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VIAGGIO APOSTOLICO NEGLI STATI UNITI D’AMERICA E IN CANADA

DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
ALLA CITTADINANZA DI DETROIT

 Piazza Hart (Detroit) - Sabato, 19 settembre 1987

 

Cari amici.

1. Sono felice, quasi al termine della mia seconda visita pastorale negli Stati Uniti, di potermi rivolgere a un così gran numero di persone in questa famosa città industriale che è Detroit. Vi saluto tutti molto cordialmente: capi cristiani e capi di altre religioni; rappresentanti civili dei governi federale, statale e comunale; popoli di diverse razze ed etnie, fratelli cattolici; fratelli e sorelle cristiani e non cristiani; uomini e donne di buona volontà!

Sento di dover ringraziare il Signore nostro Dio per questa meravigliosa opportunità. Detroit è un luogo in cui il lavoro, il duro lavoro quotidiano privilegio, dovere e vocazione della persona umana (cf. Ioannis Pauli PP. II, Laborem Exercens, 9) è una caratteristica veramente peculiare della vita urbana. Questa è effettivamente una città di lavoratori, e molti di voi qui presenti - uomini e donne, giovani e anziani, immigrati e nativi - guadagnate da vivere per voi e per le vostre famiglie dentro e fuori Detroit con l’opera delle vostre mani, delle vostre menti, con tutta la vostra persona. E molti di voi soffrono per i problemi che spesso caratterizzano la situazione lavorativa di un insediamento urbano industriale.

È per questo motivo che vorrei trattare un argomento che, come ben sapete, mi sta molto a cuore: questo argomento è il progresso sociale e lo sviluppo umano, in rapporto alle esigenze della giustizia e al raggiungimento di una pace duratura, sia negli Stati Uniti che nel mondo.

Naturalmente, cari amici, caro popolo di Detroit e di tutta la zona limitrofa, siete voi a cui penso principalmente nel trattare questo argomento: voi, che siete stati creati a immagine e somiglianza di Dio; voi, che siete stati redenti dal sangue del Salvatore; voi che siete figli di Dio e fratelli e sorelle di Cristo; voi, che per tutti questi motivi possedete un’incomparabile dignità. Ma guardando a voi, raccolti qui nella Hart Plaza, vedo, oltre a voi, tutto il popolo di questo Paese e i popoli del mondo intero. Vedo tutti gli uomini e le donne che, come voi, affrontano ogni giorno di nuovo i doveri e le sfide che comporta provvedere al proprio mantenimento e a quello delle proprie famiglie tramite il lavoro. Come lavoro si intende ogni attività, sia manuale che intellettuale, quali che siano la sua natura o le circostanze in cui si svolge, grazie alla quale un essere umano guadagna il proprio pane quotidiano e offre il proprio contributo alla scienza e al progresso, alla civiltà e alla cultura (cf. Ioannis Pauli PP. II, Laborem Exercens, 1). Il lavoro umano costituisce una dimensione tanto fondamentale dell’esistenza umana, che non se ne può parlare se non se ne toccano tutti gli aspetti.

2. Il progresso sociale e lo sviluppo umano sono la preoccupazione di tutti. Sono di particolare importanza per la chiesa. Dall’inizio della sua esistenza, la Chiesa si è sforzata di spiegare tutta la ricchezza del messaggio che Gesù Cristo ha proclamato con le sue parole e le sue azioni. Inviato dal Padre ad assumere la nostra umanità e a portare la salvezza a tutti, il Signore Gesù ci fornisce la chiave per comprendere la nostra umanità. Ci ha insegnato la nostra origine e il nostro destino, che sono in Dio. Ci ha insegnato il valore trascendente di tutta la vita umana e la suprema dignità della persona umana, creata a immagine e somiglianza di Dio (cf. Gen 1, 27). Ci ha insegnato che la vita umana si compie conoscendo e amando Dio, e amando il nostro prossimo secondo il metro dell’amore di Dio per noi. Ci ha invitati a seguirlo, a diventare suoi discepoli. Ci ha chiamati a convertirci nei nostri cuori entrando nel mistero della sua passione, morte e risurrezione. Ci ha rivelato che siamo associati a Dio per portare a compimento la creazione. E adesso fa di noi un popolo scelto, una comunione di fede con un impegno per il suo regno.

In fedeltà a Cristo, la Chiesa si è sforzata di far sì che il suo messaggio abbracciasse tutti gli aspetti della vita, nel corso dei cambiamenti che si sono verificati attraverso i secoli, traendo dall’eredità del Vangelo “cose nuove e cose antiche” (Mt 13, 52). Ad ogni svolta del sentiero dell’umanità nel corso della storia si sono presentate nuove sfide che hanno riguardato la vita di ogni persona individualmente e della società nel suo insieme. Nel cercare di affrontare queste sfide, il popolo di Dio si è sempre rivolto al messaggio ci Gesù, per trovare i principi e i valori che potessero offrire soluzioni conformi alla dignità e al destino della persona umana. In tutta la sua storia, la Chiesa ha ascoltato le parole delle Scritture e ha cercato di metterle in pratica, in differenti situazioni politiche, economiche e sociali. Questo è stato uno sforzo veramente comune. I singoli cristiani hanno lottato per restare fedeli all’ispirazione del Vangelo nella propria vita di tutti i giorni; centri di istruzione hanno offerto un contributo con i loro studi specialistici; gruppi e associazioni hanno affrontato argomenti di particolare interesse; le comunità hanno preso iniziative pratiche; i singoli vescovi e le Conferenze episcopali hanno fornito una guida; e il magistero della Chiesa ha fatto dichiarazioni e ha pubblicato documenti. In una continua interazione, la Chiesa ha quindi sviluppato una tradizione di pensiero e di orientamenti pratici, che vanno sotto il nome di dottrina sociale della Chiesa. Questa dottrina sociale è stata espressa recentemente nei documenti del Concilio Vaticano II e negli scritti dei Papi, che hanno sistematicamente affrontato i rapidi cambiamenti della società contemporanea.

Anche oggi, le varie categorie del popolo di Dio secondo la loro peculiare chiamata continuano ad affrontare i problemi sociali nei loro diversi contesti storici e culturali.

3. Oggi, cari amici, nell’ultimo giorno di questa mia seconda lunga visita negli Stati Uniti d’America, vorrei esortarvi a proseguire nel vostro impegno personale di rispondere all’esigenza incessante di giustizia e di pace. Sotto la guida e l’ispirazione del magistero della Chiesa - che è quello del Papa e dei vescovi in unione con lui - ognuno di voi è chiamato ad offrire il proprio contributo. Ognuno di voi deve essere uno strumento per promuovere un ordine sociale che rispetti la dignità della persona umana e serva il bene comune. Ognuno di voi ha un insostituibile contributo da offrire per garantire un ordine sociale di giustizia nella pace. Oggi, nel vostro Paese, la partecipazione ai vari livelli della vita economica, sociale e politica ha intensificato molto la consapevolezza della dignità unica di ogni persona umana e ha allo stesso tempo rafforzato il vostro senso di responsabilità nei confronti di voi stessi e degli altri. Come cristiani, trovate nella fede una profonda motivazione per la vostra responsabilità e il vostro impegno sociale. Non lasciate che questo momento passi senza rinnovare il vostro impegno all’azione per la giustizia e la pace sociale. Guardate al Vangelo di Gesù Cristo per rafforzare la vostra decisione di diventare strumenti per il bene comune! Imparate dal Vangelo che a voi è stata affidata la giustizia e la pace di Dio! Non siamo semplicemente i costruttori della giustizia secondo i modelli di questo mondo, ma siamo i portatori della vita di Dio, che è egli stesso, giustizia e pace! Fate sì che i vostri sforzi per raggiungere la giustizia e la pace in tutti i settori della vostra vita siano una manifestazione dell’amore di Dio!

In un contesto simile a questo circa otto anni fa, nello Yankee Stadium di New York, ho proclamato la sfida del Vangelo contenuta nella parabola del ricco e del povero Lazzaro. Tutti voi conoscete bene questa meravigliosa lezione di responsabilità sociale che Gesù ci ha lasciato. Conoscendo la vostra fede e la vostra disponibilità alla sfida, oggi vi chiedo: Cosa avete fatto con questa parabola? Quante volte negli ultimi otto anni avete letto questa parabola per trovarvi ispirazione per la vostra vita di cristiani? O l’avete forse messa da parte, pensando che non fosse più applicabile a voi o alle situazioni del vostro Paese?

4. In ogni moderna società, non importa quanto progredita, esisteranno sempre situazioni, alcune vecchie e altre nuove, che spingono all’azione il vostro senso cristiano di giustizia. Nostro Signore ha detto: “I poveri infatti li avete sempre con voi” (Mt 26, 11). Dovete quindi scoprire i poveri che sono tra voi. Esiste la povertà in mezzo a voi quando i vecchi e i deboli sono trascurati e il loro livello di vita continua ad abbassarsi. Esiste la povertà quando la malattia colpisce chi guadagna il denaro che fa vivere una famiglia. Esistono bisogni e sofferenze materiali in quelle zone e in quei gruppi dove la disoccupazione rischia di diventare endemica. Esiste la povertà nel futuro di coloro che non possono godere dei benefici di un’istruzione di base.

Alcune conquiste della moderna tecnologia portano con sé il potenziale per nuove privazioni e ingiustizie e devono quindi essere l’oggetto della nostra preoccupazione. L’introduzione della robotica, il rapido sviluppo delle comunicazioni, la necessaria ristrutturazione degli impianti industriali, la necessità di introdurre nuove specializzazioni nella gestione sono questi alcuni dei fattori che, se non vengono analizzati attentamente o esaminati alla luce del loro costo sociale, possono comportare ingiuste privazioni per molti sia temporanee che permanenti.

Questi sono soltanto alcuni aspetti che sfidano la nostra responsabilità sociale. Altri aspetti comprendono la situazione della vita matrimoniale e familiare e i fattori che minacciano i valori ad essa sottesi; il rispetto per la sacralità della vita umana non nata; la situazione dei nuovi immigrati; manifestazioni aperte o camuffate di discriminazione basate sulla razza, origine, colore, cultura, sesso o religione (Pauli VI, Octogesima Adveniens, 16). Nella misura in cui la propria coscienza sociale è sensibile, ogni comunità scoprirà dove esistono ancora o sono potenzialmente presenti problemi di ingiustizia o minacce alla pace.

Ma se si vuole realmente cercare di esaminare alcune delle sfide nell’ambito domestico, bisogna considerare un altro importante aspetto che riguarda il progresso e lo sviluppo umano. Mi riferisco alla dimensione internazionale.

5. Senza insinuare in alcun modo che i problemi locali o nazionali non esistono più - ed è certo che esistono - diventa sempre più evidente che tali problemi locali o nazionali, e le loro soluzioni, sono fondamentalmente legati a realtà che trascendono i confini dei Paesi. Non soltanto le decisioni prese da una nazione influenzano altre regioni del mondo, ma la soluzione di molti problemi interni non può essere trovata se non a livello internazionale e perfino mondiale. Tutti i grandi problemi che riguardano la vita della persona umana nella società sono diventati problemi mondiali. Ogni decisione che riguarda la sfera politica, economica e sociale deve essere ponderata nel contesto delle sue ripercussioni sul resto del mondo. Ciò che influenza profondamente ogni discussione sul progresso sociale e lo sviluppo umano è il fatto che esiste un’interdipendenza mondiale.

Venti anni fa, nel 1967, Papa Paolo VI scrisse proprio all’inizio della sua lettera enciclica sul “progresso dei popoli”: “Oggi il fatto di maggior rilievo, del quale ognuno deve prender coscienza, è che la questione sociale ha acquistato dimensione mondiale” (Pauli VI, Populorum Progressio, 3). Negli anni successivi questa affermazione di Paolo VI è stata ulteriormente confermata da un susseguirsi di avvenimenti. Si affacciavano alla scena politica popoli che, dopo secoli di dominazione coloniale e di dipendenza, chiedevano con sempre maggiore insistenza il loro giusto posto fra le nazioni e nelle decisioni internazionali. Una crisi economica mondiale ha evidenziato l’esistenza di un’economia basata su una sempre maggiore interdipendenza. Il fatto che continuino a esistere milioni di persone che soffrono per la fame e la malnutrizione e la crescente consapevolezza che le risorse naturali sono limitate, evidenziano il fatto che l’umanità è un tutt’uno. L’inquinamento atmosferico e delle acque minaccia sempre di più il delicato equilibrio della biosfera, dal quale dipendono le generazioni presenti e future e ci fa comprendere che tutti noi condividiamo un ambiente ecologico comune. La comunicazione immediata ha legato fra loro commercio e finanze in una dipendenza mondiale.

Le nazioni più povere del mondo sono inclini a vedere questa interdipendenza come un continuo modello di dominazione economica da parte dei Paesi più sviluppati, mentre questi ultimi talvolta vedono nell’interdipendenza l’apertura verso nuove possibilità di commercio e di esportazione. L’interdipendenza esige chiaramente che i rapporti fra le nazioni vengano visti nell’ambito di questo nuovo contesto e che la questione sociale ha bisogno di un’etica adeguata. Nessuno può più dire: “Che siano gli altri a preoccuparsi per il resto del mondo!”. Il mondo è ognuno di noi!

6. Parlando ai partecipanti della 68a Sessione dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro, il 15 giugno 1982 (Ioannis Pauli PP. II, Ai partecipanti alla 68a Sessione della Conferenza Internazionale del Lavoro, 15 giu. 1982: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, V/2 [1982] 2262), ho affermato: “Esiste un bene comune che non può più essere confinato in un compromesso più o meno soddisfacente fra le esigenze settoriali o fra quelle puramente economiche. Sono necessarie nuove scelte etiche; bisogna creare una nuova coscienza mondiale; ognuno di noi, senza rinnegare la propria origine e le radici della propria famiglia, la sua gente e la sua nazione, o gli obblighi che ne derivano, deve guardare a se stesso come a un membro di questa grande famiglia . . . la comunità mondiale . . . Ciò significa che il bene comune mondiale esige una nuova solidarietà senza frontiere”.

La dottrina sociale della Chiesa vede questa nuova solidarietà come una conseguenza della fede. È l’atteggiamento, nella realtà internazionale, di coloro che ascoltano il comandamento del Signore: “Che vi amiate gli uni gli altri, come io vi ho amati” (Gv 15, 12). È la conseguenza della nostra fede nel mistero della creazione: il fatto che Dio ha creato ogni persona umana a sua immagine e somiglianza. A ogni persona umana è stata conferita stessa fondamentale e inalienabile dignità. Ogni individuo è chiamato a riconoscere questa uguaglianza fondamentale nell’unità della famiglia umana. Ognuno è invitato a rispettare il destino comune di tutti in Dio. A ognuno si chiede di accettare il fatto che i beni della terra sono stati donati da Dio perché tutti ne abbiano beneficio.

Per i discepoli di Cristo, la solidarietà è un dovere morale che proviene dall’unione spirituale di tutti gli esseri umani, che condividono una medesima origine, una comune dignità, un destino comune. Nel crearci per vivere in società, in una solida rete di relazioni reciproche, e nel chiamarci, per mezzo della redenzione, a partecipare della vita del Salvatore non semplicemente come individui, ma quali membri di un popolo pellegrino, Dio stesso ha creato la nostra fondamentale interdipendenza e ci ha chiamati alla solidarietà con tutti. Questo insegnamento è espresso in maniera incomparabilmente efficace nella parabola del buon samaritano, che si è preso cura dell’uomo che era stato abbandonato moribondo lungo la strada che da Gerusalemme porta a Gerico. Tutti noi passiamo lungo quella strada e siamo tentati di passare dall’altra parte. Riferendosi al samaritano, che si era mosso a compassione, Gesù disse ai suoi ascoltatori: “Va’, e anche tu fa’ lo stesso”. Oggi Gesù ripete a tutti noi che camminiamo lungo la strada della nostra comune umanità: “Va’ e anche tu fa’ lo stesso” (cf. Lc 10, 37).

7. Nel parlarvi del progresso sociale e dello sviluppo umano, sento l’esigenza di sottolineare la dimensione internazionale a ragione della oggettiva necessità di promuovere una nuova solidarietà mondiale.

Vi è un altro motivo che oggi mi fa riflettere in modo particolare sulla più ampia scena internazionale. Sapete bene che il vescovo di Roma e la Santa Sede seguono da vicino le attività internazionali e hanno quindi un interesse particolare nei confronti dell’attività dell’organizzazione delle Nazioni Unite a New York. Mi sarebbe piaciuto molto recarmi nuovamente nel suo quartier generale, come ho fatto nel 1979 e come ha fatto Paolo VI nel 1965. Sono spiacente di non poter accettare adesso il cortese invito a una nuova visita che il Segretario Generale delle Nazioni Unite ha voluto estendermi. L’interesse della Chiesa cattolica verso questa Organizzazione internazionale è legato all’importanza dei problemi di cui essa si occupa e dei motivi che hanno ispirato la sua istituzione. Lavorare per la costruzione e il mantenimento di una pace giusta e duratura è un obiettivo che merita appoggio e collaborazione. Questo è in primo luogo il motivo per cui l’Organizzazione delle Nazioni Unite è stata creata, in quel giorno luminoso che è seguito al buio della lunga notte della seconda guerra mondiale. Prego affinché, nonostante le sue inevitabili imperfezioni, essa sia in grado di adempiere sempre più efficacemente alla sua missione unica di servizio al mondo, un servizio di cui il mondo ha veramente bisogno.

Le Nazioni Unite si occupano del disarmo e del controllo degli armamenti, in primo luogo del controllo degli armamenti nucleari, ma anche delle armi biologiche, chimiche e convenzionali. Il suo impegno paziente, coscienzioso e talvolta addirittura frustrante in questa causa di somma importanza per il mondo e tutti i suoi abitanti è riconosciuto e apprezzato in quanto è un incentivo e un sostegno ai negoziati bilaterali per la riduzione degli armamenti da parte delle superpotenze. È questo un problema che deve essere affrontato con un impegno inesauribile, con estrema lucidità e con un chiaro senso del valore della vita umana e dell’integrità della creazione.

Le Nazioni Unite si preoccupano anche di molte altre condizioni necessarie per una pace autentica. È opportuno qui esaminarne alcune alla luce della dimensione internazionale della questione sociale.

Innanzitutto vorrei parlare della preoccupazione per i diritti umani. Ricordate, ne sono certo, che le Nazioni Unite hanno adottato, oltre quarant’anni fa, la Dichiarazione universale dei diritti umani. L’ispirazione di fondo di questo importante documento era il riconoscimento che la via verso un mondo pacifico e giusto deve necessariamente passare attraverso il rispetto di ogni essere umano, attraverso la definizione e il riconoscimento dei diritti umani fondamentali, e attraverso gli inalienabili diritti degli individui e delle comunità dei popoli. L’adozione della Dichiarazione universale è stata seguita nel corso degli anni da molte dichiarazioni e convenzioni su aspetti estremamente importanti dei diritti umani - a favore delle donne, dei bambini, degli handicappati, dell’eguaglianza fra le razze - e soprattutto dai due trattati internazionali sui diritti economici, sociali e culturali e sui diritti civili e politici, insieme a un protocollo facoltativo. Nel 1981 l’assemblea Generale ha anche adottato una solenne dichiarazione contro ogni forma di intolleranza religiosa. Bisogna anche riconoscere il giusto merito delle Nazioni Unite per avere istituito la Commissione per i diritti umani come organo di controllo che segue attentamente gli sviluppi positivi e negativi in questo importante settore. L’impegno delle Nazioni Unite nei confronti dei diritti umani va di pari passo con il suo impegno per la pace. L’esperienza ci insegna che il disprezzo o la mancanza di rispetto per i diritti umani, l’oppressione dei deboli, la discriminazione a motivo del sesso, colore, origine, razza o religione, creano conflitti e minacciano la pace. Anche qui, ciò che riguarda gli essere umani in un luogo, influenza tutti gli esseri umani ovunque nel mondo.

Attraverso le sue diverse istituzioni e programmi specifici, le Nazioni Unite sviluppano il loro impegno per una società internazionale più giusta ed equa. Questo lavoro e questo impegno comprendono la lotta contro le malattie e l’analfabetismo; l’azione intrapresa per l’emancipazione della donna; la tutela dei diritti dei bambini e degli handicappati; lo sviluppo del diritto internazionale; l’impiego pacifico dell’energia atomica; la tutela e la conservazione dei famosi monumenti che appartengono al patrimonio culturale dell’umanità; la difesa dell’ambiente; la lotta contro la fame, la malnutrizione e il sottosviluppo; e la difesa dei senzatetto.

8. L’esistenza e le attività dell’Organizzazione delle Nazioni Unite, le sue conquiste e anche i suoi fallimenti, sottolineano in modo drammatico la necessità di rafforzare l’autorità internazionale al servizio del bene comune del mondo. È già un segno di grande progresso il fatto che vengano sempre più universalmente riconosciute l’importanza dei problemi sociali mondiali e la necessità di promuovere efficacemente la pace. È anche un segno di speranza il fatto che un’Organizzazione internazionale, costituita dalla grande maggioranza degli Stati, cerchi, con i limitati mezzi di cui dispone, e nonostante le difficoltà interne e esterne, di far aumentare la consapevolezza intorno ai problemi mondiali e alla loro appropriata soluzione.

È anche una meravigliosa sfida per tutti i popoli e le nazioni del mondo adesso che ogni giorno diventiamo sempre più consapevoli della nostra interdipendenza essere interpellati dalle urgenti esigenze di una nuova solidarietà che non conosce frontiere. Adesso, che ci avviciniamo al terzo millennio della cristianità, ci viene offerta l’occasione unica, per la prima volta nella storia dell’uomo, di offrire un contributo decisivo per la costruzione di un’autentica comunità mondiale. La consapevolezza del fatto che siamo uniti in un destino comune sta diventando più forte, gli sforzi per raggiungere questo obiettivo si stanno moltiplicando da parte di uomini e donne di buona volontà in diverse attività: politiche ed economiche, culturali e sociali. Popoli di ogni età, così come nazioni e governi, sono sfidati in nome della nostra comune umanità, in nome dei diritti di ogni essere umano e in nome dei diritti di ogni nazione.

Per riuscire a dare una risposta corretta alle molte esigenze che l’interdipendenza “de facto” di tutte le nazioni esercita sul senso di solidarietà di tutti, dobbiamo creare un giusto equilibrio fra le costrizioni che l’interdipendenza esercita sulle nazioni e l’appello a un’effettiva solidarietà rivolto a tutte le nazioni. Nella vita di ogni nazione, il progresso sociale e lo sviluppo umano vengono garantiti dal rispetto dato ai diritti della persona umana. L’autentica esistenza della persona umana nella dignità e la sua giusta partecipazione alla vita della comunità sono salvaguardati dal profondo rispetto che ogni persona nutre per la dignità e i diritti degli esseri umani suoi fratelli e sorelle. Allo stesso modo, il rispetto per i diritti dei popoli e delle nazioni deve salvaguardare l’esistenza nella libertà di ogni nazione e render quindi possibile la sua giusta ed effettiva partecipazione a tutti gli aspetti della vita internazionale. Senza queste premesse, sarebbe impossibile parlare di solidarietà. Per essere capaci di solidarietà mondiale le nazioni devono innanzitutto rispettare i diritti umani dei loro cittadini ed essere a loro volta riconosciute dal loro popolo come l’espressione della loro sovranità; in secondo luogo, le nazioni devono rispettare i pieni diritti delle nazioni sorelle e sapere che anche i loro diritti quali nazioni non saranno disconosciuti.

9. Cari amici: l’America è un Paese molto potente. Il numero e la qualità delle vostre conquiste è stupefacente. In virtù della vostra posizione unica, quali cittadini di questa nazione, vi trovate di fronte a una scelta e dovete scegliere. Potete scegliere di chiudervi in voi stessi e di godere i frutti del vostro tipo di progresso e cercare di dimenticarvi del resto del mondo. Oppure, nel diventare sempre più consapevoli dei vostri doni e della vostra capacità di servizio, potete scegliere di assumervi le responsabilità che la vostra storia e le vostre conquiste vi hanno messo sulle spalle. Facendo questa seconda scelta, riconoscerete l’interdipendenza e opterete per la solidarietà. Questa, cari amici, è veramente una vocazione umana, una vocazione cristiana, e per voi americani è una nobile vocazione nazionale.

10. Nel rivolgere l’attenzione sulla necessità di una sempre maggiore coscienza sociale nel nostro tempo, desidero anche volgere l’attenzione sulla necessità della preghiera. La preghiera è l’ispirazione e il dinamismo più profondo di tutta la coscienza sociale. Parlando ai vescovi americani nel 1983 ho affermato: “È infatti nella preghiera che si alimenta e allo stesso tempo si misura la coscienza sociale. È nella preghiera che il vescovo, insieme al suo popolo, valuta la necessità e le esigenze del servizio cristiano . . . Attraverso la preghiera la Chiesa comprende il pieno significato delle parole di Cristo: “Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri” (Gv 13, 35). È nella preghiera che la Chiesa comprende le molte implicazioni del fatto che la giustizia e la misericordia sono fra “le prescrizioni più gravi della legge” (Mt 23, 23). Attraverso la preghiera la lotta per la giustizia trova autentica motivazione e incoraggiamento, e scopre e mantiene mezzi veramente efficaci” (Ioannis Pauli PP. II, Ad un gruppo di vescovi americani in visita“ad limina Apostolorum”, 3 dic. 1983: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, VI/2 [1983] 1237).

Per finire, a voi, cattolici di Detroit e di tutta questa regione, ripeto le parole con cui Paolo VI concludeva il suo messaggio alla conferenza “Appello all’azione” che si è tenuta undici anni fa in questa stessa città di Detroit: “Nella tradizione della Chiesa, ogni richiamo all’azione è innanzitutto un richiamo alla preghiera. Siete quindi chiamati alla preghiera, e soprattutto alla più grande partecipazione al sacrificio eucaristico di Cristo. È nell’Eucaristia che trovate l’autentico spirito cristiano che vi permetterà di procedere e di agire in nome di Cristo”. E per tutti voi, cari amici, popoli di ogni religione, razza ed etnia, io chiedo l’aiuto di Dio affinché diventiate sempre più consapevoli dell’interdipendenza globale e sempre più sensibili alla solidarietà umana.

 

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