LETTERA DI GIOVANNI PAOLO II
A DIMITRIOS I ARCIVESCOVO DI COSTANTINOPOLI
PER IL 1600° ANNIVERSARIO
DEL I CONCILIO DI COSTANTINOPOLITANO
Sua Santità Dimitrios I
Arcivescovo di Costantinopoli e Patriarca ecumenico,
Il sedicesimo centenario del I Concilio di Costantinopoli, nel 381, secondo grande e santo Concilio ecumenico comune a tutte le Chiese di Cristo, invita insistentemente i cuori dei credenti a meditare sull’attualità di questo mistero meraviglioso: la rivelazione del Dio vivente, della Trinità Santa ed indivisibile, nella storia dell’uomo. Questa storia, drammatica ed ammirabile Economia della salvezza, è ricapitolata in Cristo Gesù sotto la potente azione dello Spirito Santo. Ed è l’azione multipla di questo medesimo Spirito che dona, a noi credenti, di annunciare “le meraviglie di Dio” (At 2,11) nella molteplicità e fragilità delle nostre lingue umane.
La verità è stata rivelata tutta intera ed una volta per tutte in Cristo Signore. Lo Spirito di verità che forma ed anima la Chiesa non cessa di assisterla, di essere la sua memoria vivente e di ispirare ciò che bisogna dire, e come dirlo, perché essa “custodisca il deposito” (cf. 2Tm 1,12; 14) “della fede trasmessa ai credenti una volta per tutte” (Gd 1,3), denunciare le eresie ed annunciare l’insondabile ricchezza di Cristo.
Questo è proprio quello che si è verificato nel primo Concilio Ecumenico di Nicea, nel 325, e nel secondo, quello di Costantinopoli, nel 381. Dopo la definizione della fede autentica nella divinità del Figlio, consostanziale al Padre, cominciarono a propagarsi le eresie che mettono in dubbio la divinità dello Spirito Santo. Dei grandi Dottori, come sant’Atanasio d’Alessandria, sant’Ambrogio di Milano, i Padri di Cappadocia, Epifanio di Salamina nel simbolo battesimale della Chiesa di Cipro e il nostro grande predecessore Papa Damaso, formularono a poco a poco espressioni più precise della fede comune delle Chiese. Ispirandosi alla loro dottrina il Concilio convocato nel 381 proclamò la sua fede a completamento del simbolo professato a Nicea. Questo simbolo è stato solennemente riconosciuto nel suo valore conciliare ecumenico, normativo ed irrevocabile, dal Concilio di Calcedonia nel corso della sua quinta sessione, nel mese d’ottobre del 451, e da allora è stato riconosciuto in tutte le Chiese.
Il simbolo della fede, d’ora innanzi chiamato “Niceno Costantinopolitano”, è così l’espressione eminente della comunione delle Chiese di Cristo nella fede in questo mistero dello Spirito Santo “che è Signore e dà la vita. E procede dal Padre. E con il Padre e il Figlio, è adorato e glorificato. E ha parlato per mezzo dei profeti”.
I simboli dei Concili ecumenici esprimono, in modo irrevocabile, la fede cristiana. Come scrivevo annunciando la celebrazione destinata a commemorare il suo sedicesimo centenario: “L’insegnamento del primo Concilio di Costantinopoli è ancora e sempre l’espressione dell’unica fede comune della Chiesa e di tutto il cristianesimo” (Giovanni Paolo II, A Concilio Costantinopolitano I, I, 1).
Certamente, non ignoro che nel corso della storia hanno avuto luogo alcune controversie nelle nostre Chiese in merito alla dottrina sullo Spirito Santo, in particolare sulla eterna relazione del Figlio e dello Spirito.
Questa questione, come tutte quelle che non sono ancora state interamente chiarite nelle nostre Chiese, dovrà divenire oggetto del dialogo cominciato così felicemente e da cui, tutti noi attendiamo che contribuisca ad affrettare il giorno tanto desiderato in cui, nella luce e senza recriminazioni, noi potremo proclamare insieme la nostra fede concelebrando la Santa Eucaristia.
Non mi dilungherò ulteriormente. Voi non ignorate, Fratello Venerato, la situazione nella quale io mi trovo in seguito a recenti avvenimenti. I disegni della divina Provvidenza oltre passano ogni comprensione ma noi sappiamo che sono sempre ispirati dalla sua misericordia. Da parte mia, sono lieto di offrire le mie sofferenze per il Corpo di Cristo che è la Chiesa (cf. Col 1,24) affinché si avvicini il momento in cui si realizzerà la preghiera del Signore “ut omnes unum sint” (Gv 17,21).
In questa speranza, ho voluto cari fratelli, esprimervi questi pensieri nell’occasione del centenario che noi celebriamo nella giornata di oggi, celebrazione la cui unità, malgrado i diversi luoghi, è manifestata dalla presenza presso di voi del mio caro Fratello il Cardinale Massimiliano de Furstenberg, come dalla premura del vostro eminente inviato presso di noi.
Insieme noi rendiamo grazie al Padre della luce (Gc 1,17) e noi domandiamo a lui di donare a tutti noi una sempre più fedele docilità a ciò che “lo Spirito dice alle Chiese” (Ap 2,7).
Vi assicuro, cari fratelli, di tutto il mio amore fraterno.
Roma, 7 giugno 1981
GIOVANNI PAOLO II
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