DISCORSO
DI GIOVANNI PAOLO IISabato, 16 aprile 1983
Carissimi tutti nel Signore!
1. Grazie per la vostra presenza così affettuosa! Il vostro pellegrinaggio non è soltanto numeroso; è soprattutto cordiale, perché avete voluto ricambiare la visita da me compiuta nelle vostre terre l’anno scorso, il 19 marzo. Ringrazio tutti di cuore e tutti saluto con intima letizia: il Vescovo, Monsignor Alberto Ablondi, e i suoi collaboratori, il Presidente della Provincia e i sindaci di Livorno e di Rosignano Solvay, le delegazioni dell’amministrazione provinciale e comunale, le rappresentanze ufficiali dei Sindacati e del Consiglio di fabbrica, i sacerdoti e i religiosi, i laici impegnati nella pastorale e nei vari enti e associazioni, i malati, che hanno voluto impreziosire con la loro sofferenza questo pellegrinaggio, e voi tutti, cari fedeli, che siete venuti a Roma e dal Papa con grande fede e con profonda sensibilità cristiana.
La vostra visita mi fa ritornare in mente la giornata così intensa e festosa trascorsa con voi. Ricordo il breve incontro con la popolazione di Rosignano, al mio arrivo: l’itinerario nei vari reparti dello stabilimento Solvay; l’incontro con i dirigenti, gli operai e il Consiglio di fabbrica; la devota atmosfera del Santuario mariano di Montenero, dove mi intrattenni con il clero, i religiosi, le suore e la Comunità dei Benedettini vallombrosani; e finalmente la solenne celebrazione sulla Piazza della Repubblica, con la partecipazione delle autorità, dei malati e di una grande folla di livornesi e dei paesi vicini.
Quanti altri luoghi avrei desiderato ancora visitare! Ma non era possibile; tutti però io sentivo presenti e per tutti offrii la mia preghiera e la mia amicizia, che perdurano tuttora e rimarranno per sempre!
Ringrazio il Signore, perché i discorsi da me pronunciati nella fabbrica di Rosignano Solvay, e l’enciclica Laborem Exercens pubblicata pochi mesi prima, hanno suscitato un bisogno di approfondimento, per cui nella stessa città, nei giorni 9 e 10 aprile scorsi, è stato tenuto un convegno nazionale delle ACLI con la collaborazione del Consiglio di fabbrica e della Commissione diocesana per il mondo del lavoro sui temi riguardanti i rapporti tra Chiesa e lavoratori, la solidarietà nell’ambiente operaio, l’umanizzazione del lavoro. Inoltre nella diocesi è sorto un “Centro cultura-lavoro” con lo scopo di chiarificare questa problematica. Pertanto, nel ricordo di quella mia visita, con grande fiducia e speranza auguro alla città di Livorno e all’intera diocesi di mantenersi unita nella fraternità, nell’amore reciproco, nella fede e nel fervore cristiano!
2. L’odierno vostro pellegrinaggio ha però anche un’altra finalità molto importante; esso infatti si inserisce nel vostro cammino di preparazione al Sinodo diocesano. In una diocesi il Sinodo ha un valore fondamentale, perché apre prospettive nuove e dà direttive valide per molti anni nello svolgimento della vita pastorale; esso esige perciò impegno, fatica, preoccupazioni, lungimiranza e grande spirito di fede. La preparazione al Sinodo è stata per voi un intenso periodo di ricerca, rivolto anche al patrimonio religioso del passato; di riflessione, avvalorata dall’apporto di persone competenti e dalla preghiera; e di dialogo sincero e aperto, esteso a tutte le categorie sociali, alle parrocchie e ai singoli gruppi ecclesiali. Si tratta ora di giungere all’assemblea sinodale e il vostro pellegrinaggio, compiuto anche per acquistare l’Indulgenza giubilare, ha lo scopo di invocare con più fiducioso fervore l’aiuto dello Spirito Santo.
Da parte mia, mentre vi esprimo vivo compiacimento per il lavoro compiuto, vorrei suggerire l’approfondimento e il rafforzamento dell’impegno sempre essenziale dell’“annuncio”, e cioè della “evangelizzazione”. Infatti il mondo sente imperioso il bisogno di verità, di certezza salvifica, di significato per la vita di ogni singolo e per la stessa storia umana; il mondo ha bisogno di Cristo, della sua parola di assoluta verità e di salvezza, che illumini sul vero destino dell’uomo e gli dia la forza di accettare la vita nella prospettiva dell’eternità. Come deve essere inteso oggi l’“annuncio”?
Anzitutto deve essere sereno ed ottimista. Non dobbiamo infatti spaventarci, anche se ne siamo profondamente addolorati, dell’incredulità attuale. Dobbiamo riconoscere che nel mondo moderno non sono facili né la fede cristiana né tanto più la morale cristiana, e non dobbiamo anche dimenticare che l’errore, l’eresia, l’avversione, la persecuzione sono di tutti i tempi. Ma è necessario avere piena fiducia nell’opera della “grazia”, che agisce sempre, anche se invisibilmente, e nel valore delle opere buone e della testimonianza.
L’annuncio deve poi essere completo e positivo, La “Verità” è quella rivelata da Cristo e insegnata dalla Chiesa con il Magistero infallibile, autentico e perenne. Essa va insegnata integralmente: la Verità si impone da sola e vince per la sua intrinseca forza.
L’annuncio deve infine essere compiuto con ordine, continuità e concretezza. Molto valide sono determinate tappe di catechesi che formano delle tradizioni, come le “settimane” di preparazione alla Pasqua, svolte per le varie categorie di persone; gli incontri periodici con i giovani, con i fidanzati, con i genitori nelle circostanze del Battesimo e della Cresima dei figli; i ritiri spirituali in occasione di determinate festività o avvenimenti. Essenziale è mantenere ordine nella catechesi e finalità soprannaturale, e cioè la vita di grazia, il bisogno della preghiera e dell’Eucaristia, l’impegno pastorale. È tutto un immenso lavoro da compiere, che esige un profondo amore a Cristo e alle anime e una grande forza di volontà; ma è anche un’intensa attività, che certamente porta molti frutti. A questo proposito sempre più e sempre meglio deve essere compreso e apprezzato il valore e l’attività dei vari “ministeri”, da quello primario ed essenziale del sacerdote a quelli del diacono e dei laici.
Insieme ai fondamentali problemi della evangelizzazione e della formazione della città cristiana, vi sono anche sempre i problemi pratici e concreti della vita quotidiana, con le sue difficoltà e le sue ansie. So che a Livorno è diventata preoccupante la questione della disoccupazione, specialmente dei giovani. Particolarmente in questi momenti vi sono vicino e auguro di cuore che presto e in modo giusto si possa risolvere tale problema per il benessere e il progresso della vita sociale. La Chiesa non ha mai abbandonato né l’uomo singolo né le popolazioni. Il suo insegnamento, dalla Rerum Novarum alla Laborem Exercens, indica la strada anche per i tempi e per i problemi difficili, proprio nell’ottica della evangelizzazione e della promozione umana. Il mio ardente auspicio è che la vostra Chiesa locale, d’intesa con le autorità responsabili della vita sociale e gli esperti, si adoperi per venire incontro a coloro che sono nell’ansia per non aver un posto di lavoro o per la paura di perderlo e a quanti si trovano nel bisogno.
3. Concludo richiamandomi all’Anno Santo della Redenzione che stiamo vivendo in tutta la Chiesa con intenso fervore e che voi avete voluto celebrare in modo speciale col vostro pellegrinaggio. L’indizione dell’Anno Giubilare ha avuto come primo scopo l’invito alla meditazione dell’avvenimento supremo e decisivo della Redenzione, e poi la purificazione delle anime, mediante il perdono dei peccati con la Confessione sacramentale e l’Eucaristia e la remissione della pena mediante l’Indulgenza plenaria. Affido tutti voi alla maternità di Maria santissima, affinché il Sinodo diocesano e l’Anno Giubilare possano essere ricchi di spirituale elevazione per l’intera diocesi di Livorno. Salite volentieri, spesso e con fervore, al Santuario di Montenero per pregare la Madre celeste, affinché mantenga, difenda, aumenti la fede cristiana nel popolo e la ottenga a tanti che purtroppo l’hanno perduta!
Con questi voti, vi accompagni anche la benedizione apostolica, che ora vi imparto con grande affetto e che estendo all’intera comunità livornese.
Ad un pellegrinaggio di Biella
Rivolgo altresì un saluto al pellegrinaggio proveniente dalla diocesi di Biella, in Piemonte. Siate i benvenuti, carissimi fratelli e sorelle, in questa città di Roma, che custodisce le tombe dei Principi degli Apostoli ed è Sede del successore di Pietro. La vostra visita si inserisce nel contesto dell’Anno Santo e vuole essere occasione di interiore purificazione, di riavvicinamento della fede, di più profonda comunione personale con Cristo Redentore.
Sì, questo è il senso dell’Anno Giubilare. La sincerità dei rinnovati rapporti con Dio e l’impegno di un amore costante ed operoso verso i fratelli vi accompagnino tutti i giorni della vostra vita, stimolandovi ad un continuo progresso spirituale, che non potrà non riflettersi positivamente anche sulle sorti della città terrena. Con questo augurio vi imparto di gran cuore la mia Benedizione, che estendo volentieri a tutte le altre persone e gruppi che si sono uniti a questa Udienza.
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