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VIAGGIO APOSTOLICO IN ZIMBABWE,
BOTSWANA, LESOTHO, SWAZILAND, MOZAMBICO

INCONTRO DI GIOVANNI PAOLO II
CON I PRETI, I RELIGIOSI E I LAICI
NELLA CATTEDRALE DI GABORONE

Gaborone (Botswana) - Martedì, 13 settembre 1988

 

Caro Vescovo Setlalekgosi,
Cari fratelli e sorelle della diocesi di Gaborone.

1. È una grande gioia per me essere nel vostro Paese in visita pastorale ed incontrarmi con tutti voi. Desidero esprimere un cordiale saluto anche a coloro che sono giunti da altre regioni dell’Africa, in particolare il Cardinale della Repubblica Sudafricana, il Cardinale del Kenya, i Vescovi, i sacerdoti e le religiose. È opportuno che la Chiesa del Botswana sia qui rappresentata da membri del clero, dei religiosi e del laicato. In comunione con il vostro Vescovo e con il successore di Pietro, voi costituite una Chiesa locale giovane e dinamica. Nelle vostre file esiste una diversità di grazie, di ministeri e di attività, ma tutti questi conducono all’unità di un unico corpo, - il corpo di Cristo - grazie alla potenza dello Spirito Santo. Come ci insegna il Concilio Vaticano II, “c’è nella Chiesa diversità di ministero ma unità di missione” (Apostolicam Actuositatem, 2). Tutti hanno un ruolo da svolgere nel portare Cristo al mondo.

Nella lettura che abbiamo ascoltato poco fa, san Paolo parla della sua speciale vocazione quale apostolo e del suo ministero quale predicatore del Vangelo. Parla del suo lavoro come di un “dovere” e di una “responsabilità”, per amore di cui egli si fa “tutto a tutti, per salvare ad ogni costo qualcuno” (1 Cor 9, 16-23). E prima, nello stesso capitolo egli dice ai Corinzi: “Non siete voi la mia opera nel Signore? . . . Voi siete il sigillo del mio apostolato” (1 Cor 9, 1-2).

2. È nel contesto della diversità dei ministeri nella Chiesa e della speciale vocazione di san Paolo, che io desidero rivolgermi ai miei fratelli e alle mie sorelle, sacerdoti o religiosi.

Cari amici: siete gli eredi spirituali di san Paolo e di tutti quei missionari che si sono donati senza riserve per far sì che Cristo e la sua Chiesa fossero conosciuti e amati fra le popolazioni dell’Africa. Negli ultimi sessant’anni la Chiesa nel Botswana è stata costruita dall’amore e dal fervore apostolico di missionari che si sono guadagnati un caldo e durevole ricordo nei cuori della gente di questo Paese. Questi servitori del Vangelo erano uomini e donne di fede le cui vite confermano l’omaggio reso ai religiosi nell’esortazione apostolica Evangelii Nuntiandi: “Grazie alla loro consacrazione religiosa, essi sono per eccellenza volontari e liberi per lasciare tutto e per andare ad annunziare il Vangelo fino ai confini del mondo. Essi sono intraprendenti, e il loro apostolato è spesso contrassegnato da una originalità, una genialità che costringono all’ammirazione. Sono generosi: li si trova spesso agli avamposti della missione, ed assumono i più grandi rischi per la loro salute e per la stessa vita. Sì, veramente, la Chiesa deve loro molto” (Pauli VI Evangelii Nuntiandi, 69).

La realtà descritta da Papa Paolo VI rappresenta una sfida costante per le nuove generazioni di sacerdoti e religiosi, che vogliono lasciare tutto per seguire le orme di Cristo.

Ispirati dall’esempio di coloro che vi hanno preceduto, anche voi volete portare frutti abbondanti nella Chiesa di oggi e in quella del futuro.

3. Vorrei ora rivolgere una speciale parola di incoraggiamento ai miei fratelli sacerdoti.

Come san Paolo voi siete i servitori di Cristo e i ministri del Vangelo. Attraverso il sacramento dell’Ordine Sacro, voi siete stati scelti per agire nella sua persona e per servire il Popolo sacerdotale di Dio. Nell’assolvere a questo compito, cercate in modo speciale di aiutare i laici del Botswana ad apprezzare più profondamente l’importanza del contributo che essi offrono alla missione della Chiesa. Vivendo una vita cristiana attiva nel mondo, essi testimoniano il regno di Dio ed edificano il corpo di Cristo. Soprattutto attraverso la vitalità della vita familiare essi offrono un inestimabile contributo alla missione della Chiesa.

Il sacerdozio ordinato ed il sacerdozio di tutti i battezzati convergono nella celebrazione del sacrificio eucaristico, che il Concilio descrive come “fonte e apice di tutta la vita cristiana” (Lumen Gentium, 11). Come ho scritto tempo fa: “Il sacerdote svolge la sua missione principale e si manifesta in tutta la sua pienezza celebrando l’Eucaristia, e tale manifestazione è più completa quando egli stesso lascia trasparire la profondità di quel mistero, affinché asso solo risplenda nei cuori e nelle coscienze umane, attraverso il suo ministero” (Dominicae Cenae, 2). Cari fratelli, incentriamo sempre le nostre vite sul grande mistero di fede che ci rivela l’autentico significato della nostra vocazione sacerdotale e che è il cuore autentico di tutto il nostro servizio a Cristo e alla sua Chiesa.

So che non è sempre possibile per voi celebrare l’Eucaristia con i fedeli ogni domenica. Per questo motivo sono disponibili zelanti ministri straordinari dell’Eucaristia per i servizi della comunione, e desidero lodarli per la loro generosità e fede. Allo stesso tempo è necessario che venga impartita una sana catechesi riguardante la natura straordinaria di tali servizi relativi alla Messa per far si che il supremo valore dell’Eucaristia non venga sminuito.

Il vostro compito quali fratelli e collaboratori dei Vescovi nel pascere il Popolo di Dio esige anche che siate “educatori nella fede” (Presbyterorum Ordinis, 6). Nell’assolvere questa importante responsabilità, confidate necessariamente sulla generosa collaborazione dei molti catechisti laici del Botswana e fornite loro la guida ed il sostegno necessari. Ciò non intende limitare il vostro ministero della Parola, ma renderlo più efficace e fruttuoso. Insieme con i catechisti laici, possiate provare sempre la gioia di condurre il vostro popolo a conoscere e ad abbracciare la pienezza della verità in Cristo.

Il sacerdote, cari fratelli, ha sempre un ruolo essenziale e personale nel ministero della “Parola e dei sacramenti”. Molto altro vi verrà chiesto del vostro tempo e delle vostre energie, ma è soprattutto facendo quanto è più essenziale al sacerdozio che voi trovate l’incoraggiamento, la forza e la soddisfazione necessari per perseverare. Che la vostra preghiera quotidiana, inoltre, dia gioia al vostro ministero, affinché “la pace di Dio, che sorpassa ogni intelligenza, custodisca i vostri pensieri e i vostri cuori in Cristo Gesù (Fil 4, 7).

4. Desidero anche fare qualche riflessione con i miei fratelli e le mie sorelle nella vita religiosa. Cari amici, mentre tutti i battezzati partecipano della missione della Chiesa, il Signore Gesù vi ha chiamati ad offrire pubblica testimonianza del Vangelo in un modo che vi distingue da tutti. La vostra consacrazione religiosa è una fonte speciale di vitalità spirituale per la Chiesa. Essa suscita un modo di vivere che serve il Popolo di Dio soprattutto grazie alla sua fedeltà ad un particolare carisma o a una particolare eredità spirituale. Tuttavia, come ho avuto occasione di dire in altre sedi, “anche se sono estremamente importanti le molteplici opere apostoliche che svolgete, tuttavia l’opera di apostolato veramente fondamentale rimane sempre ciò che (e insieme chi) voi siete nella Chiesa” (Redemptionis Donum, 15).

La Chiesa dipende da voi per offrire pubblica testimonianza alle domande radicali del Vangelo, domande che rischiano di venir oscurate e ignorate nel mondo di oggi. Per questo motivo l’abito religioso è tanto importante nel vostro servizio apostolico. Soprattutto, la Chiesa ha bisogno della gioiosa testimonianza della vostra castità consacrata, della vostra povertà e della vostra obbedienza. La vostra vocazione comporta una partecipazione alla “follia della croce”, che sarà sempre un ostacolo per i non credenti, ma nel vostro cuore sapete che la croce è veramente la potenza e la sapienza di Dio all’opera nei credenti (cf. 1 Cor 1, 18 s). Per questo, il vostro amore per il Signore crocifisso è alla base della vostra vocazione e la vostra vita deve incentrarsi su di lui.

Ai piedi della croce, accanto alla Madre del nostro Redentore, vedrete anche il costo della nostra riconciliazione con Dio e della nostra riconciliazione reciproca. Perché, come dice san Paolo, “voi che un tempo eravate lontani siete diventati i vicini grazie al sangue di Cristo” (Ef 2, 13). Meditando su questo grande mistero imparerete a conoscere con maggiore certezza che ognuno di voi e tutte le vostre comunità devono essere i servitori di questa riconciliazione nel mondo, servitori che possono portare la salvezza e la pace agli altri perché essi stessi, prima di tutti, le hanno sperimentate, soprattutto attraverso la preghiera ed il sacramento della Penitenza.

Attraverso il voto di castità siete divenuti speciali araldi della risurrezione di Cristo e della promessa di vita eterna. Voi fate sì che lo sguardo della gente si spinga al di là degli affari terreni e delle pressioni dei compiti quotidiani, ricordando loro che esistono cose che durano in eterno. Eppure, perché il voto di castità sia un segno stimolante del regno che verrà, esso deve essere ispirato da un concreto amore per ognuno dei figli di Dio.

Voi dovete seguire Cristo “nella carità, nel modo che anche Cristo vi ha amato e ha dato se stesso per noi, offrendosi a Dio in sacrificio di soave odore” (Ef 5, 2). Così facendo proclamate al mondo che “Dio è amore” (1 Gv 4, 16), per la sua gloria e per la salvezza di tutti.

Anche il vostro voto di povertà procede dall’amore di Dio. Con san Paolo voi potete dire: “Per lui ho lasciato perdere tutte queste cose . . . al fine di guadagnare Cristo e di essere trovato in lui” (Fil 3, 8-9). Il distacco dalle cose materiali vi consente di essere più ricettivi alle sollecitazioni dello Spirito Santo e più pronti ad accoglierne i doni. Attraverso la pratica della povertà, le vostre vite diventano un appello ad una maggiore condivisione delle risorse della terra, in un mondo in cui un numero relativamente esiguo di persone vive nella prosperità mentre la maggior parte lottano per le necessità fondamentali della vita.

Il Concilio Vaticano II esorta tutti i religiosi ad aiutare i poveri e ad amarli con il profondo struggimento di Cristo. Questo tema è stato ampiamente sviluppato dal mio predecessore Paolo VI. Egli disse, ad esempio, che il “grido dei poveri” impedisce al religioso di compromettersi con qualsiasi forma di ingiustizia sociale (cf. Pauli VI Evangelica Testificatio, 18). So che questo insegnamento fa vibrare una corda nei vostri cuori, perché avete testimoniato il flagello di coloro che sono per legge oggetto di discriminazione. Sono felice di sostenervi nel vostro desiderio di essere vicini a coloro che sono stati ingiustamente privati dei loro legittimi diritti e che mancano di decenti condizioni di vita. È opportuno che, quali seguaci del nostro Salvatore crocifisso, facciate un grande sforzo per essere solidali con i poveri e con gli oppressi.

Infine vi è il voto di obbedienza, grazie al quale vi siete affidati completamente al disegno di Dio ad imitazione del Figlio di Dio che “umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di croce” (Fil 2, 8). Avete promesso obbedienza al Signore mossi dal fermo convincimento che il piano di Dio per voi è un piano di amore. Siete convinti che la miglior cosa per voi e per gli altri sia il fedele adempimento della sua volontà. Nella sua accezione concreta ciò significa il discernimento della volontà di Dio all’interno della vostra comunità religiosa e la totale apertura e disponibilità allo Spirito Santo nel servizio al Popolo di Dio. Attraverso l’obbedienza voi cercate di perdere la vostra vita in unione con Cristo e per amore del Vangelo, proprio per potere trovare la vita attraverso di lui (cf. Mt 16, 25). Una matura comprensione dell’obbedienza religiosa vi dispone all’ascolto della voce di Cristo, anche quando sembra che il cammino indicato non sia il migliore per la vostra autorealizzazione o per l’impiego dei vostri talenti. Ma per quelli che amano Dio, tutte le cose concorrono al bene (cf. Rm 8, 28). La fede ci insegna che “ciò che è stoltezza di Dio è più sapiente degli uomini, e ciò che è debolezza di Dio è più forte degli uomini” (1 Cor 1, 25).

5. Infine, desidero rivolgermi a tutti i laici, uomini e donne, qui presenti. Tramite voi saluto tutti i laici cattolici del Bostwana “eletti secondo la prescienza di Dio Padre, mediante la santificazione dello Spirito, per obbedire a Gesù Cristo e per essere aspersi del suo sangue” (1 Pt 1, 2). Ognuno di voi è chiamato a ricoprire un ruolo importante nella missione della Chiesa con la partecipazione all’Eucaristia e la ricezione dei sacramenti, con la preghiera e il rendimento di grazie, e vivendo una vita santa caratterizzata dalla dedizione e da una carità attiva nei confronti degli altri (cf. Lumen Gentium, 10). Voi partecipate della missione di “amore e vita” rimanendo fedeli ai doveri del matrimonio e della famiglia (cf. Familiaris Consortio, 50). Voi trasformate il mondo e lo santificate dal di dentro portando il Vangelo nella vita pubblica e nel posto di lavoro (cf. Lumen Gentium, 31).

Molti di voi inoltre collaborano direttamente al ministero della Chiesa quali catechisti, ministri straordinari dell’Eucaristia, e in altre forme di servizio, soprattutto verso gli ammalati e i bisognosi. Anche questa è una grande benedizione per il Popolo di Dio. Con san Paolo vi esorto: “Non stanchiamoci di fare il bene . . . a suo tempo mieteremo. Poiché dunque ne abbiamo l’occasione, operiamo il bene verso tutti, soprattutto verso i fratelli nella fede” (Gal 6, 9-10).

6. Cari fratelli e sorelle, sacerdoti, religiosi e laici del Botswana e dell’Africa meridionale: tutta la Chiesa vi ama e vi stima molto. Essa si rallegra di quanto Dio sta compiendo in voi e attraverso di voi. Nei vostri momenti di scoraggiamento e di prova, non dubitate mai del fatto che il Signore vi è vicino. Perché vi ha chiamati per nome. Voi siete suoi. Confidate in Dio affinché egli vi doni la grazia di cui avete bisogno per edificare il corpo di Cristo attraverso l’amore e il servizio.

Che la grazia e la pace del nostro Salvatore risorto regnino nei vostri cuori. Imparto di cuore a tutti voi la mia benedizione apostolica.



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