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DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AI RAGAZZI DELL’AZIONE CATTOLICA ITALIANA

Sabato, 28 maggio 1988

 

Carissimi ragazzi dell’Azione Cattolica.

Ben meritavate che il Papa venisse a trovarvi alla conclusione del vostro grande raduno nazionale sul tema: “Diamo volto alla gioia”. Anche voi, infatti, avete fatto della strada, e anzi un numero elevato di ragazzi ha fatto molta strada per non mancare all’appuntamento.

1. Voi sapete che vi aspettavo. La vostra venuta mi era stata annunciata alcuni mesi or sono, dai vostri colleghi che mi fecero visita per gli auguri natalizi. Io allora vi invitai, nonostante la stagione invernale, a seminare gioia, e a seminarne sempre di più andando incontro alla primavera, in cui speravo di rivedervi, e in molti, come oggi effettivamente avviene (cf. “Allocutio ad iuvenes sodales consociationis v. d. «Azione Cattolica Italiana»”, die 22 dec.1987: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, X, 3 [1987] 1493 s).

Eccovi ora, tutti insieme, in una magnifica, variopinta assemblea giovanile, che è inno alla vita e che dà volto alla gioia. Sì, per il Papa, e anche per la città di Roma che - un po’ sorpresa - oggi vi ospita, voi date realmente volto alla gioia. La gioia esiste e voi la conoscete, la accogliete nella vostra casa, la custodite coi vostri gesti di festa.

Ma voglio dire di più con le parole stesse dell’apostolo Paolo: voi siete la mia gioia (cf. 1 Ts 2, 20). Lo siete in quanto ragazzi, verso i quali Gesù stesso usò predilezione (cf. Lc 18, 15-17; Mt 19, 13-15; Mc 10, 13-16). Egli volle stare con i fanciulli del suo tempo e delle città che visitava. Tra le occupazioni inerenti alla sua missione divina, trovò spazio per chiamare a sé i bambini e stabilire con essi un’intesa misteriosa e affascinante: saranno loro soprattutto ad accogliere festanti Gesù e ad applaudirlo mentre entrava in Gerusalemme, prima della sua Pasqua (cf. Mt 21, 15-16).

Anche oggi continua a stare con i più giovani, li attira a sé, parla al loro cuore, ascolta le loro domande, li fissa con lo sguardo, sancisce con loro una amicizia invincibile.

Come fece Gesù, così vorrei fare anch’io in mezzo a voi. Tanto più che siete i ragazzi dell’Azione Cattolica, per i quali - ma allora si trattava dei vostri papà e dei vostri nonni - i Papi, miei predecessori, hanno avuto sempre un’attenzione, un’accoglienza, una fiducia tutte speciali. Sono, dunque, felice di stare oggi con voi e vi ripeto ancora una volta: voi siete la mia gioia! Siete la gioia, la speranza della Chiesa.

2. In ogni parte del mondo, ove mi reco per ministero, incontro molti giovani, ragazzi e fanciulli. E posso dire che vi assomigliano, nel senso che hanno nel volto la vostra stessa gioia. In ogni continente, a qualunque latitudine, questa è la caratteristica distintiva dei ragazzi, questa la loro “divisa” di riconoscimento e di conquista: la gioia.

Come vorrei che non si spegnesse mai, neppure per un attimo, questa gioia sul volto della gioventù del mondo! Come vorrei che ai ragazzi fossero risparmiate le vicissitudini più amare che smorzano il sorriso e che fanno invecchiare precocemente! E come vorrei che gli adulti rispettassero questo diritto dei ragazzi alla gioia. Quando non lo fanno, gli adulti non derubano solo voi, ma immiseriscono se stessi e l’intera società. Nessun adulto si assuma, quindi, la responsabilità di deturpare la gioia costitutiva della vostra età, la gioia del vostro candore, la gioia della vostra innocenza.

L’edonismo scriteriato di una certa mentalità, che crede di essere moderna, arriva talvolta a profanare la vita dei più giovani, e anche dei fanciulli, per cui è necessario ripetere ad alta voce la parola grave del Vangelo: “Se uno scandalizza uno di questi piccoli che credono in me, meglio sarebbe per lui essere gettato in mare” (Mc 9, 42).

Ugualmente, nessun governo carichi armi sulle fragili spalle di chi è ancora un ragazzo. Nessuna parte in guerra punti i suoi micidiali ordigni verso le nuove generazioni che vivono in qualsiasi parte della terra. I ragazzi sono sacri, essi sono di Dio, appartengono all’umanità intera, sono la primavera destinata a subentrare e a vincere la brutta stagione.

Insieme a tutti i ragazzi del mondo che qui idealmente rappresentate, voi siete il sorriso e la speranza di questa terra; voi potete rendere più umano il mondo. Avete il dono di non disperarvi, il dono di saper ricominciare sempre con entusiasmo, e anche di far coraggio agli adulti, con la vostra parola, la vostra capacità di iniziativa, la vostra innata attitudine alla speranza.

3. Qualcuno potrebbe pensare: la gioia passa presto, è sentimento di una stagione molto breve. Il Papa è venuto, invece, a dirvi che, se volete, quella che è in voi è una gioia che nessuno può togliervi (cf. Gv 16, 22), una gioia che, mentre voi crescete, potrà crescere insieme con voi. La vostra gioia infatti nasce da un tesoro che è sempre con voi, addirittura è dentro di voi. Quel tesoro, voi lo sapete, è Gesù: è lui la vostra gioia, una gioia che non invecchia e non si consuma. Lo avete trovato forse senza molta fatica, perché lui vi è venuto incontro, è venuto a cercarvi, e anche perché altre persone - i vostri genitori, i vostri educatori, la vostra comunità - vi hanno aiutato a incontrarlo. Dovete ricordarvi, però, che al mondo ci sono tanti ragazzi meno fortunati di voi che impiegano anni della loro vita, e affrontano rischi e traversie, per trovare il nome dolcissimo dell’amico Gesù.

Non sprecate quindi questa fortuna. Non sprecate voi stessi, non disperdete il capitale di gioia che già si accumula in voi. Non lasciatevi sedurre dalle gioie false, che mandano luccichii ingannevoli. Nonostante le apparenze, lontano dal Signore troviamo solamente quelle “ghiande”, di cui non poteva saziarsi il figliol prodigo, come ci dice il Vangelo (cf. Lc 15, 16).

So che l’incontro personale con Gesù è la meta che qualifica il vostro metodo di lavoro, la vostra pedagogia associativa. Vi esorto a camminare con sempre maggiore slancio lungo questa strada, ad accogliere e ad amare Gesù come ce lo presenta Maria, sua madre. L’incontro di queste giornate, convocato nel segno dell’anno mariano, significa che intendete fare sul serio, che volete guardare a Maria, affezionarvi sempre di più a lei, e darle un posto grande nel vostro cuore, per non perdere mai di vista Gesù che è tutta la nostra gioia. Maria resti al centro della vostra vita, come lo era per i discepoli di Gesù agli inizi della Chiesa: lo avete riascoltato dalla lettura degli Atti degli Apostoli (cf. At 1, 12-14). Ella vi rimanda costantemente al Figlio suo Gesù: “Fate quello che egli vi dirà” (Gv 2, 5).

Cari ragazzi, la preghiera personale, come la preghiera con le vostre famiglie o fatta in gruppo comunitario, e soprattutto il sacramento della Eucaristia e quello della Riconciliazione, la catechesi in parrocchia, l’insegnamento della religione a scuola, sono le grandi occasioni per incontrare Gesù e non privarsi mai della gioia che egli solo dà.

Ricordate: non diventerete domani adulti felici, se oggi non siete ragazzi che crescono sapendo conservare il segreto della gioia.

4. C’è una prova che rivela quanto Gesù prenda sul serio la vostra gioia sapete qual è?

È il comandamento che Gesù vi dà di portare questa gioia agli altri. Essa è troppo importante perché la tratteniate solo voi. Quando non è condivisa, la gioia inaridisce, svanisce. Ecco allora l’impegno che la Chiesa, in nome di Gesù, vi affida: siate apostoli della gioia tra tutti i ragazzi dei vostri paesi e delle vostre città. Il Papa non ha paura di usare per voi ragazzi la parola “apostoli”: lo siete in quanto battezzati, in quanto partecipate all’Eucaristia; molti di voi lo sono in quanto cresimati; in più, avete scelto di essere apostoli proprio aderendo all’Azione Cattolica dei Ragazzi.

Anche il Concilio Vaticano II vi ha riconosciuti apostoli e vi ha chiamati “veri testimoni viventi di Cristo tra i compagni” (Apostolicam Actuositatem, 12). Tra i vostri amici, infatti, potete fare ciò che a nessun altro è possibile nello stesso modo: potete dire parole così convincenti quali gli adulti spesso non sanno trovare; potete essere dei trascinatori invitanti e irresistibili. Anche nel recente Sinodo dei Vescovi si è fatto riferimento a voi ragazzi. Con la vostra vita, voi richiamate la realtà di Cristo sempre nuova e sempre giovane e la necessità per la Chiesa di ringiovanire sempre, mobilitando quelle risorse di cui proprio i ragazzi sono capaci.

5. Oggi vorrei chiedervi una cosa in più: di essere testimoni e apostoli della gioia non solo come singoli, ma anche come gruppi di ragazzi. È sempre il Concilio che ci aiuta a capire meglio questo punto, quando spiega che i “piccoli gruppi” sono il luogo ideale per prepararsi e formarsi all’apostolato (cf. Apostolicam Actuositatem, 30). Ma poi il Concilio saggiamente aggiunge che l’apostolato non deve essere esercitato solo all’interno dei gruppi e delle associazioni; occorre infatti uscire allo scoperto e andare incontro agli altri, cercare gli altri, invitarli, coinvolgerli nei vostri giochi, proporre ad essi di prendere parte alle vostre nuove iniziative, essere insomma loro amici, portando insieme anche i pesi della vita.

Il Papa ha un sogno nei vostri riguardi: vedere i gruppi di Azione Cattolica Ragazzi di tutta l’Italia aprirsi ed espandersi a raggiera nei caseggiati e nei quartieri, fino a raggiungere i coetanei più soli e lontani, ed essere nei vari ambienti una presenza irradiante la gioia di Cristo.

Così siete anche voi missionari e portate nella Chiesa un contributo indispensabile. Nello stesso tempo, crescete con l’apertura alla missionarietà, con la capacità di far vostre le necessità sia materiali che spirituali degli altri, nella Chiesa e nella società (cf. Apostolicam Actuositatem, 30).

In questo modo potrete fare esperienza della gioia al massimo grado, proprio in quanto collaborerete a far crescere la gioia nel cuore dei vostri amici.

Saprete realizzare questo desiderio? Io sono sicuro di sì. Tutta la storia dell’Azione Cattolica Italiana, e specialmente quella delle “sezioni minori”, in particolare gli aspiranti, è storia missionaria, storia di un laicato intrepido che ha reso presente la Chiesa in ogni ambiente. I vostri educatori, di ieri e di oggi, ve lo testimoniano: a loro va la riconoscenza del Papa e della Chiesa.

Ricordate: l’aspirazione maggiore degli aderenti all’Azione Cattolica è sempre stata quella di corrispondere alle attese della Chiesa, fatte presenti attraverso la voce del Papa e dei Vescovi, come anche attraverso la voce dei vostri assistenti.

Carissimi! Siate sempre certi che vi porto nel cuore e formulo per voi l’augurio più bello: che siate, come i vostri amici migliori, “giovani e coraggiosi cittadini della Chiesa e del mondo, fratelli di un’umanità nuova, costruttori liberi e non-violenti di una civiltà pienamente umana, segno profetico della Chiesa del terzo millennio” (“Homilia occasione oblata sollemnis Beatificationis Marcel Callo, Pierina Morosini et Antonia Mesina”, die 4 oct. 1987: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, X, 3 [1987] 804 ss).

Con la mia affettuosa benedizione apostolica.  

Prima di concludere l’incontro nella Basilica di San Pietro, il Santo Padre si rivolge nuovamente ai ragazzi presenti. Queste le sue parole.  

Vedendovi così riuniti in questa Basilica, mi è venuta in mente un’altra assemblea che ho visto forse tre settimane fa. Era un’assemblea di ragazzi, come voi, in Bolivia. La località, la città nella quale si è svolto questo incontro, si chiama Tarija ed è vicina alla frontiera con l’Argentina. Lì erano riuniti tanti ragazzi, ragazze, “los niños”, moltissimi bambini. Quando vi ho visti riuniti qui, nella Basilica di San Pietro, mi è tornato il ricordo di quell’altra assemblea per fare un legame e poi per dirvi che se il Papa va in diversi Paesi, se va per esempio in America Latina - come è avvenuto di recente per la visita in Uruguay, in Paraguay, in Bolivia e anche a Lima - non lo fa invano, senza un riferimento alla Chiesa di Roma. Anzi cerca di trovare dappertutto dei legami. Così ho trovato un legame tra quei bambini della Bolivia, riuniti nella città di Tarija, e tutti i bambini riuniti oggi a Roma, nella Basilica di San Pietro, perché il Papa deve fare un ponte tra le diverse comunità, tra le diverse Chiese, tra i diversi popoli.

Questo volevo aggiungere adesso, dopo le parole già pronunciate, per aiutarvi ad entrare in questo ambiente ancora più esteso, non solamente quello italiano, della vostra patria, ma quello molto più esteso dei Paesi e dei continenti dove vive e cammina la Chiesa, dove vivono, dove soffrono anche “los niños”, “las niñas”, i bambini, e dove questi bambini hanno lo stesso compito di essere la gioia dei loro genitori, di essere la gioia dei loro popoli, di essere gioia e speranza. Sentitevi, carissimi ragazzi e ragazze dell’Azione Cattolica Italiana, profondamente uniti con tutti loro.


Ai ragazzi dell’Azione Cattolica durante la seconda fase dell’udienza  

Carissimi ragazzi e ragazze dell’Azione Cattolica, Acr, voglio ancora ringraziarvi per la vostra visita. Devo dirvi che avete scelto molto bene il giorno per questo incontro, perché siamo nel periodo in cui la Chiesa ha concluso il tempo pasquale. Con la solennità della Pentecoste, domenica scorsa, abbiamo visto come nei cuori degli apostoli e dei discepoli di Cristo – cuori umani, molte volte timidi – ha vinto il coraggio divino, attraverso la discesa dello Spirito Santo. Abbiamo vissuto il mistero nel cenacolo di Gerusalemme: mistero della discesa dello Spirito Santo, conclusione divina del tempo pasquale e di tutta la missione messianica di Gesù Cristo. E proprio in questo giorno, sabato dopo la Pentecoste, siete venuti qui a Roma per vedere e per incontrare il Papa. Vi ringrazio di cuore.

Questo incontro si sarebbe dovuto svolgere in un altro luogo, in uno stadio. Ma è intervenuta la pioggia, che si mostrava più forte dei giovani. Sembrava, sembrava solamente, perché si è trovato un altro posto, ancora più significativo – la Basilica di San Pietro e questa aula Paolo VI – nel quale si vede ancora meglio il significato vero della vostra riunione nazionale a Roma, della vostra visita al Papa. Si vede cosa vuol dire questa visita. Essa vuol dire: noi giovani siamo venuti qui a Roma per dire al Papa, a noi stessi – ragazzi e ragazze –, alla Chiesa che è in Italia, alle nostre famiglie, alla nostra società, a tutti, che noi siamo anche continuazione di quegli apostoli coraggiosi nel giorno di Pentecoste, la continuazione di quegli apostoli coraggiosamente usciti dal cenacolo di Gerusalemme per andare in tutto il mondo. Noi siamo la continuazione. Noi prendiamo parte alla loro missione. Noi ragazzi, ragazze, Acr prendiamo parte alla loro missione nel modo proprio dei ragazzi, dei bambini.

In Basilica ho parlato di questo apostolato specifico dei ragazzi, l’apostolato della gioia.

Devo dire che prima di andare in Basilica ho guardato attraverso la finestra della mia stanza quando siete arrivati in piazza San Pietro. E cosa ho visto? Sì, pioveva, ma i ragazzi danzavano. Facevano delle danze, perché la gioia è connaturale a loro. È giusto che si sia parlato dell’apostolato della gioia e se Gesù ha detto una volta che il Regno di Dio è dei fanciulli, dei giovani, dei piccoli, dei bambini, questo è intimamente legato con la gioia, perché il Regno di Dio si esprime nella gioia. Chi porta il Regno di Dio in sè, nel suo cuore, è gioioso.

Ma qui, come ho visto anche in Basilica, ci sono parecchi ragazzi e ragazze ammalati, sofferenti. Si può dire che anche loro portano la gioia nel cuore? Lo si può dire? Io penso di sì. Nella mia vita ho incontrato molte persone gravemente ammalate ma così gioiose che io mi stupivo. Come è possibile? La gioia non viene da circostanze fisiche, materiali. Viene dal cuore. Anche un uomo sofferente può avere il cuore gioioso. Anzi può dare questa gioia agli altri. Quante volte i nostri fratelli sofferenti sono di appoggio, di conforto, danno gioia a coloro che stanno bene fisicamente, materialmente, che hanno dei successi!

Carissimi, l’unica causa, l’unica circostanza, l’unico fattore che può uccidere la gioia nel cuore dell’uomo, della donna ed anche nel cuore dei giovani è il peccato. Solamente il peccato uccide la gioia e non fa gioiosi, porta con sè il rimorso, porta con sè il dolore. Allora vi auguro, carissimi, di avere nei vostri cuori questa gioia profonda che viene dalla grazia di Dio, dal cuore di Dio e vi auguro di portare questa gioia agli altri. Questo è l’apostolato proprio dei bambini, dei ragazzi, delle ragazze, dell’Acr, l’apostolato di cui ho parlato a tutti ed anche a voi nella Basilica.

Ecco alcune parole per completare il discorso già pronunciato in San Pietro e per ringraziare ancora una volta non solamente per la vostra visita, ma specialmente per aver scelto un giorno così adatto. Vedendovi qui, vedo la continuazione di ciò che si è rivelato nel giorno di Pentecoste a Gerusalemme. Vedo la continuazione. I dodici apostoli, riuniti attorno alla Vergine, madre di Cristo, madre della Chiesa, sono usciti dal cenacolo, sono usciti coraggiosamente ed hanno dato inizio a tutti i loro seguaci durante le generazioni, i secoli. Voi siete anche la loro continuazione. Vi auguro che sia così. Vi auguro che l’Acr vi prepari ad essere veri apostoli di Gesù Cristo nei vostri ambienti.

 

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