VISITA PASTORALE ALLA PARROCCHIA ROMANA
DI SAN GIROLAMO EMILIANI
OMELIA DI GIOVANNI PAOLO II
Domenica, 1° dicembre 1996
1. Regem venturum, Dominum, venite adoremus! Con questa esortazione, la liturgia dell’Avvento ci introduce quotidianamente nel mistero di Dio che viene. Essa parla di una prima e seconda venuta di Cristo: la prima nella notte di Betlemme, quando il Figlio di Dio si fece uomo e nacque dalla Vergine Maria; la seconda si avrà nel giudizio finale. Col tempo, la riflessione ecclesiale sulla venuta di Dio nel mondo si è ulteriormente ampliata, ed ha riconosciuto una prima venuta nella creazione all’inizio dei tempi, ed una seconda nell’Incarnazione per la redenzione del mondo.
Sia il primo che il secondo avvento si sono già realizzati; viviamo, invece, in attesa della terza venuta di Cristo, in cui la creazione e la redenzione troveranno il loro definitivo compimento. Colui che una volta per sempre ha redento il mondo, deve realizzare la grande ricapitolazione del creato, e, prima di tutto, della storia dell’uomo, per condurre ogni realtà verso quella pienezza che può trovarsi solo in Dio. Regem venturum, Dominum, venite adoremus!
2. Il profeta Isaia, nella prima Lettura dell’odierna liturgia, annunzia tale venuta in modo in un certo senso sconvolgente: “Perché, Signore, ci lasci vagare lontano dalle tue vie e lasci indurire il nostro cuore, così che non ti tema?... Se tu squarciassi i cieli e scendessi! Davanti a te sussulterebbero i monti... Ecco, tu sei adirato perché abbiamo peccato contro di te da lungo tempo e siamo stati ribelli. Siamo divenuti tutti come una cosa impura e come panno immondo sono tutti i nostri atti di giustizia: tutti siamo avvizziti come foglie, le nostre iniquità ci hanno portato via come il vento” (Is 63, 17.19b; 64, 4-5).
È difficile non cogliere l’eloquenza straordinaria di questo testo penetrante che contiene, in un certo senso, tutta la teologia dell’Avvento. Il Profeta si rivolge a Dio Creatore a nome dell’intero creato; parla a nome dell’uomo, di questo singolare essere creato ad immagine e somiglianza di Dio, che è cosciente dei doni ricevuti ma anche della propria peccaminosità e della deformazione in lui operata dal peccato.
Questa consapevolezza pone in luce il profondo bisogno di salvezza che è nel cuore dell’essere umano. Il grido per la venuta di Dio è, dunque, il grido di attesa del Salvatore. A pronunciarlo è il Profeta, consapevole della fondamentale verità dell’Avvento. Egli conosce il mistero della creazione e dell’elevazione dell’uomo, conosce la sua dignità, ma non dimentica la realtà del suo peccato.
Isaia crede che Dio vuole salvare l’uomo; non vuole lasciarlo nel peccato e nella situazione di lontananza, conseguita alla caduta originale; Dio vuole venire incontro all’uomo come Salvatore. È lo stato d’animo espresso dall’odierno canto al Vangelo: “Mostraci, Signore, la tua misericordia e donaci la tua salvezza” (Sal 84[85], 9).
3. Carissimi Fratelli e Sorelle della parrocchia di san Girolamo Emiliani! Ieri sera, nella Basilica di san Pietro, ho avuto la gioia di inaugurare la fase preparatoria al grande Giubileo del Duemila. E sono lieto di potermi incontrare questa mattina con la vostra parrocchia che, insieme con tuta la Diocesi, si sta preparando a quell’evento mediante la grande missione cittadina. Attuando le indicazioni scaturite dal recente Sinodo diocesano, la missione cittadina vuole aiutare i romani ad aprire, anzi a spalancare le porte del cuore e della vita a Cristo.
So che sono già oltre diecimila gli uomini e le donne, i giovani e gli anziani che, nel contesto della missione, stanno preparandosi per recarsi nelle case e negli ambienti della Città al fine di annunciare il Vangelo. Oggi li saluto e li incoraggio nel cammino formativo che stanno compiendo. L’efficacia del loro compito apostolico dipenderà da come apriranno essi stessi l’animo a Gesù Salvatore.
Auspico che le iniziative programmate circa il tema della fede e della ricerca di Dio, la consegna del Vangelo di Marco in ogni casa e gli Esercizi spirituali nelle parrocchie durante la Quaresima favoriscano l’accoglienza di Gesù da parte di tanti che lo stanno cercando forse senza saperlo.
4. Carissimi Fratelli e Sorelle! Vi saluto tutti con affetto. Saluto il Cardinale Vicario, Mons. Vicegerente, il vostro zelante Parroco, Padre Vincenzo Gorga, e i cari Padri Somaschi, suoi collaboratori.
La vostra parrocchia, nata durante l’Anno Santo del 1975, è posta sotto la protezione di san Girolamo Emiliani, che dedicò tutta la sua vita ai poveri e in particolare all’educazione cristiana dei ragazzi e dei giovani abbandonati. Se gli inizi della vostra comunità non furono dei più facili a causa della mancanza di una sede idonea, ora, grazie al vostro impegno straordinariamente generoso, potete finalmente disporre di una chiesa e di un buon complesso di opere parrocchiali per le molteplici iniziative pastorali. Perseverate nell’impegno di catechesi sia ai fanciulli che ai giovani ed agli stessi genitori di coloro che si accostano ai sacramenti, proseguendo nella missione di annunciare il Vangelo a tutti.
In questo anno pastorale, nel quale la Diocesi di Roma riserva una particolare attenzione alla gioventù, non posso non ricordare i giovani che vivono in questo territorio. Abbiate cura di essi, specialmente di coloro che sono più bisognosi, seguendo il carisma dei Padri Somaschi, sorti nella Chiesa per essere al servizio dei fanciulli in difficoltà. E come non apprezzare, a questo proposito, anche lo sforzo che state compiendo per aiutare economicamente 160 bambini brasiliani a rischio? Questa iniziativa è segno di una sensibilità missionaria che vi spinge ad allargare lo spirito alle esigenze dell’intera umanità.
5. Regem venturum, Dominum, venite adoremus! Questo grido è il primo annuncio della liturgia dell’Avvento, che esprime l’attesa per la venuta di Dio; ad esso risponde l’esortazione contenuta nel Vangelo di Marco. Cristo, il Dio che è venuto, dice agli uomini che attendono il suo definitivo ritorno: “State attenti, vegliate, perché non sapete quando sarà il momento preciso” (Mc 13, 33). Pensiamo alla parabola dell’odierno Vangelo. Essa parla del padrone che si è recato in viaggio ed ha lasciato la sua casa, ha affidato ai servi la cura di ogni cosa, assegnando a ciascuno un compito specifico. Cristo estende quest’impegno a tutti: “Vigilate . . ., poiché non sapete quando il padrone di casa ritornerà, se alla sera o a mezzanotte o al canto del gallo o al mattino, perché non giunga all’improvviso trovandovi addormentati. Quello che dico a voi, lo dico a tutti: vegliate!” (Mc 13, 35-37).
“Vegliate”: ecco la parola che la Chiesa proclama con insistenza durante questo periodo liturgico. Non si tratta soltanto di un’attesa gioiosa della notte del Natale del Signore, ma del compimento di tutta l’opera della redenzione iniziata a Betlemme. L’annuncio della salvezza è missione affidata alla Chiesa ed agli uomini, consapevoli di essere stati redenti a prezzo del sacrificio di Cristo ed introdotti così nella dimensione escatologica del Regno di Dio.
Tale coscienza dovrebbe suscitare in essi il senso di una speciale responsabilità. Proprio questo significa la parola “vegliate”: vegliate perché il Signore verrà! La vita umana ha su questa terra il suo termine temporale ma anche il suo inizio escatologico. Ben lo sottolinea il Concilio Vaticano II nella Costituzione sulla Chiesa Lumen gentium, quando afferma che tutti siamo chiamati a preparare il definitivo compimento, che Cristo opererà alla fine dei tempi (cf. n. 48).
Carissimi Fratelli e Sorelle, vegliamo e preghiamo per essere pronti; vegliamo e preghiamo insieme con tutta la Chiesa. Saremo così pronti ad accogliere il Signore che viene.
Amen!
© Copyright 1996 - Libreria Editrice Vaticana
Copyright © Dicastero per la Comunicazione - Libreria Editrice Vaticana