DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
PER IL NUOVO DEPOSITO ARCHIVISTICO
18 ottobre 1980
1. Sono assai lieto di rivolgere il mio cordiale saluto ai padri sinodali e alle personalità della curia romana, del corpo diplomatico e della cultura in questa felice occasione dell’inaugurazione dei nuovi ambienti dell’archivio segreto vaticano.
In particolar modo, desidero esprimere un vivo compiacimento ai Cardinali Sergio Guerri, pro-presidente della pontificia commissione per lo Stato della Città del Vaticano, e Antonio Samoré, archivista di santa romana Chiesa, che ci hanno illustrato, sotto i relativi aspetti, quanto è stato fatto per giungere all’erezione dei nuovi ambienti, destinati all’archivio segreto vaticano, per la custodia, la cura e lo studio delle fonti documentarie degli organismi della santa Sede e di altri enti.
Non occorre mettere in risalto il prestigio che tale realizzazione conferisce alla santa Sede; non si può però non sottolineare il grande servizio che essa rende alla Chiesa universale, oltre che al mondo intero. L’ampliamento dei locali dell’archivio segreto vaticano si è reso necessario per il costante aumento delle fonti documentarie che vi affluiscono. Sono scritti che attestano l’operato della Chiesa nelle sue molteplici manifestazioni: le relazioni fra la cattedra di Pietro e le Chiese locali, i rapporti fra la santa Sede e i governi dei vari paesi, l’attività del Papa nelle sue varie forme.
Bastano questi cenni per comprendere l’importanza dell’archivio, come strumento e fonte di governo, di diritto, di storia, in altre parole di conoscenza, di umanità e di cultura: esso non è soltanto una pura raccolta e conservazione di scritti, bensì riveste un aspetto dinamico, nelle sue diverse fasi di bene funzionale o amministrativo e di bene culturale. Si rifletta, ad esempio, sul fatto che i vari documenti relativi a questa sessione del Sinodo, come alle altre già celebrate o a quelle che verranno, saranno a suo tempo depositati in questo archivio, che custodirà, per così dire, nei secoli quanto attesta le ansie pastorali dei Vescovi in questo momento storico. E questi scritti saranno domani oggetto di studio, manifestando lo spirito col quale sono stati redatti.
A questo proposito sono da ricordare le parole del mio predecessore Paolo VI di venerata memoria, rivolte ai cultori degli archivi ecclesiastici: “...I nostri brani di carta sono echi e vestigia di questo passaggio del Signore Gesù nel mondo. Ed ecco, allora, l’avere il culto di queste carte, dei documenti, degli archivi, vuol dire, di riflesso, avere il culto di Cristo, avere il senso della Chiesa, dare a noi stessi, dare a chi verrà la storia del passaggio di questa fase del “transitus Domini” nel mondo” (Paolo VI, Allocutio, die 26 sept. 1963; Insegnamenti di Paolo VI, I [1963] 614ss).
2. Questa inaugurazione dà inizio alle manifestazioni commemorative del I centenario dell’apertura dell’archivio segreto vaticano agli studiosi, decretata dal sommo pontefice Leone XIII alla fine dell’anno 1880 e iniziata nel 1881. Da allora la ricerca storica poté avvalersi, proprio grazie a quell’evento, di una documentazione che per quantità e qualità non ha uguali nel mondo. Tale documentazione è venuta costantemente accrescendosi, con apporto di nuovo e vario materiale archivistico, fino a giustificare la necessità di questi nuovi ambienti. Documenti e locali che ancora una volta la santa Sede mette a disposizione del mondo degli studi. Ed è stato proprio in armonia con le disposizioni leoniane e degli altri pontefici, miei predecessori, che ho voluto che uno dei primi atti del mio pontificato fosse l’apertura ai ricercatori di altre fonti documentarie, precisamente quelle del pontificato di Leone XIII (Insegnamenti di Giovanni Paolo II, I [1978] 400). La Chiesa desidera servire l’uomo anche in questo, nel consegnargli parte non indifferente della sua storia.
3. Effettivamente, l’archivio centrale della santa Sede ha una storia assai antica, che risale alle stesse origini della Chiesa. Con la pace costantiniana lo “scrinium Ecclesiae”, indubbiamente già ricco di scritture pontificie, si venne strutturando in ufficio, che dovette prestare utilissimo servizio al Vescovo di Roma e alla cattolicità tutta. Lungo sarebbe tracciare qui la storia dell’archivio pontificio durante tutto l’arco del periodo medievale, e del resto essa è ben nota, almeno nelle sue grandi linee. Giova però ricordare la cura con cui i pontefici romani sempre custodirono questo crescente patrimonio di storia: da Leone Magno a Gregorio Magno, a Gregorio VII, a Innocenzo III, a Bonifacio VIII, fino ai pontefici del periodo avignonese, che, pure in mezzo a gravi difficoltà, conservarono l’intero patrimonio archivistico. Grande impresa fu, dopo lo scisma d’occidente, raccogliere in unità i diversi archivi papali che si erano venuti formando; i pontefici del secolo XV e XVI, resi esperti dalle crescenti difficoltà per la conservazione di così importante materiale, decisero di collocare in Castel sant’Angelo la parte più preziosa degli archivi papali, mentre, poco dopo, Paolo V fece venire in Vaticano la parte più antica del materiale archivistico che giaceva presso diversi uffici della curia, riunendo, non senza fatica, in un unico luogo, il primo nucleo destinato a formare l’archivio segreto vaticano.
Ma la vita di tale archivio ha sempre conosciuto e conoscerà crescita e dinamismo. La conservazione del materiale e la sua riunificazione in un unico centro, sono solo alcune delle cure che hanno mostrato i miei predecessori verso questo grande istituto, perché bisognò più volte intervenire per la collocazione stessa dell’imponente gruppo di scritture, e furono necessarie opere non indifferenti di appropriata sistemazione. Fra gli ultimi interventi non si può tacere, oltre quelli di Leone XIII, che dotò l’archivio di un’aula di studio, quello di Pio XI, che rese disponibili gli ambienti dell’antica pinacoteca donandoli all’archivio e fornendo agli studiosi una più adatta sala di consultazione. Dopo le difficoltà della seconda guerra mondiale, Pio XII provvide ancora l’archivio di nuovi ambienti e infrastrutture.
Il compianto nostro predecessore Paolo VI, infine, ai molti non piccoli miglioramenti da lui precedentemente voluti, aggiunse la coraggiosa decisione di ampliare l’archivio segreto vaticano con questi locali, che oggi felicemente giungono a compimento.
4. Indirizzandomi ora al personale dell’archivio segreto vaticano, mentre ne ammiro il prezioso lavoro al servizio della ricerca, che richiede pazienza e dedizione, desidero manifestare a ciascuno la mia gratitudine più viva e sincera, rivolgendo un particolare riconoscente pensiero al benemerito monsignor Martino Giusti, prefetto dell’archivio, nel quale, da 48 anni, egli presta con generoso impegno la sua opera.
Voglio dire anche un grazie agli studiosi presenti, ricordando loro il carattere storicamente solenne e sacro dei documenti, oggetto dei loro studi: non mi sembra inopportuno ripetere per tutti l’esortazione già rivolta da Pio XII agli allievi delle scuole vaticane di paleografia, diplomatica e archivistica, e di biblioteconomia (15 giugno 1942): “Studiatevi sempre più di penetrare... la sostanza ideale di quei documenti, in cui la parola e l’azione dei Papi toccano argomenti di principio e di dottrina; di quei documenti, che per il loro contenuto religioso e morale vanno ben oltre il caso singolo, e coi quali i romani pontefici hanno segnato le linee direttrici per la vita ecclesiastica in particolari paesi o in tutta la cristianità, facendo così opera di civiltà, di rinnovamento e di progresso. Il tempo che voi impiegate nel seguire, cercare e comprendere il pensiero e l’intento scientifico e morale di tali documenti, non è speso indarno per la vostra cultura né per lo scopo cui direttamente mira la vostra formazione: è anzi largamente ricompensato dai vantaggi, che ne risentite per il vostro studio, col provarne un nuovo sprone che vi ravvivi e più vi animi alla fatica”.
Viva riconoscenza vada anche alla direzione generale dei servizi tecnici del governatorato dello Stato della Città del Vaticano e ai suoi collaboratori, alle imprese e alle loro maestranze.
5. Concludo ritornando col pensiero allo storico evento della apertura dell’archivio segreto vaticano. Leone XIII, in quell’occasione, volle far coincidere i concetti di ricerca storica e di ricerca della verità. Nella lettera “Saepenumero Considerantes” del 18 agosto 1883, egli scriveva: “Prima legge della storia è non osare di dir nulla di falso: e inoltre non tacere nulla di vero” (“primam esse historiae legem ne quid falsi dicere audeat: deinde ne quid veri non audeat). La lettera seguiva di poco l’apertura dell’archivio segreto vaticano, evento il cui valore era richiamato nello stesso testo dal pontefice come ispirato ad un unico, coerente disegno, nella fiducia che la verità “obscurari aliquando potest, extingui non potest”.
Questi stessi intenti hanno guidato negli anni l’attività dell’archivio. L’amore alla verità è amore all’uomo ed è amore a Dio. Con tale persuasione la Chiesa collabora con tutti i mezzi possibili alla conoscenza, alla diffusione della verità, e prosegue su questa via. Questa inaugurazione ne è una nuova conferma.
Ci guidi il Signore, sempre, in questa ricerca! A tutti vada l’apostolica benedizione, a conferma di questo voto che mi sgorga dal cuore.
Accogliendo l’invito del Cardinale Samorè, il Papa si porta nell’atrio di ingresso del deposito e benedice la lapide commemorativa della grande realizzazione e su cui è incisa la seguente iscrizione:
ARCHIVVM SECRETVM VATICANVM
A PAVLO V PROVIDO CONSILIO CONSTITVTVM
QVOD AD REGIMEN SPECTANS ECCLESIAE VNIVERSAE
SEDIS PRAESERTIM APOSTOLICAE VTILITATI DESERVIENS
STVDIOSORVM PATENS INDAGATIONI
CVRSV TEMPORVM REBVS TANTOPERE AVGEBATVR
VT LOCI ANGVSTIA COERCERI VIDERETVR
IVSSV PAVLI VI COEPTVM EST AMPLIFICARI
QVOD OPVS
IOANNE PAVLO I PONT. MAX. CONTINVATVM
PERMAGNIS IN VATICANO PALATIO SVBTERRANEIS
EXAEDIFICATIS CONCLAVIBVS
ITA VT SPATIA TABVLARII MAIORA DVPLO REDDERENTVR
RECENTISSIMAE ARTIS TECHNICAE APPARATV INDVCTO
IOANNES PAVLVS II
DE TOT THESAVRIS APTE SERVANDIS SOLLICITVS
PERFECIT ET PRAESENS DEDICAVIT ANNO MCMLXXX
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