DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AI PARTECIPANTI ALLA PLENARIA DELLA CONGREGAZIONE
PER L’EVANGELIZZAZIONE DEI POPOLI
Giovedì, 30 aprile 1992
Signori Cardinali, venerati fratelli nell’Episcopato,
Carissimi fratelli e sorelle,
1. Con vero piacere rivolgo a tutti voi il mio deferente e cordiale saluto e vi sono grato, perché siete venuti anche da lontano, per riconfermare la vostra comunione e la vostra fedeltà alla Sede apostolica. Un grazie particolare al Signor Cardinale Jozef Tomko, prefetto della Congregazione per l’Evangelizzazione dei popoli, per le parole che mi ha rivolto e per le puntuali informazioni che mi ha fornito circa l’attività del Dicastero. Nel corso di questa quattordicesima Congregazione Plenaria avete approntato, dopo ampia consultazione e lunga preparazione, una “Guida per i catechisti nei territori di missione”. Mi compiaccio per tale iniziativa, che concerne un tema di grande attualità, per il quale costante è la sollecitudine della Chiesa. Durante i miei viaggi apostolici ho potuto constatare di persona che i catechisti offrono, soprattutto nei territori di missione, un “contributo singolare e insostituibile alla propagazione della fede e della Chiesa” (Ad gentes, 17). Nell’Esortazione apostolica Catechesi tradendae, affermavo che “sono i catechisti in terra di missione coloro che meritano, in modo tutto speciale, questo titolo di “catechisti””, riconoscendo che “Chiese ora fiorenti non sarebbero state edificate senza di loro” (n. 66). E nella recente Enciclica Redemptoris missio, ho evidenziato l’opera dei catechisti nel contesto degli “operatori della pastorale missionaria”. Nel febbraio scorso, poi, a Conakry, in Guinea, ho pubblicamente dichiarato che meritano un “posto d’onore” nel popolo di Dio, soprattutto quei catechisti, che avendo preso con serietà la loro vocazione di battezzati, hanno sostenuto i loro fratelli e sorelle, privati talora delle visite regolari dei pastori durante lunghi anni di dure prove. Quale contributo, pertanto, al vostro lavoro di questi giorni, vorrei evidenziare alcuni aspetti di speciale rilevanza della missione propria del catechista nei territori di missione, oggi e in prospettiva futura.
2. Si tratta, innanzitutto, di un servizio ricco e diversificato. Il catechista, di cui l’attuale vostra plenaria si interessa, ha sicuramente “peculiari caratteristiche” (Redemptoris missio, 73) che lo differenziano rispetto a quello operante nelle Chiese di antica tradizione. Nei territori di missione egli è chiamato a compiere un servizio in connessione con lo svolgimento stesso dell’azione missionaria e a contribuire, così, all’edificazione della comunità cristiana, aiutando i fratelli e le sorelle con l’istruzione religiosa, l’animazione della preghiera comunitaria e l’iniziazione sacramentale. Conduce i catecumeni alla conoscenza del messaggio evangelico e al battesimo, introducendoli gradualmente nella vita della comunità cristiana. Annuncia con coraggio la verità e la novità del Vangelo. Collabora, nelle diverse forme di apostolato, con i ministri ordinati in cordiale e stretta obbedienza. È importante - come ho avuto modo di illustrare nella Es. ap. Christifideles laici - che il catechista viva la sua dimensione di laico e, come tale, attui la sua preziosa collaborazione nella missione (cf. nn. 23, 35). Egli vive quotidianamente accanto ai fedeli nei villaggi o città, ed essendo in grado di conoscere dall’interno le situazioni reali della vita, può diventare valido testimone della fede. Come laico, poi, è chiamato a operare attivamente a nome della Chiesa, per la difesa della dignità umana, per il rispetto della vita e per la promozione dell’autentica pace. Ai catechisti sposati, inoltre, è richiesto di testimoniare con coerenza il valore cristiano del matrimonio, vivendo il sacramento nella piena fedeltà ed educando responsabilmente i loro figli.
3. Importante e degna di essere sostenuta è l’azione del catechista, in maniera particolare a rispondere a impellenti necessità pastorali e missionarie. Per un così fondamentale servizio evangelico occorrono numerosi “operai”. Tuttavia, senza trascurare il numero, oggi occorre puntare, con tutte le energie, soprattutto alla qualità dei catechisti. È nota la situazione di diversi territori di missione, dove scarseggiano soggetti con una adeguata preparazione. Ciò indubbiamente crea concrete difficoltà: mai, però, deve impedire di proseguire nel fermo proposito di curare, in modo appropriato, la loro formazione. A tal fine vengano sempre forniti chiari criteri di scelta dei candidati; si preveda per loro un serio itinerario educativo, che includa sia l’accompagnamento da parte dei Pastori che la loro continua formazione. Privilegiare la qualità significa, perciò, privilegiare un’adeguata formazione di base e un costante aggiornamento. È questo un impegno fondamentale, che tende ad assicurare alla missione della Chiesa personale qualificato, programmi completi e strutture adeguate, abbracciando tutte le dimensioni della formazione, da quella umana, a quelle spirituale, dottrinale, apostolica e professionale. Rinnovo qui l’incoraggiamento e il plauso che nella citata Es. ap. Catechesi tradendae rivolgevo al vostro Dicastero per la premura dimostrata in tale settore vitale ai fini dell’annuncio evangelico. Dicevo: “Mi rallegro per gli sforzi compiuti dalla Sacra Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli al fine di promuovere sempre meglio la formazione dei catechisti” (n. 66). Vorrei oggi aggiungere semplicemente di proseguire in questo cammino di una sempre più accurata “preparazione dottrinale e pedagogica”, e di un “costante rinnovamento spirituale e apostolico” (Redemptoris missio, 73).
4. A nessuno sfugge la preminenza della formazione spirituale del catechista. Tenendo, in effetti, presente la sua peculiare identità apostolica e la realtà socio-ecclesiale in cui è chiamato a operare, egli deve essere soprattutto formato spiritualmente. Non c’è dubbio che il compito di educare alla fede i fratelli richiede che egli stesso viva un’intensa spiritualità. Come quella di ogni apostolo, l’esistenza spirituale del catechista si incentra in una comunione profonda con la persona di Gesù. È Cristo che lo chiama, è Cristo che lo manda. Ad imitazione del divino Maestro il catechista, allora, educa e serve i fratelli con l’insegnamento e le opere, che sempre debbono proporsi quali convincenti gesti di fede e di amore. La santità nella sua condizione di apostolo laico: questo l’impegno prioritario a cui egli deve tendere costantemente sì da illuminare l’intero suo servizio alla Chiesa e alla comunità. All’opera della nuova evangelizzazione egli contribuisce soprattutto con il suo buon esempio e la sua gioiosa testimonianza cristiana. Osservavo nella Redemptoris missio: “Non basta rinnovare i metodi pastorali...; occorre suscitare un “nuovo ardore di santità” per i missionari e in tutte le comunità cristiane, in particolare per coloro che sono i più stretti collaboratori dei missionari” (n. 90). E il “Direttorio Catechistico Generale” ricorda che il modo più idoneo per raggiungere questo alto grado di maturità spirituale è un’intensa vita sacramentale e di preghiera (cf. 114). Questa auspicata maturità spirituale è strettamente unita a quella apostolica. proprio perché vive in contatto con seguaci di altre religioni, il catechista deve essere aperto alla dimensione missionaria, che è insita nella sua stessa identità di evangelizzatore. Siano costantemente presenti al suo spirito le parole del buon pastore: “Ho altre pecore che non sono di quest’ovile; anche queste io devo condurre” (Gv 10, 16). Occorrerà, a tal fine, incoraggiarlo a ritenere rivolto anche a sé il mandato universale affidato agli Apostoli dal Signore Risorto: “Andate in tutto il mondo e predicate il Vangelo a ogni creatura” (Mc 16, 15). Non venga mai meno nei catechisti delle giovani Chiese un forte spirito missionario; diventino, anzi, essi stessi animatori missionari delle loro comunità ecclesiali, e siano disposti, se lo Spirito interiormente li chiama e i pastori li inviano, ad andare fuori del proprio territorio per annunciare il Vangelo, preparare i catecumeni al Battesimo e contribuire a costituire nuove comunità ecclesiali.
5. Venerati fratelli nell’Episcopato, cari fratelli e sorelle!
Oltre a queste considerazioni più generali, tanti altri aspetti importanti e pratici della missione del catechista meriterebbero attenzione, come, ad esempio, l’aspetto economico e quello sociale, che interessano direttamente anche le famiglie. So, comunque, che è stata vostra cura esaminarli a fondo, per mettere a punto il progetto della menzionata “Guida”. Pertanto, mentre esprimo viva gratitudine per il prezioso servizio reso con questa vostra assemblea alla causa del Vangelo e della Chiesa, desidero manifestare il mio compiacimento a codesto Dicastero missionario per la dedizione che in questo campo profonde. È un impegno al quale auguro, con l’aiuto di Dio, ogni positivo successo. Sono persuaso che esso contribuirà ad aiutare i Vescovi, soprattutto quelli delle giovani Chiese, quali “primi responsabili della catechesi” (Catechesi tradendae, 63), a dare sempre, insieme con i loro presbiteri, la priorità della loro azione apostolica alla cura dei catechisti. A ciascuno di loro vorrei far pervenire, anche in questa circostanza, il mio sincero ringraziamento per quanto già stanno facendo, talora tra tante difficoltà e con ridotti mezzi materiali.
A Maria, che il Sinodo dei Vescovi del 1977 ha invocato quale “Madre e Modello dei catechisti” (cf. Catechesi tradendae, 73), affido con fiducia questa diletta schiera di apostoli. La sua materna protezione e il suo esempio di “prima fra i discepoli”, li confermi e li rinnovi continuamente nella loro vocazione.
A voi, infine, qui presenti, ai membri del vostro Dicastero, alle Chiese da cui provenite e a tutte le Chiese di missione, in particolare a tutti i benemeriti catechisti e alle loro famiglie, imparto di cuore la confortatrice benedizione apostolica.
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