VISITA PASTORALE AD IVREA
INCONTRO DI GIOVANNI PAOLO II
CON I SACERDOTI, I RELIGIOSI E I LAICI
Cattedrale di Ivrea (Torino) - Domenica, 18 marzo 1990
Venerato fratello nell’episcopato,
cari sacerdoti, religiosi e religiose,
carissimi laici.
1. Ho ascoltato con attenzione i vari interventi, a cominciare da quello del vostro vescovo. Essi mi hanno messo a contatto con i problemi più avvertiti oggi in diocesi nei vari settori, dei quali hanno parlato i singoli vostri rappresentanti: attività del Consiglio pastorale, evangelizzazione, catechesi, cultura, liturgia, pastorale sociale e familiare, problemi dei giovani e del lavoro, vita della comunità . . .
Alla luce anche degli altri contatti che ho avuto con la vostra realtà ecclesiale, sono lieto di prender atto di una grande ricchezza e varietà di iniziative, che offrono la prova della vitalità e dell’impegno, con cui la vostra Chiesa attende alla realizzazione della riforma promossa dal recente Concilio.
La coincidenza di questo nostro incontro con la festività di san Giuseppe sembra acquistare un particolare significato, in considerazione del fatto che uno degli elementi più caratteristici della vita della diocesi è certamente costituito da quell’insieme di realtà così profondamente umane che ruotano attorno al mondo del lavoro, con tutte le rispettive implicazioni nell’ambito dell’economia, dei diritti dei gruppi e delle persone, della vita familiare e sociale, e della stessa vita spirituale ed ecclesiale. In effetti, la persona umana non è strutturata a compartimenti stagni, ma tra i suoi interessi materiali e quelli spirituali corre una multiforme interazione. Si rivela perciò importante che l’una sfera di interessi non entri in collisione con l’altra, ma ciascuna cooperi invece alla miglior realizzazione del soggetto.
2. Carissimi, siamo qui raccolti stasera per riflettere su alcune implicazioni pastorali di questo fondamentale principio. Nell’esprimere la mia gioia di essere tra voi, desidero salutare tutti con affetto, avendo un particolare pensiero per i singoli presenti, anche se non mi è possibile un contatto personale con ciascuno. Vedo in questo nostro incontro in cattedrale quella porzione della Chiesa di Dio che è in Ivrea, la quale svolge un ruolo particolarmente attivo di testimonianza cristiana e di servizio ai fratelli. Ma il mio pensiero va anche, in questo momento, all’altra componente della comunità cristiana, che, pur nascosta agli occhi degli uomini, è tuttavia ben nota a Dio: voglio dire la schiera dei contemplativi e delle contemplative, ritirati nei loro monasteri, ma non per questo meno presenti e meno operanti per la salvezza delle anime e il progetto spirituale della Chiesa locale. Penso altresì a tutti i malati, agli anziani e alle persone sole, che, con la loro fede e con l’offerta della loro sofferenza, possono svolgere un lavoro soprannaturale tanto prezioso e insostituibile. Penso infine ai fanciulli, che, con l’offerta della loro preghiera e della loro innocenza, sono strumenti preziosi dello Spirito Santo nell’edificazione del regno di Dio e nello sviluppo della Chiesa.
3. Dai vostri interventi è emerso, accanto al tema del lavoro e della giustizia sociale, anche quello della nuova evangelizzazione, che oggi è sempre più necessaria, a cominciare dai paesi europei, e che richiede da ciascuno una risposta alla propria vocazione di cristiano impegnato nella società in cui vive.
Evangelizzazione significa innanzitutto predicare Cristo per dare agli uomini una speranza che li aiuti non solo a trasformare il mondo, ma anche ad aprirli alla vita soprannaturale in Dio. Significa sapersi spendere e donare perché i nostri fratelli e sorelle abbiano un’esistenza sempre più consona alla loro dignità di creature, figli di Dio e redenti da Cristo. Significa impegnarsi a salvaguardare, in nome della sacralità della vita, alcuni valori fondamentali da cui dipende la sopravvivenza stessa dell’umanità, oggi minacciata da numerosi pericoli.
Carissimi sacerdoti, religiosi e religiose, e voi laici impegnati nei vari settori, associazioni e movimenti, quale meraviglioso capitale di forze spirituali potete mettere a disposizione per questo lavoro, insieme umano e soprannaturale, ciascuno nella chiara coscienza della rispettiva vocazione e nella fedeltà umile e coraggiosa al proprio carisma, al proprio ufficio, alla propria missione! Impegnatevi a chiarire sempre meglio a voi stessi il valore e la finalità dei doni ricevuti, per amarli con ardore, custodirli gelosamente, difenderli da ogni pericolo, farli fruttare generosamente. Ponete continuamente attenzione, con sano discernimento, alle necessità dell’ambiente che vi circonda o nel quale l’obbedienza vi conduce, per saper individuare ogni possibile occasione di dialogo, che vi consenta di comunicare ai fratelli i perenni insegnamenti del Vangelo. L’azione evangelizzatrice deve partire da questa duplice attenzione: attenzione ai doni ricevuti e attenzione alle necessità dell’uomo, nella luce della parola di Dio contenuta nella Scrittura, trasmessa dalla sacra Tradizione commentata dai padri e dai dottori, interpretata dal magistero della Chiesa, vissuta dai santi. Non perdete mai di vista queste sorgenti.
4. Confido che la vostra realtà ecclesiale sia sufficientemente preparata ai nuovi compiti di evangelizzazione, che oggi s’impongono non solo su scala nazionale, ma a livello europeo. Da tempo infatti la vostra città, col suo territorio, vive il fenomeno della immigrazione e dell’emigrazione: questo più tipico del passato, quello più caratteristico del presente. In ogni caso questa circolazione di persone ha fatto sì che la vostra città superasse prontamente i ristretti limiti di una mentalità provinciale, per abituarsi ad apprezzare una convivenza umana multiforme e pluralistica, caratterizzata dall’intrecciarsi di culture e costumi assai diversi tra loro. Ciò vi ha abituato al dialogo e alla tolleranza, che creano quel clima indispensabile di mutuo rispetto e di reciproca fiducia, che consente di camminare insieme e di comunicarsi scambievolmente le rispettive acquisizioni, nella prospettiva di una conoscenza sempre più profonda di Colui che è la verità sussistente.
5. Nell’evangelizzazione - come è stato più volte ribadito dal recente magistero della Chiesa - ognuno ha il suo ruolo specifico, che deve essere rispettato e valorizzato, curando sempre, com’è ovvio, il coordinamento della propria azione con quella degli altri. L’evangelizzazione, infatti, non è e non può essere un affare privato, ma è opera solidale della comunità tutta intera sotto la guida del vescovo, che ne è il legittimo pastore.
In un simile contesto di solidarietà, il sacerdote non potrà sostituire il religioso o la religiosa, e questi a loro volta non potranno presumere di fare a meno dei laici. Il tutto, però, senza rigidezze o esclusivismi. Quando sono in gioco valori primari della dottrina o della disciplina, è doveroso procedere uniti, parlando tutti con la stessa voce e con lo stesso tono. Quando, invece, si tratta di aspetti non altrettanto importanti nei quali il variare, ad esempio, delle circostanze può far intravedere soluzioni diverse, sarà pure doveroso riconoscere una giusta libertà di parola e di iniziativa, nella convinzione che, grazie all’interiore azione dello Spirito, l’apporto di ciascuno si tradurrà in un vantaggio per tutti.
6. L’opera evangelizzatrice, soprattutto oggi, è inscindibilmente legata all’opera di promozione delle vocazioni, sacerdotali e religiose. Sapete bene quante volte io stesso sia tornato su questo argomento. La sua importanza e urgenza mi spinge a trattarlo in ogni occasione favorevole, e so che anche voi ne siete vivamente interessati.
La prima cosa a cui vorrei invitarvi è la riaffermazione di una sicura fiducia non solo nella permanenza di carismi come quelli del sacerdozio e della vita consacrata, ma anche in una loro possibile e forse prossima rifioritura. Non lasciamoci impressionare dalle statistiche: la missione del sacerdote e del religioso ha certamente un legame con le mutevoli condizioni della società, ma non si riduce a quelle. Alla sua origine, infatti, c’è la trascendente forza dello Spirito divino, che “soffia dove vuole”. Se guardiamo alla lunga storia della Chiesa, vediamo che tutti quei valori essenziali che in certi periodi hanno sofferto delle crisi, sono poi immancabilmente risorti, appunto perché essenziali. Così è e sarà del sacerdozio e della vita religiosa.
L’odierna ricchezza di ministeri e carismi laicali, maschili e femminili, è certamente una benedizione dello Spirito Santo, ma sarebbe un grave errore, dettato dal malsano secolarismo, pensare che tale rigoglio di iniziative e di servizi laicali sia destinato a sostituire le istituzioni del sacerdozio e della consacrazione religiosa. Non sostituire tali istituzioni, ma integrarle in una logica di complementarità, è lo scopo che lo Spirito persegue mediante queste nuove manifestazioni della sua presenza vivificatrice.
7. Il secondo impegno, su cui desidero richiamare la vostra attenzione, discende direttamente dalla precedente riflessione: se il carisma del sacerdozio e della vita consacrata è necessario, non possiamo non sentirci stimolati a una rinnovata e più convinta azione nel settore importantissimo della pastorale vocazionale, nella quale non ci mancheranno le ispirazioni e il soccorso dello Spirito Santo. È lui stesso a essere interessato “in prima Persona” al successo di quest’opera.
Lo Spirito Santo attende, però, la nostra cooperazione. Dobbiamo quindi accentuare l’uso di tutti quei mezzi umani che maggiormente si rivelano adatti allo scopo. In particolare - e qui mi rivolgo in modo speciale ai sacerdoti - è più che mai opportuno riprendere in considerazione l’importanza della direzione spirituale, intesa come servizio competente, discreto e generoso, che aiuta le anime a scoprire le vie del Signore.
Con simili voti e auspici prego Maria santissima, Regina degli apostoli, che non vi faccia mai mancare il soccorso della sua materna assistenza sul cammino della vostra testimonianza a Cristo. Possiate, inoltre, trovar sempre conforto e sostegno nella comunione dei santi, dei quali anche la vostra diocesi è ricca. In questa circostanza il mio pensiero va in modo speciale al giovane Gino Pistoni, la cui figura certamente conoscete come esempio splendido, soprattutto per voi laici, di totale dedizione a Cristo, alla Chiesa e al bene della società. Imitate la fermezza della sua fede e la generosità del suo animo.
Desidero, infine, esprimere il mio compiacimento per l’edizione in facsimile del Sacramentario di Varmondo, prezioso testo per la storia della liturgia e della teologia, testimonianza di un cammino di fede e documento significativo della vita liturgica della comunità ecclesiale e, nello stesso tempo, della letteratura e dell’arte.
Ringrazio i signori editori e quanti hanno curato la nuova pubblicazione di un libro così prezioso, del quale mi è stata offerta in omaggio la prima copia.
Sono riconoscente anche al vescovo, al venerando Capitolo, alle autorità pubbliche che hanno favorito e sostenuto il lavoro. A tutti voi, la mia particolare, affettuosa benedizione.
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