DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AI PARTECIPANTI AL III FORUM INTERNAZIONALE
DELLA FONDAZIONE ALCIDE DE GASPERI*
Sabato, 23 febbraio 2002
Signori Cardinali,
Venerati Fratelli nell'Episcopato e nel Sacerdozio,
Illustri Signori, Gentili Signore!
1. Con soddisfazione vedo che avete scelto l'Europa come oggetto di studio del terzo Forum Internazionale della Fondazione Alcide De Gasperi. E' tema in se stesso altamente suggestivo. Saluto cordialmente ciascuno di voi e ringrazio, in particolare, il Senatore Angelo Bernassola, Presidente della Fondazione, per le nobili parole con cui ha presentato gli intendimenti del Convegno.
Il mio animo, come ben sapete, si volge con speciale affetto al continente europeo, nel quale sorge questa città di Roma che fu sede dell'apostolo Pietro e luogo del suo martirio. Proprio per questo ho visitato i vari Paesi europei e ne ho riunito per due volte in Assemblee sinodali gli Episcopati per discuterne insieme i problemi religiosi. Ho pure reso visita, a Strasburgo, alle Istituzioni europee, volendo anche in questo modo manifestare il mio sostegno agli sforzi in atto verso l'unificazione del continente.
2. L'Europa è nata dall'incontro, non sempre pacifico, e dalla fusione, lenta e spesso problematica, tra la civiltà greco-romana e il mondo germanico e slavo, a mano a mano convertito al cristianesimo da grandi missionari, provenienti sia dall'Occidente che dall'Oriente. Ho sempre ritenuto di grande importanza l'apporto dei popoli slavi alla cultura del continente. Certamente, la dolorosa frattura religiosa tra l'Occidente, in gran parte cattolico, e l'Oriente, in gran parte ortodosso, è stato uno dei fattori che hanno impedito la piena integrazione di alcuni popoli slavi nell'Europa, con riflessi negativi prima di tutto per la Chiesa, la quale ha bisogno di respirare "con due polmoni": quello occidentale e quello orientale. Mi sono perciò adoperato per il dialogo tra la Chiesa cattolica e le Chiese ortodosse in vista della piena unità. In questa prospettiva, ho proclamato patroni dell'Europa anche i santi slavi Cirillo e Metodio.
Oggi constato con soddisfazione che parecchi Paesi dell'Europa centrale e orientale chiedono di poter entrare nell'Unione Europea per svolgere in essa un loro ruolo creativo. Mi auguro che i responsabili di tale Unione sappiano assecondare questo desiderio, mostrando comprensione nella fase iniziale per quanto concerne l'adeguamento alle condizioni economiche previste, condizioni certamente non lievi per le economie ancora deboli dei Paesi dell'Est, usciti di recente da un diverso sistema economico.
3. La mia preoccupazione più grande per l'Europa è che essa conservi e faccia fruttificare la sua eredità cristiana. Non si può, infatti, negare che il continente affondi le proprie radici, oltre che nel patrimonio greco-romano, in quello giudaico-cristiano, che ha costituito per secoli la sua anima più profonda. Gran parte di quello che l'Europa ha prodotto in campo giuridico, artistico, letterario e filosofico ha un'impronta cristiana e difficilmente può essere compreso e valutato se non ci si pone in una prospettiva cristiana. Anche i modi di pensare e di sentire, di esprimersi e di comportarsi dei popoli europei hanno subito profondamente l'influsso cristiano.
Purtroppo, alla metà dello scorso millennio ha avuto inizio, e dal Settecento in poi si è particolarmente sviluppato, un processo di secolarizzazione che ha preteso di escludere Dio e il cristianesimo da tutte le espressioni della vita umana.
Il punto d’arrivo di tale processo è stato spesso il laicismo e il secolarismo agnostico e ateo, cioè l'esclusione assoluta e totale di Dio e della legge morale naturale da tutti gli ambiti della vita umana. Si è relegata così la religione cristiana entro i confini della vita privata di ciascuno. Non è significativo, da questo punto di vista, che dalla Carta d'Europa sia stato tolto ogni accenno esplicito alle religioni e, quindi, anche al cristianesimo? Ho espresso il mio rammarico per questo fatto, che ritengo antistorico e offensivo per i Padri della nuova Europa, tra i quali un posto preminente spetta ad Alcide De Gasperi, a cui è dedicata la Fondazione che voi qui rappresentate.
4. Il "vecchio" continente ha bisogno di Gesù Cristo per non smarrire la sua anima e per non perdere ciò che l'ha reso grande nel passato e ancora oggi lo impone all'ammirazione degli altri popoli. E' infatti in virtù del messaggio cristiano che si sono affermati nelle coscienze i grandi valori umani della dignità e dell'inviolabilità della persona, della libertà di coscienza, della dignità del lavoro e del lavoratore, del diritto di ciascuno a una vita dignitosa e sicura e quindi alla partecipazione ai beni della terra, destinati da Dio al godimento di tutti gli uomini.
Indubbiamente all'affermazione di questi valori hanno contribuito anche altre forze al di fuori della Chiesa, e talora gli stessi cattolici, frenati da situazioni storiche negative, sono stati lenti nel riconoscere valori che erano cristiani, anche se recisi, purtroppo, dalle loro radici religiose. Questi valori la Chiesa li ripropone oggi con rinnovato vigore all'Europa, che rischia di cadere nel relativismo ideologico e di cedere al nichilismo morale, dichiarando talora bene quello che è male e male quello che è bene. Il mio auspicio è che l'Unione Europea sappia attingere nuova linfa al patrimonio cristiano che le è proprio, offrendo risposte adeguate ai nuovi quesiti che si propongono soprattutto in campo etico.
5. La vostra Fondazione intende lavorare "per la democrazia, la pace e la cooperazione internazionale". Tale programma è in piena consonanza con l'azione della Chiesa nel mondo di oggi, manifestatasi anche nel mio recente pellegrinaggio ad Assisi. Nella promozione della democrazia, della pace e della cooperazione internazionale, l'Europa deve impegnarsi in maniera del tutto particolare a motivo delle immense ricchezze spirituali e materiali di cui dispone.
Nell'esprimere l'augurio che i lavori del terzo Forum della Fondazione Alcide De Gasperi offrano ulteriore stimolo a questo impegno europeo, a tutti imparto una speciale Benedizione Apostolica.
*L'Osservatore Romano 24.2.2002 p.4.
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