VISITA ALLA PARROCCHIA DI SAN GIUSEPPE MOSCATI
DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
Domenica, 21 febbraio 1993
Ai bambini della Parrocchia di San Giuseppe Moscati
Giovanni Paolo II giunge questa mattina nella parrocchia di San Giuseppe Moscati. Ad attenderlo all’ingresso dell’edificio sono il Cardinale Camillo Ruini, Vicario Generale per la Diocesi di Roma, il Vescovo Ausiliare del Settore Est, Monsignor Giuseppe Mani e il parroco, Don Francesco Porcelli. Il Santo Padre, dopo essersi soffermato a salutare le persone presenti, si dirige in un grande salone attiguo alla chiesa dove viene “sommerso” dall’entusiasmo dei più piccoli che lo accolgono con canti e doni. Riprendendo le parole di un canto eseguito dai bambini Giovanni Paolo II pronuncia quindi le seguenti espressioni.
Ho sentito questo canto all’inizio. Voi avete cantato: “Questa festa siamo noi”. Non celebriamo la festa, ma siamo la festa. Io mi domandavo: “come sono la festa?”. Ho capito, dopo la vostra presentazione dell’oratorio, perché siete la festa. Perché avete un amico che vi ama. Questa è la festa. Avere un amico, vivere un’amicizia, avere un amico sicuro e affidabile. Gesù Cristo è questo amico. Con questa amicizia di Gesù e di sua Madre, voi potete essere la festa, anche se talvolta vi sono giorni difficili e bui. Le difficoltà che non risparmiano la fanciullezza. Anche in questi periodi voi potete essere la festa, perché la festa è nell’amore che Gesù ci manifesta, che ha portato con la sua venuta, con la sua passione e Risurrezione, con la sua promessa della vita eterna. Tutto questo è la dimensione della festa. Vi ringrazio per aver disegnato il Papa in questa festa. È come entrare all’oratorio. Avete anche portato le vostre fotografie con accanto la mia. Per il momento vi ringrazio per questa buona accoglienza e per questa buona catechesi che avete fatto al Papa e il Papa conferma questa catechesi dell’oratorio della parrocchia di San Giuseppe Moscati con la sua firma.
Incontro con il consiglio pastorale e i giovani della parrocchia di San Giuseppe Moscati
Al termine del rito di dedicazione della chiesa parrocchiale Giovanni Paolo II incontra i membri del Consiglio pastorale, i giovani e il gruppo degli adulti di San Giuseppe Moscati, rivolgendo loro le seguenti parole.
Voglio congratularmi con voi per questa giornata storica. La consacrazione della chiesa è un fatto storico che rimane alle generazioni future. Qualche volta dura nei secoli. Auguro a questa vostra chiesa di durare, di non essere mai distrutta. Sappiamo bene che le chiese vengono distrutte durante le guerre e in altre circostanze. Auguro che la vostra chiesa rimanga attraverso i secoli e le generazioni. Passando dalla chiesa architettonica alla Chiesa viva, degli uomini, mi congratulo con tutti coloro, soprattutto del Consiglio Pastorale, che hanno ampiamente collaborato e che si sono impegnati nella costruzione di questa chiesa e nella preparazione dell’odierna celebrazione. Vi auguro che sia con voi l’ispirazione, come ho già detto durante l’omelia, per costruire questa Chiesa viva. La parrocchia è la Chiesa viva.
È una parte della Chiesa viva di Roma e del mondo. Vi auguro di collaborare a costruire questa Chiesa spirituale che si edifica nei cuori, nei comportamenti, nella maturazione, nella santità. Questo è il mio voto per tutti i parrocchiani, ma soprattutto per il Consiglio Pastorale. A voi giovani, che avete aspettato il vostro turno, dico che la vostra parrocchia è dedicata a un laico, ad un medico, ad un professore di medicina. Ad un vostro connazionale, San Giuseppe Moscati, un napoletano che pochi anni fa ho avuto la gioia di dichiarare Santo davanti alla Chiesa universale. Sia lui, per voi giovani, un’ispirazione. Ciò non significa che voi tutti dovete aspirare a diventare medici o professori di medicina. Ma a tutti auguro di trattare bene questa realtà che si chiama professione. San Giuseppe Moscati era un grande professionista.
Ve ne sono tanti nelle diverse materie. Professione è una parola tecnica, ma è anche una parola spirituale, teologica. Si dice professione per un medico, per un ingegnere, ma si dice anche per una ragazza che si fa sposa di Cristo, religiosa, o per un ragazzo che si fa sacerdote. Si dice anche per tutti noi cristiani, professione della fede. Siamo cristiani attraverso la professione della nostra fede. La professione pronunciata durante la Messa, e la professione attuata nel comportamento. Il cristianesimo deve essere una cosa visibile, si deve riconoscere. Vi auguro di riflettere profondamente sulla parola professione per diversi motivi. Per il motivo della scelta professionale, e poi, per il motivo dell’approfondimento della vostra fede e della vostra vocazione. Perché la professione della fede è profondamente legata alla vocazione cristiana. Vocazione dei laici, degli sposi, dei genitori, della famiglia, ma anche vocazione sacerdotale e religiosa.
Vi auguro di pregare il Signore come faceva San Giuseppe Moscati per farsi aiutare a fare ciò che il Signore voleva. La sua vocazione era quella del medico. Ma per un altro potrebbe essere quella del sacerdote, del missionario, della carmelitana, o della sorella della carità che servono i malati e i sofferenti. Vi auguro di riflettere profondamente, di pregare molto per la vostra professione. Questo coincide con la celebrazione odierna. Coincide profondamente con la dedicazione della chiesa. La Chiesa viva sono le professioni, sono le vocazioni. Le pietre vive sono le vocazioni. Pietre che non vivono più vuol dire che hanno perso lo spirito vocazionale cristiano. Hanno perso lo spirito della fede e la speranza della carità, che io vi auguro di non perdere mai. La dedicazione della chiesa è sempre così suggestiva perché vi sono diversi elementi, prima l’acqua e poi il fuoco. Sono i segni sacri della nostra fede: il battesimo e lo Spirito Santo.
È questa una piccola riflessione che lascio a tutti i presenti e a tutti i membri dalla comunità.
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