DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AL PONTIFICIO SEMINARIO ROMANO MAGGIORE
Sabato, 16 febbraio 1985
Abbiamo meditato insieme sulla vocazione, sulla chiamata di Pietro. Si deve dire che questa, forse più delle altre, è iscritta nel Vangelo. La chiamata, lo sappiamo, è sempre un mistero: il mistero di colui che chiama, il mistero di questa iniziativa divina, e poi, naturalmente, il mistero della risposta di colui che è chiamato. Ci sono molte altre vocazioni, molte altre chiamate inscritte nella Sacra Scrittura, nell’Antico Testamento; alcune, come la chiamata dei profeti Isaia e soprattutto Geremia, sono profondamente commoventi. La chiamata di Pietro o, meglio, Simone che poi viene nominato Pietro, forse si distingue dalle altre dal punto di vista del processo interiore, psicologico, di colui che venne chiamato. Sembra un dramma completo: seguiamo tutte le fasi del dramma delle parole, degli avvenimenti; vediamo la forza, l’attrattiva di Gesù che chiama; vediamo anche l’entusiasmo di Simone che viene chiamato. Vediamo poi a fianco di questa forza, di questo entusiasmo, anche le debolezze, le insufficienze di Simone: possiamo dire che il calcolo teologico è pienamente equilibrato con quello psicologico, come è ben dimostrato dall’intero cammino vocazionale di Simone-Pietro.
Abbiamo insieme meditato su questo cammino vocazionale grazie all’iniziativa artistica dei nostri amici.
Ma questo è soltanto il punto di partenza della meditazione che abbiamo fatto insieme sulla vocazione e sulla chiamata di Pietro, perché qui, in questa cappella, si medita spesso sulla vocazione e qui sono invitati molti, come questa sera e come in altri giorni e periodi; siete invitati voi, fratelli e sorelle, per meditare sulla vocazione, soprattutto sulla vostra vocazione cristiana, perché questa è la vocazione più fondamentale e nel Vangelo possiamo dire che anche nella chiamata di Simone-Pietro troviamo soprattutto quel livello della vocazione cristiana: umana, cristiana. Ci sono poi vocazioni diverse che costituiscono il programma della vita: innanzitutto il pensiero perenne della santissima Trinità, di Dio stesso. È cosa che ci commuove profondamente pensare che la nostra vita, prima di essere vissuta, era stata già pensata, in un certo senso programmata. Pensata con amore: e io debbo soprattutto scoprire quel pensiero e quell’amore che hanno preceduto la mia vita vissuta.
Questa tematica vocazionale, nel senso ampio, nel senso fondamentale della parola, è molto ricca, è molto evangelica. La troviamo dappertutto nel Vangelo e nella Sacra Scrittura; e poi si deve constatare che il pensiero teologico negli ultimi decenni o, forse per un più lungo periodo, si è centrato sempre più su questa tematica vocazionale. E non solamente il pensiero teologico, direi; in un certo senso, anche il pensiero filosofico ha scoperto sempre più la centralità di questo problema della vocazione, della chiamata, dell’imitazione, ciò che i tedeschi chiamano “nachvolge”.
È per questo che vedo con grande gioia che in questa cappella del seminario, questo problema diventa tema delle vostre meditazioni, dei vostri incontri, delle vostre preghiere. Possiamo dire che voi venite qui molte volte per accompagnare il cammino vocazionale dei seminaristi romani; per accompagnare al tempo stesso con la vostra preghiera e con la vostra ricerca il cammino vocazionale che è proprio di ciascuno di voi. Penso che questa presenza, questo accompagnare il cammino che è proprio dei seminaristi, sia di grande aiuto per coloro che si preparano al sacerdozio. D’altra parte, accompagnati dalla loro ricerca vocazionale, dal loro cammino vocazionale verso il sacerdozio, nella vostra ricerca, nel vostro cammino vocazionale. In questo modo penso che si entra molto bene nel cuore stesso del Vangelo: perché il problema vocazionale, la chiamata, si trova propriamente nel cuore del Vangelo, nel cuore della Sacra Scrittura, nel cuore della rivelazione. Possiamo dire che in un certo senso la rivelazione è soprattutto vocazione, chiamata; non è una teoria solamente, è certamente una prassi, ma soprattutto una chiamata vocazionale si trova tra la teoria e la prassi e viene in certo senso inscritta nella rivelazione; ma il concetto centrale, il problema centrale è la vocazione. Così la vocazione, come problema centrale della vita cristiana, della fede vissuta, è stata scoperta e messa in rilievo dal Concilio Vaticano II. Se voi venite qui per accompagnare il cammino vocazionale dei futuri sacerdoti, dei seminaristi, e per essere accompagnati da loro nel vostro cammino vocazionale, in questo modo voi entrate nella problematica centrale del Concilio Vaticano II, in quello che il Concilio voleva presentare, insegnare alla Chiesa e al mondo.
Così io vedo il senso profondo di questi incontri, centrati qui intorno alla problematica vocazionale e mi piace molto che tutto questo si attui, si sviluppi sotto lo sguardo materno di Maria, Madre della fiducia. In un’altra circostanza abbiamo già parlato dell’importanza della fiducia per la vocazione, per essere chiamati, per poter seguire la propria vocazione. Oggi voglio solamente e brevemente accennare al fatto che tutto questo lavoro vocazionale, centrato sull’Eucaristia, viene sviluppato anche sotto lo sguardo materno della Madre della fiducia. Auguro che sotto questo sguardo i vostri cammini, le strade della vocazione cristiana, della vocazione dei laici, laici consapevoli, impegnati, e della vocazione sacerdotale o religiosa, trovino sempre più maturità e sempre più gioia.
Concludendo, devo tornare al punto di partenza: a me piace che in questa vostra assemblea di persone che riflettono sulla vocazione, che pregano, che meditano il problema vocazionale abbiate oggi incluso anche il Papa: anche lui, naturalmente, deve meditare sul suo cammino vocazionale e, per questo, la tematica di San Pietro è la più indicata. Vi ringrazio personalmente.
Infine, facciamo come in America Latina, dove tutti chiedevano sempre: “Bendición, bendición”: vi do la mia “bendición”, la mia benedizione. Venerabili e amati fratelli nell’episcopato.
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