padre: al Padre che ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito (cf. Gv 3, 16). I santuari mariani sono luoghi nei quali la testimonianza di Cristo diventa particolarmente efficace. Certamente a questo santuario di Levoca molti figli e figlie della terra slovacca devono il fatto che la verità su Dio e la fede in Lui si siano mantenute vive nel loro cuore.

6. Occorre, pertanto, che qui, insieme alla Madre di Dio, eleviamo quello splendido inno di lode, cantato quotidianamente da tutta la Chiesa. “L’anima mia magnifica il Signore e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore [...] Grandi cose ha fatto in me l’Onnipotente e santo è il suo nome: di generazione in generazione la sua misericordia si stende su quelli che lo temono” (Lc 1, 46-50). Se tutte le generazioni benedicono Maria, la benedizione indirizzata alla sua persona si trasforma sempre in un inno di lode al Creatore. Maria è la creatura più bella apparsa sulla terra in tutti i tempi. E se tutte le creature proclamano la gloria di Dio, quanto più proclama questa gloria colei che la Chiesa chiama Regina del cielo e della terra! Tutta la creazione annunzia la gloria di Dio per mezzo di Lei, con la sua bocca e con il suo cuore. Il suo inno di lode è il Magnificat, e qui, a Levoca, come a Sastin, questo inno di lode viene cantato dall’intera Slovacchia. Questo è il luogo in cui “attingere acqua alle sorgenti della salvezza” (cf. Is 12, 3). Questo è il luogo in cui voi potete rinascere spiritualmente. Qui venite per rigenerare il vostro amore per Dio e per gli uomini. Ed inoltre, in questo luogo, in modo particolare, vi state preparando per entrare nel Terzo Millennio del Cristianesimo. Nella notte di Natale dell’anno 2000 risuoneranno dappertutto canti di gioia. Saluterete Cristo nato a Betlemme, come lo salutarono una volta i pastori e i saggi dell’Oriente: “Ave Gesù, Figlio di Maria”!

Vi guidi la Vergine Santa a quello storico traguardo! Ravvisi nei vostri cuori la fede, così che ciascun figlio di questa terra possa riconoscere in Cristo il proprio Redentore e in Lui trovare salvezza.

Sia lodato Gesù Cristo.  

Al termine della solenne Concelebrazione Eucaristica, alla presenza di oltre un milione di fedeli slovacchi e polacchi, il Santo Padre ha salutato i suoi connazionali ed ha rivolto queste parole a tutti i partecipanti all’incontro di preghiera sulla collina del Santuario:  

Fratelli e Sorelle,

Siete stati forti, carissimi, e questa è la forza che viene da Dio, contro la quale gli uomini non possono far nulla.

Grazie a questa forza, che è frutto della fede, grazie a questa convinzione, voi siete quello che siete. Questo è il fondamento della vostra identità e della vostra perseveranza.

Insieme ai vostri Vescovi offro tutta la vostra cara Slovacchia a Dio. Il vostro passato, la vostra lingua, la vostra storia. In Dio è ancorata la vostra sicurezza. Questa è anche la strada sulla quale dovete camminare nel prossimo futuro, in ogni campo della vostra vita e della vostra attività. Così anche nel vostro personale sforzo: nelle famiglie, nelle piccole comunità, nell’intera vita nazionale; ed anche nelle attività che riguardano i beni materiali, il benessere, e ogni attività economica, sociale e politica.

Il mio pellegrinaggio in Slovacchia volge al termine. Vi ringrazio per la testimonianza di fede che mi avete dato e che mi porto nel cuore fino a Roma.

Ringrazio i Vescovi, i sacerdoti, i religiosi e tutti i fedeli. Ringrazio i pubblici amministratori con a capo il signor Presidente della Repubblica, il signor Primo Ministro. Ringrazio tutti coloro che si sono impegnati perché questo viaggio potesse avere successo.

Rendiamo grazie a Dio.

 



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