VIAGGIO APOSTOLICO IN MADAGASCAR, LA RÉUNION, ZAMBIA E MALAWI
DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AI VESCOVI DEL MALAWI
Blantyre (Malawi) - Venerdì, 5 maggio 1989
Cari fratelli nell’Episcopato.
1. Rendo grazie a Dio per la grazia che ha reso possibile questa visita in Malawi. Prego per voi, i Vescovi, con le parole di san Paolo: “Dio vi renda degni della sua chiamata e porti a compimento, con la sua potenza, ogni vostra volontà di bene e l’opera della vostra fede; perché sia glorificato il nome del Signore nostro Gesù in voi e voi in lui” (2 Ts 1, 11-12).
È una grande gioia per me trovarmi qui quest’anno, in cui celebrate il centesimo anniversario dell’arrivo dei primi missionari cattolici a Mponda. Possiamo contemplare un secolo di grande crescita dal momento della fondazione della Chiesa del Malawi, grazie allo zelo e alla generosità di molti missionari. E in verità “il nome di nostro Signore Gesù Cristo” è stato “glorificato” nella gente del Malawi, ed essi in lui.
Oggi la presenza di missionari giunti dall’estero resta una parte importante della vita della Chiesa qui e in tutta l’Africa. Ciò che essi hanno fatto e continuano a fare rappresenta un segno che la fede in Cristo trascende le divisioni delle razze, delle nazioni e delle culture. Allo stesso tempo nel Malawi la fase dell’intensa attività missionaria dall’estero sta gradualmente cedendo il passo a un’altra fase. I cattolici del Malawi si stanno assumendo una responsabilità sempre maggiore nei confronti delle loro Chiese locali e stanno cercando un più profondo apprezzamento di ciò che significa essere allo stesso tempo cattolici e Africani. Spero che la speciale assemblea per l’Africa, del Sinodo dei Vescovi, attualmente in fase ante-preparatoria, offra l’opportunità di esaminare in profondità le diverse sfide che deve affrontare la Chiesa di questo vasto continente e, grazie all’ispirazione dello Spirito Santo, di trovare le giuste risposte.
2. Mentre ringraziamo Dio per la libertà con cui la Chiesa del Malawi può assolvere alla sua missione, riconosciamo anche che, come accade in tutti i paesi, essa talvolta deve affrontare difficoltà e problemi sia all’interno che all’esterno nell’evangelizzare se stessa e gli altri. Ciò è particolarmente vero poiché essa predica un Vangelo di pentimento. San Paolo scrive: “Noi siamo infatti dinanzi a Dio il profumo di Cristo fra quelli che si salvano e fra quelli che si perdono; per gli uni odore di morte per la morte e per gli altri odore di vita per la vita. E chi è mai all’altezza di questi compiti?” (2 Cor 2, 15-16). E la risposta di Paolo a questo interrogativo si applica anche a noi: “La nostra capacità viene da Dio” (2 Cor 3, 5).
L’Arcivescovo Chiona, nel suo cordiale benvenuto, ha accennato ad alcune difficoltà e problemi che state affrontando. Le preoccupazioni che condividiamo erano state già menzionate durante la vostra visita “ad limina” a Roma lo scorso anno. In quell’occasione vi ho parlato di alcuni aspetti della Chiesa per confermarvi nella vostra missione di Pastori e con ciò dare nuovo vigore all’evangelizzazione nel Malawi (cf. Allocutio ad Malaviae episcopos in visitatione sacrorum limirum, die 23 aug. 1988: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, XI, 3 [1988] 436).
3. Fra questi aspetti, cari fratelli, deve essere data un’attenta considerazione alla situazione religiosa in cui ha luogo l’evangelizzazione. Notiamo innanzitutto che voi predicate il Vangelo in una società che comprende cristiani di altre Chiese e comunità ecclesiali. Come vi ho detto durante la visita “ad limina” i vincoli comuni che uniscono i cristiani devono essere valutati più pienamente. Tali vincoli possono essere rafforzati per mezzo della preghiera comune, dell’azione sociale congiunta e della colta discussione teologica.
Esiste anche un considerevole numero di persone nel Malawi che sono seguaci dell’Islam. Ciò che si esige è il mutuo rispetto, come pure il mutuo riconoscimento di quanto ci accomuna. Come ho detto ai giovani musulmani che ho incontrato in Marocco nel 1985: “I cristiani e i musulmani in generale, non si sono ben compresi, e talvolta, in passato, si sono fronteggiati e addirittura osteggiati in polemiche e guerre. Ritengo che oggi Dio ci inviti a cambiare i nostri vecchi atteggiamenti. Dobbiamo rispettarci l’un l’altro e dobbiamo stimolarci l’un l’altro nelle buone opere sul cammino verso Dio” (Allocutio Albae domi, in Marochio, ad iuvenes muslimos, die 19 aug. 1985: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, VIII, 2 [1985] 497 ss.).
Sia fra i cristiani che lavorano per l’unità in obbedienza a Cristo, sia fra i credenti di altre religioni, non vi è spazio per il proselitismo aggressivo che disturba e colpisce, e ancor meno per l’uso di metodi indegni. Da parte nostra sosteniamo i nostri principi e convincimenti: rispetto per la persona umana, rispetto per la libertà religiosa, e fede nell’opera dello Spirito Santo che agisce in modo imperscrutabile per realizzare l’amorevole piano di Dio per l’umanità. Come ci ricorda l’Evangelii Nuntiandi: “La Chiesa evangelizza . . . in virtù della sola potenza divina del messaggio che essa proclama” (Pauli VI, Evangelii Nuntiandi, 18). Con la pienezza della rivelazione affidatale da Dio, essa la testimonia fedelmente in Malawi dinanzi agli altri cristiani, i membri di altre religioni del mondo e coloro che seguono le tradizionali pratiche religiose ereditate dai propri antenati.
4. La varietà di religioni presenti in Malawi fa sì che sia assai importante che i cattolici siano ben informati sugli insegnamenti della loro fede e ben formati per metterli in pratica. Con l’adesione alle piccole comunità cristiane e ai movimenti e alle associazioni laicali, come pure attraverso l’apostolato di catechisti, insegnanti e leaders laici, la gente può sviluppare un maggior senso di appartenenza e di partecipazione alla vita e alla missione della Chiesa. In tutti questi modi i laici verranno confermati nella loro fede cattolica. Essi sono stimolati a crescere in santità. Essi sono motivati ed effettivamente preparati all’opera di evangelizzazione. Vi incoraggio a proseguire i vostri sforzi per garantire un’adeguata formazione religiosa e morale a tutti i fedeli, soprattutto ai giovani. Crescendo nella nuova vita di grazia, essi saranno in grado di offrire un importante contributo alla vostra società con il loro buon esempio e la loro guida.
Il benessere del gregge di Cristo dipende in larga misura dalla cura che riceve dai suoi pastori; per questo motivo la formazione del clero è sempre di cruciale importanza. Durante la vostra visita “ad limina” vi ho incoraggiati a preparare i sacerdoti affinché siano formatori e modelli di comportamento per il crescente numero di seminaristi.
Dopo l’ordinazione ogni sacerdote deve continuare la propria formazione spirituale e intellettuale se vuole crescere nel servizio al Popolo di Dio in unione col suo Vescovo. Il mio predecessore Paolo VI ne ha fatto menzione parlando del celibato sacerdotale. “Il sacerdote”, egli scriveva, “si applichi innanzitutto a coltivare con tutto l’amore che la grazia gli ispira la sua intimità con Cristo, esplorandone l’inesauribile e beatificante mistero; acquisti un senso sempre più profondo del mistero della Chiesa, al di fuori del quale il suo stato di vita rischierebbe di apparirgli inconsistente ed incongruo” (Sacerdotalis Coelibatus, 75). I Vescovi hanno una responsabilità particolare nell’offrire quelle opportunità che consentano ai propri sacerdoti di rinnovarsi e di crescere (cf. Optatam Totius, 22).
La necessità della formazione permanente si applica anche ai religiosi e alle religiose. Anche la loro speciale consacrazione ha bisogno di essere approfondita, affinché essi rimangano profondamente radicati in Cristo e affinché gli alti ideali della loro vocazione continuino a risplendere nei loro cuori e dinanzi alle persone per le quali essi rappresentano un segno speciale del Regno di Dio. Quali Vescovi il vostro ruolo è quello di guidare, spronare e unire tutti coloro che lavorano nella vigna del Signore, in autentico spirito di amore e di servizio ecclesiale. Affidatevi sempre al potere di Dio, che vi sostiene in tutti questi compiti (cf. 2 Ts 1, 11).
5. Nel contesto dell’evangelizzazione e della formazione, la Chiesa è profondamente impegnata nella promozione della dignità della persona umana e del benessere della società attraverso l’autentico sviluppo umano. Nell’ambito della pluralità delle confessioni religiose del Malawi, ciò significa impegno alla giustizia e alla pace, in collaborazione con tutti coloro che hanno a cuore gli autentici valori umani. Come ho affermato nella mia enciclica Sollicitudo Rei Socialis: “All’esercizio del ministero dell’evangelizzazione in campo sociale, che è un aspetto della funzione profetica della Chiesa, appartiene pure la denuncia dei mali e delle ingiustizie. Ma conviene chiarire che l’annuncio è sempre più importante della denuncia e questa non può prescindere da quello, che le offre vera solidità e la forza della motivazione più alta” (Sollicitudo Rei Socialis, 41). Come avete giustamente sottolineato nella vostra lettera ai cattolici in preparazione alla mia visita, il Regno di Dio significa operare per la giustizia, la pace e la riconciliazione in questo mondo e proclamare la loro piena realizzazione nell’altro.
6. Fratelli miei: nell’amministrare il gregge affidato alla vostra cura, voi avete cercato di imitare Cristo, il buon Pastore, che “offre la vita per le pecore” (Gv 10, 11). Vi lodo perché siete maestri che hanno offerto una ferma testimonianza alle verità della fede cattolica. E ricambio di cuore l’amore e l’affetto che manifestate al successore di Pietro nel contesto della comunione universale della Chiesa.
Possa la mia visita in Malawi rafforzare la vostra fede e accrescere la vostra fiducia nel Signore. Le parole di Cristo ai primi discepoli sono rivolte anche a voi: “Non temete, piccolo gregge, perché al Padre vostro è piaciuto di darvi il suo regno” (Lc 12, 32). E ancora: “Voi avrete tribolazione nel mondo, ma abbiate fiducia: io ho vinto il mondo!” (Gv 16, 33).
Per cent’anni la beata Vergine Maria ha interceduto per la Chiesa di questo Paese in risposta alle preghiere dei primi missionari di Mponda e di coloro che li hanno seguiti. Essa veglia su ciascuno di voi, suoi amati figli, e su tutto il vostro popolo. Oggi desidero affidarvi nuovamente a lei, affinché, in mezzo alle gioie e ai dolori, essa possa essere per voi “segno di sicura speranza e di consolazione . . . finché tutte le famiglie dei popoli, sia quelle insignite del nome cristiano, sia quelle che ancora ignorano il loro Salvatore, nella pace e nella concordia siano felicemente riunite in un solo popolo di Dio, a gloria della santissima e indivisibile Trinità” (Lumen Gentium, 68-69). A tutti voi imparto di cuore la mia benedizione apostolica.
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