DISCORSO DEL SANTO PADRE GIOVANNI PAOLO II
AI PARTECIPANTI AL CONGRESSO DELL'UNIONE NAZIONALE
FRA GLI ENTI DI BENEFICENZA E DI ASSISTENZA (UNEBA)
Sabato, 7 aprile 1979
Signor Presidente e voi tutti partecipanti all’VIII Congresso dell’Unione Nazionale degli Enti di Beneficenza e Assistenza.
Un sentimento di vivo compiacimento e di consolazione mi invade l’animo nell’incontrarmi stamane, per la prima volta, con voi, convenuti a Roma per discutere gli importanti problemi che interessano la vostra Associazione; essa, come sappiamo, da quasi un trentennio opera nel campo caritativo, rappresentando, tutelando e promuovendo le iniziative assistenziali di tutti gli enti di ispirazione cattolica, che si adoperano per sovvenire alle necessità di tutti i cittadini in gravi condizioni di disagio morale, materiale e sociale. Opera multiforme, irrinunciabile, provvidenziale la vostra, che abbraccia tutti i settori della carità, la quale non ha confini, o ha quelli sconfinati ed universali della sofferenza umana. È ben nota l’importanza, la validità e l’attualità della vostra istituzione, che agisce in collegamento con la Conferenza Episcopale Italiana e si avvale della collaborazione di vari organismi cattolici, presenti nel settore dell’assistenza sociale.
Anche se l’assistenza pubblica viene man mano a coprire uffici assolti per secoli dalla carità della Chiesa, ed anche se la società moderna cerca di soddisfare in forma istituzionale ed organica certe esigenze di previdenza e di assistenza, l’azione assistenziale e benefica della Chiesa non ha perduto per nulla nel mondo contemporaneo la sua funzione insostituibile.
La carità sarà sempre necessaria, come stimolo e completamento della giustizia stessa; essa resterà sempre per la Chiesa il segno della sua testimonianza e della sua credibilità (cf.Gv 13,35).
Siate interiormente convinti della necessità della vostra opera, del diritto e del dovere che vi compete di svolgerla; opera che voi vorrete promuovere instancabilmente, difendendone il senso e l’urgenza, e il libero esercizio; perfezionandone i metodi ed i servizi, impegnandovi altresì per uno sforzo armonico ed unitario, in maniera che le varie istituzioni assistenziali, senza perdere la propria natura ed autonomia, sappiano agire in spirito di sincera collaborazione fra di loro, così da facilitare gli opportuni e provvidi interventi delle autorità pubbliche e un’adeguata legislazione.
In questi ultimi tempi la Chiesa ha più volte manifestato il proprio insegnamento in materia di assistenza sociale, anche alla luce di quanto il Concilio Ecumenico Vaticano II ha espresso circa l’azione caritativa dei cristiani nel decreto Apostolicam Actuositatem sull’apostolato dei laici. Ritengo utile richiamare alla vostra attenzione alcuni principi fondamentali su tale insegnamento.
Innanzitutto bisogna affermare che il centro e l’unità di misura di ogni sistema di assistenza sociale è la persona umana, la sua dignità, i suoi diritti e doveri; persona umana, la quale dovrà ricevere dalla società gli ausili che sono necessari al suo sviluppo e alla sua realizzazione. Sul piano giuridico, tale affermazione si concreta nel diritto del cittadino all’assistenza, diritto che ogni moderno ordinamento statuale non può non espressamente riconoscere.
È opportuno precisare che non è sufficiente il riconoscimento teorico di questo diritto, ma è necessario che esso sia reso effettivamente operante attraverso una adeguata organizzazione di servizi sociali, promossi e gestiti da tutti coloro che sono chiamati ad operare il bene comune della società.
A tale riguardo, è utile rilevare che la realizzazione del bene comune nel campo dell’assistenza, come in ogni altro settore della vita associata, è congiuntamente compito dei pubblici poteri, dei corpi intermedi, delle libere istituzioni ed associazioni, delle famiglie, delle singole persone; tutti insieme devono collaborare a garantire al cittadino quanto gli è necessario per uscire dalla condizione di bisogno nella quale versa, e per meglio realizzare e sviluppare la sua stessa personalità umana. In questo modo e con l’apporto di tutti si realizza nella società quella sana armonizzazione tra iniziative pubbliche e iniziative private capace di dare a tutte le energie il giusto spazio di azione.
L’opportuno coordinamento delle iniziative assistenziali pubbliche e private, tale da garantire un armonico sistema di sicurezza sociale, può essere realizzato oggi attraverso il moderno strumento della programmazione territoriale, regionale e nazionale, purché questa sia veramente democratica, nel senso che tutti gli interessati, operatori sociali, pubblici e privati, nonché gli stessi assistiti, possano dare il loro libero apporto, nella superiore prospettiva del bene comune.
In particolare, per quanto riguarda la Chiesa, la possibilità di promuovere iniziative assistenziali si configura come componente non secondaria della libertà religiosa, poiché le opere di carità, nelle loro molteplici forme, sono esigenze fondamentale ed originaria della fede cristiana, come testimonia la storia millenaria del Cristianesimo, che è anche la storia della città. Così infatti si esprime il citato decreto conciliare sull’apostolato dei laici: “Sebbene ogni esercizio di apostolato nasca ed attinga il suo vigore dalla carità, tuttavia alcune opere per natura propria sono atte a diventare vivida espressione della stessa carità; e Cristo Signore volle che fossero segni della sua missione messianica” (Apostolicam Actuositatem, 8).
Sulla base di questo insegnamento, lo stesso Concilio Ecumenico, nel medesimo documento afferma che “la santa Chiesa... in ogni tempo si riconosce da questo contrassegno della carità, e, mentre gode delle iniziative altrui, rivendica le opere di carità come suo dovere e diritto al quale non può rinunciare” (Apostolicam Actuositatem, 8).
Alla luce di questi principi desidero incoraggiare la benemerita azione che la vostra Unione svolge da circa un trentennio a sostegno di tutte le libere istituzioni di assistenza e beneficenza, tra le quali quelle promosse dall’impulso caritativo dei cristiani costituiscono in Italia una notevolissima parte.
Voi, così operando, non solo incrementate, sul piano civile, un più vasto pluralismo di quelle libere istituzioni che costituiscono il tessuto connettivo di una società veramente democratica, nella quale si realizza la responsabile partecipazione dei cittadini in ordine al conseguimento del bene comune, ma nello stesso tempo voi favorite i diritti propri dell’uomo e delle sue libertà, e segnatamente della libertà religiosa, che nel nostro tempo assume un particolare valore e significato, in quanto qualifica lo stesso ordinamento politico di una società.
A voi, dunque, la mia viva esortazione a non stancarvi, a non lasciarvi abbattere dalle difficoltà, ma a progredire e ad avanzare con la stessa dedizione, con lo stesso coraggio e con accresciuto amore verso Cristo e la sua Chiesa.
Con tale fiducia, benedico affettuosamente voi, le istituzioni che rappresentate, le persone che svolgono in esse la loro opera e gli assistiti, implorando per tutti il conforto degli aiuti celesti.
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