DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AI VESCOVI DEL RWANDA IN VISITA
«AD LIMINA APOSTOLORUM»
Mercoledì, 27 maggio 1987
Cari fratelli nell’episcopato.
1. La vostra visita “ad limina Apostolorum” rappresenta un tempo forte della vostra responsabilità pastorale. L’avete preparata con cura ed io ringrazio il vostro Presidente che si è fatto l’interprete dei vostri sentimenti, delle vostre preoccupazioni e delle vostre speranze. Appoggiandovi sul messaggio di fede che ci viene da Cristo attraverso gli apostoli, voi consacrate le vostre forze a trasmettere questa fede, a impiantare la Chiesa, in mezzo al caro popolo del Rwanda.
Non ho ancora avuto modo di rispondere positivamente all’invito che mi è stato rivolto a più riprese di recarmi da voi, ma sono molto felice di ricevervi qui, per rafforzare i vostri legami con la Chiesa universale, in uno scambio che l’arricchisca essa stessa e che stimoli il vostro proprio zelo, e l’attaccamento fiducioso che manifestate al successore di Pietro.
2. Fratelli beneamati, non credete che dobbiamo innanzitutto render grazie per ciò che Dio ha realizzato in Rwanda? Non certamente per gloriarci noi stessi: noi siamo tutti poveri strumenti del Signore Gesù chiamati per grazia a servire i nostri fratelli e sorelle per permettere loro di beneficiare della salvezza alla quale sono destinati. Ma, come Maria, onorata in maniera speciale in questo mese di maggio, è buona cosa prendere coscienza dei doni di Dio e degli sforzi di coloro che ci hanno preceduto nella fede.
Oserei quasi professare a voi ciò che l’apostolo Paolo scriveva ai cristiani di Roma, prima di arrivare da loro: “Ringrazio il mio Dio per mezzo di Gesù Cristo a causa di tutti voi perché la vostra fede è magnificata in tutto il mondo” (Rm 1, 8). Ciascuno sa come, dalla fondazione della prima missione a Save nel 1900, nel vostro paese situato nel cuore dell’Africa, il Vangelo e stato accolto con entusiasmo, la fede è progredita rapidamente; la proporzione dei fedeli cattolici è divenuta una delle più cospicue di tutto il continente africano. Quasi tutti i vescovi sono ormai rwandesi, e più della metà dei preti; i rapporti tra missionari espatriati e autoctoni sono stati sereni e fiduciosi. Le vocazioni sacerdotali e religiose sono abbondanti. I catechisti portano avanti un buon lavoro di annuncio e di sostegno. La Chiesa è ben strutturata e si è presa a carico molte opere sociali, sanitarie e scolari. Le comunità di base e i gruppi di preghiera si sviluppano. Il popolo cristiano è ben disposto, generoso, dinamico; lo Spirito Santo, dopo aver portato i cuori di tanti Rwandesi a Gesù Cristo continua a colmarli di suoi doni: compassione, spirito di accoglienza, saggezza e senso della fede, amore della parola di Dio . . . Sì, per tutto ciò voi potete essere, nel cuore dell’Africa, i testimoni della salvezza di Dio, e il popolo della lode.
Del resto, malgrado le prove che avete conosciuto, beneficiate da un certo periodo della pace sociale e delle buone disposizioni del Governo che manifesta comprensione e fiducia verso la Chiesa per permetterle di vivere in condizioni favorevoli all’esercizio della sua missione.
3. Tutto ciò, cari fratelli, è motivo di azione di grazia e anche di speranza. Voi potete e dovete appoggiarvi su questa possibilità e su questa forza viva, per far fronte alle difficoltà che incontrano la Chiesa e la nazione di Rwanda.
Poiché, malgrado il clima sociale attualmente sereno, e una prosperità incontestabile della Chiesa, siete ben consci dei seri problemi che devono essere affrontati e risolti prima che sia troppo tardi se si vuole evitare che delle fragilità si accentuino o che delle minacce vengano a sconvolgere la crescita dello sviluppo accelerato che è il vostro premio oggi.
La vostra nazione gode di merito e rispetto nel mondo internazionale. Ma è ancora una nazione giovane che il 1° luglio festeggerà il suo venticinquesimo anno di indipendenza. Le risorse economiche sono limitate per una popolazione che si accresce rapidamente su un territorio di dimensioni modeste. Ciò domanda delle condizioni difficili da mettere in opera, e soprattutto un senso del bene comune e una moralità pubblica che, a buon diritto, il Presidente della Repubblica vuol promuovere.
Anche la Chiesa è giovane. È chiamata a svilupparsi, a prendere tutte le responsabilità, a dare la sua testimonianza specifica, nel rispetto delle persone. Mentre essa deve continuare il primo annuncio presso coloro che ignorano la buona novella di Cristo, deve intraprendere come una seconda evangelizzazione, in profondità, dei catecumeni e dei battezzati, con il prezzo di una saggia inculturazione che impregna le mentalità, i costumi, alla maniera del lievito, del sale, della luce che è il Vangelo. Già, essa deve nello stesso tempo far fronte ad altre moderne sfide, venute spesso dalle nazioni dette sviluppate, sul piano economico e scientifico, e che comportano tentazioni di materialismo, di edonismo, di secolarismo abusivo.
Tutto ciò non deve per nulla scoraggiare i pastori, poiché ho detto che la vostra Chiesa dispone, con la grazia del Signore, di mezzi per farvi fronte. Ma bisogna rimanere vigilanti, domandarsi se la Chiesa mette bene a profitto le condizioni favorevoli di cui ha goduto e gode, per evitare le trappole che le procurerebbero dei fastidi e delle critiche giustificate, e per costruire sulla roccia. Nel Vangelo, Gesù ci dice che bisogna cominciare a sedersi per riflettere sul miglior modo di costruire la torre (cf. Lc 14, 28-30).
Per voi, questa preparazione comporta, con la preghiera sempre avanti tutto, l’analisi chiaroveggente delle situazioni, in dialogo con i vostri collaboratori preti e laici, la mobilitazione delle forze vive di cui la Chiesa dispone; lo stabilimento dei piani pastorali d’insieme, con delle priorità precise, gli impegni coraggiosi e concreti che s’impongono. La via è quella indicata dal Concilio Vaticano II e dal Sinodo straordinario del 1985; i loro orientamenti spirituali o le loro prescrizioni economiche devono incarnarsi nella via delle comunità, secondo l’ecclesiologia di comunione, lo spirito di corresponsabilità ed il senso del servizio che queste sedute hanno sottolineato. Così, sotto la vostra responsabilità di pastori, di maestri e di padri, ciascuno potrà apportare la sua pietra vivente all’edificio. In queste condizioni, si potrà parlare di una nuova partenza, di una nuova primavera della Chiesa in Rwanda. Ciò che ho detto a tutta la Chiesa alla soglia del mio pontificato, lo ridico a voi: “Non abbiate paura”.
4. La nostra missione di Vescovi è stata magnificamente ricordata dal decreto conciliare Christus Dominus: “Nel loro esercizio di padri e di pastori, che i Vescovi siano in mezzo al loro popolo come coloro che servono, dei buoni pastori che conoscono le loro pecore e che sono conosciuti dalle loro pecore, dei veri padri che si impongono con il loro spirito di amore e di dedizione a tutti, e la cui autorità ricevuta dall’alto ritrova un’adesione umana e una riconoscenza. Nell’esercizio di questa sollecitudine pastorale, essi riservano ai loro fedeli la parte che spetta loro nelle questioni della Chiesa, riconoscendo il loro dovere e il loro diritto di lavorare attivamente all’edificazione del corpo mistico di Cristo” (Christus Dominus, n. 16).
Cari fratelli, il vostro popolo cristiano si attende molto da voi e guarda verso di voi con fiducia, disponibilità e spirito di iniziativa. Anche se il compito episcopale è pesante e vasto, questa prospettiva è incoraggiante. Da parte mia, come l’apostolo Pietro, prego il Cristo, il supremo Pastore, di aiutarvi a condurre il gregge che vi è affidato, alle sorgenti della vita, essendo voi le sue guide e i suoi modelli, permettendogli di svolgere pienamente la sua vocazione (cf. 1 Pt 5, 1-4).
5. E ora mi basta evocare qualche settore della vita ecclesiale o nazionale. Sono sicuro che voi non mancate di cercare voi stessi i modi di progredire in questi campi, in un insieme. La congregazione per l’evangelizzazione dei popoli è ugualmente pronta a sostenere i vostri sforzi.
Avete al vostro fianco dei preti relativamente numerosi, autoctoni ed espatriati, che fanno fronte con generosità al loro pesante carico pastorale, per ciò che concerne l’educazione alla fede ed ai sacramenti, nel momento in cui hanno parrocchie con un grande numero di fedeli. Oltre al problema dell’organizzazione delle comunità, esiste quello di chiamare e di preparare molti altri preti di cui la Chiesa avrà assolutamente bisogno. Tale è lo sforzo della vostra pastorale delle vocazioni, del resto coronata di successo; io vi incoraggio a perseguirla. Un popolo cristiano, fervente come è il vostro, comprende meglio questo bisogno del sacerdote.
Voi avete sempre la preoccupazione di rivolgere una grande attenzione ai vostri preti e ai vostri cooperatori, che sono anche per voi figli ed amici (cf. Christus Dominus, 16). Sapete il conforto che essi trovano nella vostra carità, nel dialogo confidente con voi; hanno anche bisogno di essere incoraggiati ad approfittare insieme dei mezzi di arricchimento spirituale e dottrinale, nel corso degli incontri, delle sessioni di aggiornamento, o altri mezzi di formazione permanente. Ciò che avete programmato per essi negli “Statuti del clero diocesano” potrà costituire uno stimolo appropriato. Allo stesso modo, la messa in opera della loro corresponsabilità nel quadro dei consigli presbiteriali previsti dal codice, costituirà un apporto benefico per essi e per voi. C’è anche da preparare un cambio per certe responsabilità pastorali ed amministrative che i missionari hanno assunto fino ad ora con generosità.
6. Un grave compito è quello della formazione dei futuri preti. Le difficoltà che sono sorte nell’atteggiamento di certi seminaristi hanno manifestato gravi problemi che vi apprestate a risolvere, nel dialogo, confidando in una più grande responsabilità al superiore e agli educatori, vegliando ad una formazione approfondita sul piano intellettuale e spirituale, e facendo meglio comprendere le esigenze di disponibilità e di disinteressamento che comporta il servizio ecclesiale per coloro che hanno scelto di consacrare la loro vita, le loro forze e il loro cuore. Rimane quindi prima di tutto, da voi come da altre parti, il problema dei formatori, che si tratti dello stadio propedeutico, del seminario di filosofia o di quello di teologia, che hanno dei forti legami tra di loro.
I piccoli seminari hanno anche una grande importanza, e voi dovrete prendere le decisioni che si impongono, perché a livello diocesano o interdiocesano, essi svolgano veramente il loro ruolo di iniziare alla fede, alla vita di preghiera e all’apostolato, i candidati al sacerdozio.
7. Voi avete la fortuna di trarre beneficio dalla preghiera, dall’apostolato, dall’opera educativa di molte congregazioni religiose, i cui membri erano o sono missionari di altri paesi, ma anche Rwandesi, che hanno anche fondato i loro istituti religiosi e diventano a loro volta missionari.
La responsabilità che essi assumono in molti campi della pastorale diocesana fa di essi dei collaboratori preziosi, il cui servizio merita molta stima e uno sforzo di informazione, di consultazione, di corresponsabilità nelle decisioni. Essi avranno a cuore da parte loro di accettare l’integrazione che conviene nella vita della Chiesa particolare, rispettando il loro proprio carisma.
8. La Chiesa nel Rwanda è certamente cosciente del ruolo che i laici cristiani devono esercitare nelle comunità ecclesiali e nella società. Il prossimo Sinodo romano dei Vescovi ravviverà ancora questa coscienza. Già i catechisti hanno avuto la loro parte molto importante nell’evangelizzazione. Ma è in tutti i campi che bisogna preparare un laicato responsabile, capace di diversi impegni apostolici. Penso al mondo rurale, ma anche al mondo della cultura, dell’università che forgia l’élite intellettuale di domani. I cappellani aiuteranno i movimenti, specialmente quelli dell’Azione Cattolica, a estendere la loro azione e soprattutto ad approfondirla, custodendone la sua finalità apostolica.
9. La famiglia, in particolare deve essere difesa e aiutata nello sviluppo dei suoi valori. Conosco la cura che voi ne avete. C’è tutta una catechesi sulla famiglia che bisogna assicurare nelle diverse tappe della vita, specialmente per la preparazione al matrimonio sul piano dottrinale, morale e spirituale. Bisogna contare sull’aiuto delle giovani coppie. La donna ha un ruolo importante nella famiglia come nella società. È necessario non dimenticare le cause economiche o sociali di numerose unioni matrimoniali irregolari, come le migrazioni interne e la mancanza di dote.
D’altra parte, l’esplosione demografica suggerisce una sforzo di regolazione delle nascite rispettosa dei rapporti coniugali, dell’amore e della vita. La Chiesa ha fatto la sua parte creando il Segretariato per l’azione familiare, ma essa cerca soprattutto di formare le coscienze. Io mi auguro che la pastorale familiare che voi mettete in opera porti tutti i suoi frutti nella vita concreta dei vostri concittadini.
10. La gioventù costituisce un’altra priorità che ha la sua collocazione nella pastorale d’insieme. I giovani sono molto numerosi, cercano delle possibilità di istruzione e soprattutto di lavoro. Questa situazione rischia di indurirli e di scoraggiarli. La posta è grande e bisognerà mobilitare le energie per trovare delle soluzioni.
La Chiesa ha in mano delle enormi possibilità di educazione, come lo conferma la recente “Conversione scolastica” che è stata firmata tra il governo e il rappresentante dell’episcopato responsabile della commissione competente. Ne gioisco con voi. Ciò che soprattutto importa, è assicurare per gli scolari delle scuole cattoliche, e anche per gli altri, con modalità diverse, una vera formazione spirituale e morale.
11. La Chiesa non può disinteressarsi della situazione sociale del paese. È suo dovere continuare ad apportare una cooperazione che è apprezzata e necessaria.
La responsabilità diretta del bene comune della nazione appartiene alla comunità politica. Questa e la Chiesa sono indipendenti l’una dall’altra e autonome nel campo che è loro proprio. La Chiesa tiene ad assicurare questa indipendenza per esercitare la sua missione spirituale, e per mantenere il segno e la salvaguardia del carattere trascendente della persona umana (cf. Gaudium et Spes, 76).
Ma la Chiesa e la comunità politica sono, a titoli diversi, al servizio della vocazione personale e sociale degli stessi uomini. È normale che esse ricerchino una sana cooperazione, nella comprensione e il rispetto del ruolo dall’altra.
Attualmente, dinanzi ai gravi problemi della povertà, dello sviluppo che la nazione deve affrontare, la Chiesa in Rwanda continuerà la sua opera preziosa nel campo dell’assistenza, della sanità, dell’educazione; essa è ancora chiamata a prendere delle iniziative concrete di promozione umana. Ma, essendoci ineguaglianze sociali, la miseria dei poveri e atti di corruzione ed altri abusi che la stessa autorità civile ha denunciato, vi è urgenza di formare la coscienza morale dei cittadini e specificamente di coloro che hanno delle responsabilità. Perciò ci si attende dalla Chiesa l’esempio del servizio disinteressato, della condivisione nella povertà; ci si attende da essa una parola profetica che mostri dove sono i mali di cui la società soffre, e un’azione che manifesti un amore preferenziale per i poveri. È in questo senso che sarà assicurato l’avvenire della nazione rwandese che, malgrado i suoi limiti, dispone di forze morali sufficienti per intraprendere le riforme salutari e per essere, in questa regione dell’Africa e sulla scena internazionale, un modello di convivialità. Ecco i voti ferventi che esprimo sia per la Chiesa di cui voi siete i pastori, sia per tutto il popolo rwandese che vi è caro.
Con voi prego il Signore per tutte queste intenzioni. Che egli ci doni ogni giorno la luce e la forza per partecipare, in qualità di pastori, alla grande opera che abbiamo appena menzionato. Lo pregheremo con la santissima Vergine Maria; la devozione a lei, solidamente radicata nel vostro popolo si è ancora accresciuta in questi ultimi anni, apportando alla vita della Chiesa locale frutti abbondanti. La preghiamo specialmente in questa novena preparatoria alla Pentecoste, affinché lo Spirito Santo rinnovi in tutti i cuori la fede, l’amore e la speranza, e doni alla Chiesa un nuovo soffio.
Di tutto cuore do la mia benedizione apostolica a ciascuno di voi, a coloro che collaborano con voi e alle vostre diocesi.
© Copyright 1987 - Libreria Editrice Vaticana
Copyright © Dicastero per la Comunicazione - Libreria Editrice Vaticana